ISSN 2385-1376
Testo massima
Il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ai sensi della L. Fall., art.147, nè assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario per quanto concerne i terzi a quel momento è ancora in atto.
E’ quanto emerge dalla sentenza n.13838 pronunziata dalla Corte di Cassazione, sezione prima, a seguito del ricorso presentato dal socio di una società fallita avverso la decisione della Corte di Appello che aveva statuito la fallibilità del socio, pur se receduto oltre l’anno prima della dichiarazione di fallimento.
La Corte, con la decisione in esame, pone in risalto la ratio dell’art. 147 lf II co, che limita la dichiarazione di fallimento, rispetto ai soci illimitatamente responsabili, in diretta conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, nello specifico, ai soci receduti entro l’anno, a condizione che l’evento (scioglimento del vincolo sociale , perdita di responsabilità illimitata) sia opponibile e, pertanto, portato a loro conoscenza con mezzi idonei.
Ebbene, i giudici di legittimità si sono avvalsi del principio di diritto statuito in numerose pronunce giurisprudenziali secondo le quali, nel caso in cui non fossero state espletate le dovute formalità di pubblicità del recesso previste ai sensi dell’art.2290, co.2, il recesso è inopponibile ai terzi, ovvero non produce i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario.
Di conseguenza, il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ex art.147 L.F., né assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario per quanto concerne i terzi è ancora in atto.
Alla luce di tali considerazioni, gli ermellini hanno confermato la decisione dei giudici di merito che avevano dichiarato il fallimento anche del socio receduto oltre l’anno, concludendo per il rigetto del ricorso.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12161/2011 proposto da:
TIZIO
– RICORRENTE –
contro
EQUITALIA S.P.A.
CURATELA DEL FALLIMENTO alfa snc
– CONTRORICORRENTI –
contro
alfa snc
– intimata –
avverso la sentenza n. 215/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 31/03/2011;
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza in data 27/1- 31/3/2011, ha respinto il reclamo proposto da TIZIO e alfa s.n.c. avverso la sentenza del Tribunale di Orvieto del 19/10/2010, dichiarativa del fallimento della alfa s.n.c. nonchè dei soci F.F. e TIZIO, dando atto che quest’ultima era receduta dalla società in data 25/8/2010.
Per quanto qui rileva, la Corte del merito ha respinto il reclamo di TIZIO rilevando che la tesi fatta valere, ovvero che il fallimento della socia receduta non poteva essere dichiarato contemporaneamente al fallimento della società, ma in estensione, non aveva alcun sostegno normativo, vista la chiara previsione della L. Fall., art.147, che prevede la fallibilità del socio, pur se receduto, entro l’anno dal recesso.
Ricorre avverso detta pronuncia TIZIO, sulla base di due motivi.
Si difendono con controricorso il Fallimento ed Equitalia s.p.a..
Motivi della decisione
1.1. – Col PRIMO motivo, la ricorrente denuncia l’illegittimità della dichiarazione di fallimento per violazione e falsa interpretazione dell’art.2290 cc, e della L. Fall., art.147, nella formulazione di cui alla novella del D.Lgs. n.5 del 2006.
In tesi della ricorrente, l’art.147 cc, comma 2, dispone che non può essere dichiarato il fallimento del socio, decorso un anno dal recesso; tale principio negativo va coordinato con l’art.2290 cc, che dispone l’efficacia immediata del recesso, nei casi di società a tempo indeterminato, come nella specie.
Per i soci receduti entro l’anno dalla dichiarazione di fallimento, la relativa posizione dovrà essere valutata autonomamente, non potrà essere dichiarato automaticamente il fallimento, ma solo in estensione, ai sensi della L. Fall., art.147, comma 4.
1.2.- Col SECONDO motivo, la ricorrente denuncia la sentenza impugnata, sotto il profilo del vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che la Corte del merito si è limitata a mera affermazione di principio nel ritenere il fallimento personale della F..
2.1.- I due motivi del ricorso, ambedue relativi alla dichiarazione di fallimento della socia receduta, vanno esaminati congiuntamente e sono da ritenersi infondati.
L’interpretazione suggerita dalla ricorrente è destituita di fondamento.
La L. Fall., art.147, nella formulazione ratione temporis applicabile, al comma 1, dispone: “La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi 3^, 4^ e 6^ del titolo 5^ del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”, al comma 2: “Il fallimento dei soci di cui al comma 1, non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati…“, ed il quarto comma prevede: “Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi”.
A fronte della chiara previsione di cui al comma 1, il comma 2, limita la dichiarazione di fallimento, rispetto ai soci illimitatamente responsabili, in diretta conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, nello specifico, ai soci receduti entro l’anno, ove siano state rispettate le dovute formalità di pubblicità; il quarto comma prevede il fallimento “in estensione” degli “altri soci“, la cui esistenza risulti dopo la sentenza di fallimento.
Sul piano della lettera e della ratio della norma in oggetto, non può pertanto prospettarsi il fallimento in estensione rispetto ai soci risultanti tali dal registro delle imprese, e il fallimento in estensione è proprio connotato dalla mancanza di pubblicità del vincolo sociale di un soggetto, quale socio occulto o di fatto, non identificabile al momento della dichiarazione di fallimento dal registro delle imprese.
E la giurisprudenza di legittimità, in relazione alla precedente formulazione della L. Fall., art.147, si è espressa nel senso che il fallimento del socio receduto non deve avvenire necessariamente con la procedura di estensione L. Fall., ex art.147, comma 2, poichè, quando la sua esistenza è già nota prima della dichiarazione di fallimento della società, questo, ai sensi del comma 1, produce il fallimento di tutti i soci illimitatamente responsabili; pertanto, in tal caso non sussiste esercizio di un potere d’impulso d’ufficio da parte del giudice, con accertamenti in fatto eccedenti l’oggetto della domanda, nè ne è compromessa la terzietà in quanto, accogliendo l’istanza volta alla dichiarazione di fallimento della società, il giudice stabilisce le conseguenze che ad essa la legge i ricollega, tra cui anche il fallimento del socio illimitatamente responsabile(così la pronuncia 9445/2007 e conforme la successiva 6003/2011).
La diversa interpretazione offerta dalla ricorrente si scontra con la chiara formulazione della L. Fall., art.147, e non è corretta l’interpretazione dell’art.2290 cc, offerta dalla parte, atteso che detta norma dispone per l’efficacia immediata del recesso, ma nei rapporti interni, occorrendo invece nei confronti dei terzi la pubblicità prescritta dalla legge.
Ed il rapporto tra l’art.2290 cc, e la L. Fall., art.147, è ben chiarito dalla giurisprudenza nelle pronunce 4865/2010, 19304/06, 14962/04, che hanno affermato che il recesso del socio di società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’art.2290 cc, comma 2, è inopponibile ai terzi, con ciò dovendosi intendere che non produce i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario;
conseguentemente il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ai sensi della L. Fall., art.147, nè assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario per quanto concerne i terzi a quel momento è ancora in atto.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle competenze, liquidate in Euro 4000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, a favore di ciascuno dei controricorrenti.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2013
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