Segnalato dal dott. Giampetraglia Lucio, commercialista di Napoli
La Corte Costituzione con la decisione del 13.7.2017 n. 177 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.8, comma 1, lettera c), della Tariffa, Parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro proporzionale, anziché in misura fissa, anche le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto.
La questione è sorta a seguito di un giudizio promosso dal curatore di un fallimento nei confronti dell’Agenzia delle entrate in merito all’applicazione di un’imposta di registro proporzionale, in riferimento ad un decreto con il quale il Tribunale di Napoli, definendo un giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, aveva ammesso alla procedura un credito in precedenza escluso.
Per la sua uniformità e costanza nel tempo, la descritta, sicché correttamente il giudice a quo pone in riferimento ad essa il suo dubbio di legittimità costituzionale, sottoponendola allo scrutinio di questa Corte.
In particolare, la Commissione tributaria provinciale di Napoli considerando che l’interpretazione dell’art. 8, comma 1, lettera c), della Tariffa integra il “diritto vivente”, ha sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale i dubbi di legittimità costituzionale di tale norma per violazione degli artt. 3, 10, 24 53 Cost., nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale anziché in misura fissa, gli atti dell’Autorità Giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, anche nel caso di accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Nel ripercorrere l’iter logico seguito dalla Commissione tributaria è stato osservato che la norma a parere della remittente determinerebbe:
a) un trattamento differenziato tra pronunce di accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette a IVA e pronunce di condanna al pagamento degli stessi crediti sottoposti ad “imposta fissa”;
b) la lesione del diritto di difesa tanto per il creditore quanto per il fallimento atteso che il creditore azionando le proprie pretese nel giudizio di opposizione subirebbe un costo di notevole entità proporzionato alla somma vantata, mentre il fallimento avrebbe maggiore convenienza a non coltivare alcun giudizio, atteso che il pagamento del credito ammesso al passivo avrebbe un costo inferiore a quello che deriverebbe dal pagamento in prededuzione;
c) la violazione della capacità contributiva nonché del principio di concorrenza laddove il creditore per poter agire in ambito endo-fallimentare sarebbe tenuto al pagamento dell’imposta in misura proporzionale, anziché fissa, indipendentemente da una sua attività o scelta processuale.
La Corte Costituzionale ha ritenuto fondati i motivi di censura osservando che la differenza tra le pronunce di accertamento e le pronunce di condanna, da cui la giurisprudenza ha per anni tratto la conclusione dell’inapplicabilità del regime fiscale agevolato alle prime, tende a sfumare sino a dissolversi, laddove si considera che ai fini della soddisfazione del credito ammesso al passivo, non è richiesta una successiva pronuncia di condanna suscettibile di esecuzione forzata, (preclusa dal divieto ex art. 51 della legge fallimentare).
In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la ratio del principio di alternatività, che mira a evitare la doppia imposizione dello stesso atto, determina una diversa conclusione con riguardo alle pronunce di accertamento dei crediti che definiscono il giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, in quanto il trattamento differenziato non risponde a ragionevolezza qualora l’accertamento del credito soggetto a IVA, come nel caso dell’accoglimento dell’opposizione allo stato passivo, sia il presupposto necessario e sufficiente della partecipazione del creditore all’esecuzione collettiva, che è strumentale al pagamento del credito stesso.
La Consulta ha chiarito che la ratio sottesa all’alternatività fra l’imposta di registro e l’IVA risulta comune a entrambe le situazioni messe a confronto ed esige pertanto che l’ambito di applicazione del beneficio fiscale sia esteso alle pronunce in questione, non essendo rilevante che il pagamento del corrispettivo soggetto a IVA, in sede di riparto dell’attivo fallimentare, sia un evento futuro e incerto nell’an e nel quantum, ben potendo valere questa stessa affermazione anche per il pagamento coattivo in seguito a condanna, che dipende comunque dalla capienza del patrimonio del debitore.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lettera c), della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro proporzionale, anziché in misura fissa, anche le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
IMPOSTA REGISTRO: IN MISURA FISSA PER I DECRETI INGIUNTIVI ORIGINATI DA FATTURA
NON SONO APPLICABILE L’IMPOSTA PROPORZIONALE GLI ATTI DELL’A.G. CHE DISPONGONO IL PAGAMENTO DI CORRISPETTIVI SOGGETTI AD IVA
Sentenza | Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Pres. Di Salvo – Rel. Marelli | 19-10-2015 | n.21221
Non è dovuta una distinta tassazione in misura proporzionale sulla fideiussione
Sentenza Commissione Tributaria Regionale di Napoli, Sezione 28, 01.04.2015, n. 3090/28/15
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno