ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo per essere nulla l’iscrizione a ruolo con “velina” senza il successivo deposito dell’originale dell’atto notificato in quanto non si consente al giudice di ritenere che lo scopo della costituzione quoad deposito dell’originale della citazione notificata, mancante al momento della costituzione, ma non prescritta a pena di improcedibilità, risulti raggiunto attraverso la constatazione che la copia è conforme all’originale.
Il Tribunale di Napoli, Giudice dott. Ettore pastore Alinante, con sentenza n. 12254 del 5.11.2013 ha assunto tale decisione all’esito di un giudizio nel quale l’opposizione è stata notificata il 24/05/2011 e l’iscrizione a ruolo, mediante deposito in cancelleria della copia dell’atto di citazione, è avvenuta con velina il 23/05/2011, senza aver mai parte opponente provveduto al deposito dell’originale dell’atto di opposizione notificato, nonostante con apposita ordinanza fosse stato ordinato il relativo deposito.
Il Tribunale Partenopeo, nella decisione, ha ritenuto applicabile anche all’opposizione a decreto ingiuntivo il principio – dettato in di tema di improcedibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 comma 1 cpc- affermato con la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7451/2013, già oggetto di approfondimento sulla rivista.
La Corte di Cassazione, infatti, con l’innanzi indicata sentenza ha precisato che “le conseguenze di una costituzione avvenuta nel termine ma senza l’osservanza delle forme evocate nel primo comma dell’art. 347, essendo il regime della improcedibilità, in quanto di maggior rigore rispetto al sistema generale delle nullità, di stretta interpretazione, soggiacciono, viceversa, al regime della nullità di cui all’art. 156 cpc e ss e, quindi, vanno disciplinate applicando il principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo e ciò anche attraverso l’esame di atti distinti o di comportamenti successivi rispetto a quello entro il quale la costituzione doveva avvenire”.
L’art. 647 cpc, infatti, stabilisce che “se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza anche verbale del ricorrente, lo dichiara esecutivo. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo, l’opposizione non può essere più proposta né proseguita, salvo il disposto dell’articolo 650 e la cauzione eventualmente prestata [c.p.c. 642] è liberata”.
L’art. 156 cpc, al comma 3, prevede, poi, che la nullità non può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Il Giudice, quindi, applicando il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 7451/2013, ha ritenuto improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo così come la domanda riconvenzionale con la stessa proposta dichiarando nulla l’iscrizione a ruolo per non essere stato depositato l’originale dell’atto di citazione in opposizione notificato e, quindi, per non essere stato possibile verificare il raggiungimento dello scopo a cui è destinato l’atto attraverso la constatazione che la copia è conforme all’originale, ed ha ritenuto, poi, sussistente la soccombenza personale dell’avvocato per non aver potuto verificare l’esistenza della procura ad litem.
Ciò in quanto, agli atti del giudizio di cui alla sentenza in commento, risultava depositata la sola copia presentata al momento dell’iscrizione a ruolo sulla quale mancava la procura alle liti essendo ivi dichiarato “vi è firma e mandato autentico sull’originale” e, quindi, non essendo stato depositato l’originale dell’atto notificato, non è stato possibile verificare l’esistenza della procura la quale non era stata apposta neanche sull’atto notificato alla Banca opposta e dalla stessa depositato. L’ordine di depositare l’originale dell’atto notificato era stato statuito dal Giudice con apposita ordinanza di remissione della causa sul ruolo, ma non adempiuto dall’opponente.
Il Tribunale, quindi, nel governo delle spese si è pronunciato, in virtù del principio della soccombenza, attesa la improcedibilità dell’opposizione, ma sul presupposto della mancata prova dello ius postulandi dell’avvocato costituito quale asserito difensore dell’ingiunta con la proposta l’opposizione, ha ritenuto sussistente la detta soccombenza personale in capo all’avvocato stesso, condannandolo direttamente al pagamento delle spese di causa.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli, II sezione Civile, nella persona del giudice unico Ettore Pastore Alinante,
ha deliberato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 16255/2011 RGAC e vertente
TRA
Avv. P.S., in asserita rappresentanza di I.A.
OPPONENTE
E
Banca Spa;
OPPOSTA
Oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo emesso per saldo passivo di conto corrente bancario
Conclusioni delle parti: Alla udienza del 15/10/2013 parte opposta concludeva come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 18/3/2011 la Banca Spa adiva il Tribunale chiedendo che venisse ingiunto ad I.A. di pagare in proprio favore la somma di euro 30.577,16 oltre interessi legali dal 15/10/2010 sino al soddisfo e spese del procedimento, quale saldo passivo del conto corrente intrattenuto con la Banca Spa, che poi aveva ceduto il credito alla ricorrente dalla ditta individuale della ingiunta. In data 30 – 31/3/2011 il giudice concedeva il decreto ingiuntivo come richiesto, provvisoriamente esecutivo, che veniva notificato in data 18/4/2011.
Con atto di citazione notificato in data 24/5/2011 I.A. conveniva in giudizio la Banca Spa, chiedendo preliminarmente che venisse dichiarato territorialmente incompetente il Tribunale di Napoli ad emettere il decreto ingiuntivo, essendo invece competente il Tribunale di Castellammare di Stabia; in subordine nel merito, che il decreto ingiuntivo venisse dichiarato illegittimo ed irrituale e venisse revocato, dichiarando non dovute le somme ingiunte anche a titolo di spese della procedura monitoria; in via riconvenzionale chiedeva si dichiarasse che la banca opposta doveva alla opponente la somma di euro 31.000 o diversa somma da accertare, oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze ed agli stessi tassi applicati dalla banca ricorrente, compensando tale somma con quella eventualmente dovuta dalla opponente alla opposta; con vittoria delle spese di lite, con distrazione.
Con comparsa depositata in data 2/1/2012 si costituiva la Banca Spa, chiedendo che l’opposizione e la domanda riconvenzionale venissero rigettate perché improcedibili, inammissibili, infondate; in subordine, nel caso il decreto ingiuntivo fosse stato revocato, chiedeva che la opponente venisse condannata a pagare quanto da essa dovuto; con vittoria delle spese di lite.
Alla udienza del 1/3/2013 la causa passava in decisione, ma con ordinanza del 6 -11/6/2013 il giudice la rimetteva sul ruolo, ordinando alla parte opponente di depositare l’originale dell’atto di opposizione.
Alla udienza del 15/10/2013 parte opposta concludeva come in epigrafe e la causa passava per la seconda volta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione e la domanda riconvenzionale sono improcedibili.
La Banca Spa ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di I.A., per il saldo debitorio di un conto corrente bancario intrattenuto dalla ingiunta con la Banca Alfa spa, che poi aveva ceduto il credito alla ricorrente. La I.A. si è opposta al decreto ingiuntivo, ma l’opposta ha eccepito che l’opposizione sia improcedibile, e tale eccezione va accolta. Infatti, I.A. ha iscritto la causa a ruolo depositando una copia dell’atto di opposizione, e non ha mai prodotto l’originale della opposizione.
Va allora applicato il principio enunciato da Cass.7451/2013, in motivazione: “Le conseguenze della scelta del legislatore di applicare la sanzione della improcedibilità, che significano sottrazione dell’inosservanza delle forme al regime delle nullità e. quindi, esclusione dell’operatività del principio della sanatoria per l’eventuale configurabilità di una fattispecie di raggiungimento dello scopo, si giustificano soltanto per il caso di costituzione mancata entro il termine, cioè che non sia mai avvenuta, o sia avvenuta successivamente ad esso. Le conseguenze di una costituzione avvenuta nel termine, ma senza l’osservanza delle forme evocate nel primo comma dell’art. 347, essendo il regime della improcedibilità, in quanto di maggior rigore rispetto al sistema generale delle nullità, di stretta interpretazione, soggiacciono, viceversa, al regime delle nullità di cui all’art. 156 cpc e ss., e, quindi, vanno disciplinate applicando il principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo e ciò anche attraverso l’esame di atti distinti o di comportamenti successivi rispetto a quello entro il quale la costituzione doveva avvenire. In questa prospettiva, premesso il rilievo che, essendo il controllo sulla procedibilità demandato alla prima udienza di trattazione – siccome previsto dall’art. 350 c.p.c., comma 2, – non risulta conferente l’osservazione della decisione sopra ricordata che la costituzione con la copia non notificata mette il giudice nell’impossibilità di controllare la procedibilità sotto il profilo della effettiva proposizione dell’impugnazione: invero, atteso che il controllo dev’essere fatto alla detta udienza, si comprende come la constatazione solo in essa, della conformità della copia (la velina), con cui l’appellante si è costituito, all’originale che egli produca in quella udienza, consente di ritenere che lo scopo della costituzione quoad deposito dell’originale della citazione notificata, mancante al momento della costituzione, ma non prescritta a pena di improcedibilità, risulti raggiunto attraverso la constatazione che la copia è conforme all’originale. Solo in caso di difformità dall’originale oppure in caso di mancato deposito della copia notificata senza alcuna richiesta o allegazione di ragioni giustificative di una richiesta di rinvio per produrla, emerge che la costituzione mediante il deposito della copia è priva di rispondenza con la vocatio in ius siccome espressa nella citazione notificata e risulta, quindi, che riguardo a quest’ultima nessuna costituzione tempestiva vi è stata. L’appello, per come incardinato presso il giudice d’appello risulta, pertanto, in questo caso improcedibile. Il fatto che l’improcedibilità emerga solo alla prima udienza di trattazione, essendo questo il momento in cui il relativo controllo dev’essere fatto, non contraddice del resto (‘indisponibilità della sanzione da parte del giudice in essa espressa, perchè il giudice ne rileva le condizioni alla prima udienza di trattazione, ma con riferimento al momento entro il quale l’adempimento previsto a pena di improcedibilità – cioè la costituzione e non le sue forme doveva compiersi. D’altro canto, alla prima udienza di cui all’art. 350 c.p.c., comma 2, (e, comunque, alla prima udienza del giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica, giudice dell’appello sulle sentenze dei giudici di pace), poiché la legge prevede che il controllo della regolarità della costituzione e, quindi, delle ritualità delle sue forme, debba essere compiuto in essa, il giudice, di fronte alla mancata produzione in cancelleria nelle more fra l’iscrizione tempestiva con la velina e l’udienza oppure alla mancata produzione direttamente in udienza, potrà a questo punto, nell’esercizio dei suoi poteri di direzione del procedimento ai sensi dell’art. 175 c.p.c., comma 1, e, particolarmente del sollecito svolgimento del processo, assegnare un termine alla parte appellante a norma dell’art. 152 c.p.c., sì da scongiurare manovre dilatorie, nel quale caso al termine – in quanto ordinatorio e fissato dal giudice – sarà applicabile il regime di cui all’art. 154 c.p.c.”. Dettato in tema di improcedibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 co. 1 cpc (“L’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini”), il principio enunciato da Cass. 7451/2013 è applicabile anche alla opposizione a decreto ingiuntivo che sia divenuta improcedibile per essere stata tardivamente iscritta a ruolo, visto che l’art. 647 cpc stabilisce che: “se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non si è costituito, il conciliatore, il pretore o il presidente, su istanza anche verbale del ricorrente, dichiara esecutivo il decreto. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a nonna del presente articolo, l’opposizione non può essere più proposta né proseguita, salvo il disposto dell’art. 650, e la cauzione eventualmente prestata è liberata”.
Nel caso in esame, la parte opposta ha prodotto la copia notificatale dell’atto di opposizione, sulla quale la relata di notifica attesta che l’opposizione è stata notificata in data 24/5/2011, dunque tempestivamente, dato che il decreto ingiuntivo era stato a sua volta notificato in data 18/4/2011. Ma, sia sulla copia notificata che sulla copia prodotta quando è stata iscritta a ruolo la causa, manca la procura ad litem: vi si legge che “vi è firma e mandato autentico sull’originale”.
Quindi, era necessario che l’avv. P.S., il quale ha notificato l’atto di opposizione e iscritto a ruolo la causa quale asserito difensore di I.A., producesse l’originale della opposizione, per consentire di verificare l’esistenza di una valida procura ad litem.
Erroneamente, però, in prima udienza non è stato assegnato un termine per produrre l’originale della opposizione, e così tale termine è stato assegnato con successiva ordinanza resa fuori udienza in data 6 – 11/6/2013 e comunicata a mezzo pec all’avv. P.S. in data 24/6/2013, come da ricevuta telematica in atti. Non avendo l’avv. P.S. ottemperato alla ordinanza del 24/6/2013, l’iscrizione a ruolo della opposizione va dichiarata nulla, e l’opposizione stessa, compresa la domanda riconvenzionale, va dichiarata improcedibile. Le spese di giudizio seguono la soccombenza personale dell’avv. P.S., il quale non ha mostrato il proprio ius postulandi, e si liquidano come in dispositivo.
PQM
Il Tribunale di Napoli, II sezione civile, nella persona del giudice unico Ettore Pastore Alinante, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n.16255/2011, rgac tra: l’avv P.S., in asserita rappresentanza di I.A., opponente; Banca spa, opposta; così provvede:
1) Dichiara nulla l’iscrizione a ruolo della causa ed improcedibile l’opposizione;
2) Condanna l’avv. P.S. a rimborsare alla società opposta le spese del giudizio, che liquida il euro 30 per esborsi ed euro 1.700 per compenso, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Napoli, in data 17/10/2013
Il giudice unico
Ettore Pastore Alinante
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Numero Protocolo Interno : 633/2013