“Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo e conseguente possibilità per gli interessati di venirne a conoscenza e richiederne copia autentica: da tale momento la sentenza “esiste” a tutti gli effetti e comincia a decorrere il cosiddetto termine lungo per la sua impugnazione.
Nel caso in cui risulti realizzata una impropria scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice tenuto a verificare la tempestività dell’impugnazione proposta deve accertare – attraverso un’istruttoria documentale o, in mancanza, il ricorso, se del caso, alla presunzione semplice ovvero, in ultima analisi, alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – il momento di decorrenza del termine d’impugnazione, perciò il momento in cui la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria comportante l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze e l’attribuzione del relativo numero identificativo.”
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, Pres. Rordorf – Rel. Di Iasi con la sentenza n. 18569 del 22 settembre 2016.
Nel caso in oggetto, nell’ambito di un procedimento instaurato dal Ministero delle Finanze nei confronti del Comune di Reggio Calabria per opporsi alla stima dell’indennità di esproprio di un’area appartenente alle Stato, un soggetto spiegava intervento volontario chiedendo il riconoscimento in suo favore della proprietà di parte dell’area suddetta per intervenuta usucapione.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermando la decisione di primo grado, ha respinto le domande del richiedente.
Gli eredi del richiedente, proponevano ricorso per cassazione nei confronti del Comune di Reggio Calabria e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il primo dei quali resisteva con controricorso mentre il secondo depositava atto “di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.
Il collegio della seconda sezione civile della Cassazione, chiamato a decidere sul ricorso, rilevava che la sentenza impugnata recava una data di deposito nonchè una diversa e successiva data di pubblicazione, entrambe seguite da timbro e firma del cancelliere, e che il ricorso risultava spedito per la notifica nell’ultimo giorno utile ai sensi dell’art. 327 c.p.c..
Assumendo come dies a quo la seconda delle date suddette, il Collegio rinviava la trattazione della causa in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione – sollevata da altro collegio della stessa sezione – avente ad oggetto la legittimità costituzionale delle norme in materia di pubblicazione della sentenza e di individuazione del dies a quo di decorrenza del cd. “termine lungo” di impugnazione.
Successivamente, i giudici di legittimità, preso atto della decisione della Consulta, la quale escludeva l’illegittimità dell’art. 133 c.p.c., commi 1 e 2, e art. 327 c.p.c., comma 1, ha denunciato il contrasto determinatosi in relazione alla differente lettura della citata decisione della Corte costituzionale da parte di altri collegi della medesima sezione, in particolare con riguardo alla possibile ampiezza ed agli eventuali limiti del ricorso alla rimessione in termini per l’impugnazione, sollecitando in proposito l’intervento compositivo delle Sezioni Unite.
Il Collegio, dopo aver esposto le conseguenti problematiche giuridiche frequentemente poste nel tempo circa la questione dell’apposizione di una doppia data alle sentenze civili, ha precisato che la maggioranza della giurisprudenza di legittimità (ivi comprese le Sezioni unite) identifica il “deposito” come il momento di perfezionamento, efficacia, esistenza, irretrattabilità della sentenza e quindi il momento in cui cominciano a decorrere i termini per la proposizione di eventuali impugnazioni, trattandosi di un momento in cui è determinante l’intervento del giudice, posto che la procedura di deposito prende l’avvio proprio da un atto di volizione al medesimo riferibile, con la conseguenza che la data in cui il cancelliere ne dà atto deve coincidere con quella dell’effettivo deposito e con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale apposizione da parte del cancelliere di una data ulteriore e successiva non potrebbe giammai incidere su di un fatto (l’avvenuto deposito) già verificatosi (cfr. Cass. SS.UU. n. 13794/2012; ordinanza Cass. n. 26251/2013).
Mentre, molto più recentemente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 3 del 2015 ha ritenuto che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata del diritto vivente, nel caso di comprovata apposizione di date differenti sulla sentenza (deposito da parte del giudice e preso d’atto del cancelliere), “ per costituire dies a quo del termine per l’impugnazione, la data apposta in calce alla sentenza dal cancelliere deve essere qualificata dalla contestuale adozione delle misure volte a garantirne la conoscibilità e solo da questo concorso di elementi consegue tale effetto, che, in presenza di una seconda data, deve ritenersi di regola realizzato esclusivamente in corrispondenza di quest’ultima, con la conseguenza che il ritardato adempimento, attestato dalla diversa data di pubblicazione, rende inoperante la dichiarazione dell’intervenuto deposito, pur se formalmente rispondente alla prescrizione normativa ”.
Trattasi di accertamento che va condotto in maniera rigorosa, posto che all’interesse di una parte a veder affermata la tempestività della propria impugnazione corrisponde l’interesse della controparte al rilievo di un eventuale giudicato.
Infatti, i giudici di legittimità ritengono che, in difetto di prova documentale, sarà sempre possibile ricorrere ad altri mezzi di prova tra i quali non può annoverarsi la presunzione legale ma può certamente prendersi in considerazione la praesumptio hominis di cui all’art. 2729 c.c., alla quale il giudice può ricorrere secondo il suo prudente apprezzamento in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti, e può altresì in ultima analisi farsi ricorso alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., spettando all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione.
La Consulta ha altresì precisato che il ricorso all’istituto della rimessione in termini per causa non imputabile utilizzato dalle Sezioni unite (che pure in situazioni particolari può costituire un utile strumento di chiusura equitativa del sistema) va inteso come doveroso riconoscimento d’ufficio di uno stato di fatto contra legem che, in quanto addebitabile alla sola amministrazione giudiziaria, non può in alcun modo incidere sul fondamentale diritto all’impugnazione, riducendone i termini previsti, talvolta anche in misura significativa.
In definitiva, gli Ermellini, con la sentenza in esame, nell’intento di esorcizzare i fraintendimenti che potrebbero annidarsi nel recepimento in concreto del suddetto vincolo esegetico e quindi di scongiurare il rischio di ulteriori interventi giurisprudenziali in materia (risolvendo così il contrasto che il collegio rimettente ha ravvisato tra Cass. n. 10675/2015; Cass. n. 11129/2015 e Cass. n. 17612/2015), hanno affermato che è l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze l’unico “mezzo” attraverso il quale si realizza ufficialmente il “deposito in cancelleria” della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa.
In applicazione del sopra esposto principio, le Sezioni unite, ritenendo che nella specie sussistessero i presupposti per fare ricorso alla presunzione semplice sulla base sia delle affermazioni delle parti (che non hanno prodotto prova documentale attestante la data di iscrizione della sentenza nell’elenco cronologico) che del lasso di tempo trascorso tra la prima e la seconda data (sette mesi), hanno dichiarato il ricorso degli eredi del richiedente usucapione ammissibile, rimettendo gli atti alla seconda sezione civile per la relativa decisione e statuizione sulle spese.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno