ISSN 2385-1376
Testo massima
“L’ordinanza con la quale la Corte di cassazione disponga, in udienza pubblica o in sede di adunanza camerale, la rinnovazione della notificazione del ricorso o l’integrazione del contraddittorio, quando sia emessa in assenza delle parti costituite, rappresentate dai rispettivi difensori, deve essere comunicata a cura della cancelleria”.
È il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.26278 del 25.11.2013, a chiarimento di una questione di ordine processuale con rilevanti effetti sostanziali per la parte rappresentata.
La questione, inizialmente al vaglio della seconda sezione e poi rimessa alle Sezioni Unite, in quanto ritenuta di massima importanza, trae origine dalla proposizione di ricorso per cassazione ad opera di un avvocato che, in sede di discussione, era risultato assente, non potendo avere contezza del fatto che il Collegio avesse prescritto di integrare il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte pretermesso. Per la precisione, parte ricorrente era stata onerata della notifica del ricorso entro il termine perentorio di 60 giorni, ma, non avendo ricevuto la comunicazione dell’ordinanza ad opera della cancelleria, era rimasta inerte, con la conseguenza che la controparte, alla successiva udienza, si era opposta alla richiesta di rimessione in termini, eccependo l’improcedibilità.
Onde il rinvio alle Sezioni Unite per sciogliere il dubbio ermeneutico sul punto.
Il percorso argomentativo della Suprema corte prende le mosse dalla considerazione della natura peculiare del giudizio di cassazione, connotato dall’impulso d’ufficio e non dal principio dispositivo.
In assenza di una precisa disposizione codicistica in cui sussumere la fattispecie concreta, elemento dirimente risulta essere la considerazione circa l’applicabilità o la non applicabilità dell’art.176, comma 2 cpc.
Questo dispone che “le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi”.
Orbene, ritenere applicabile tale disposizione al giudizio di legittimità presupporrebbe la configurabilità di un onere, in capo al difensore, di essere presente alla pubblica udienza ovvero all’adunanza camerale. Solo partendo da quest’assunto si potrebbero ammettere conseguenze processuali negative ed irreparabili in capo all’avvocato che sia rimasto inadempiente rispetto ad una prescrizione perentoria del Giudice.
Un tale onere, però, non è configurabile in seno al processo di Cassazione, atteso che quest’ultimo è regolato dal principio dell’impulso d’ufficio, come già chiarito dalla Corte in importanti pronunce sulla inestensibilità della disciplina dettata in tema di interruzione.
Se i Giudici di legittimità sono obbligati sempre e comunque a pronunciarsi una volta che il ricorso sia stato depositato, non può che riconoscersi alla parte che sia stata ritualmente e tempestivamente avvisata della fissazione dell’udienza di discussione la mera facoltà di partecipazione alla medesima, senza che l’assenza possa determinare conseguenze processuali pregiudizievoli a suo carico. Anzi, la posizione delle SS.UU. è ancora più netta nell’affermare che: “né dal mancato esercizio della facoltà di partecipare all’udienza di discussione può ritenersi discenda un onere di diligenza, a carico del difensore, di attivarsi presso la cancelleria della Corte al fine di acquisire informazioni in ordine all’esito della udienza stessa”. Ciò non significa relegare l’attività difensiva alla sola attività di stesura e deposito degli atti processuali, atteso che anche la partecipazione o meno all’udienza rientra nell’ambito delle scelte operative del legale.
La peculiarità del giudizio di legittimità induce gli ermellini a considerare superabile anche la propria precedente giurisprudenza, che aveva considerato l’art.176 cpc quale principio generale dell’ordinamento.
Né può tacersi della considerazione secondo cui è sproporzionata, nel caso di specie, la sanzione dell’inammissibilità del ricorso conseguente al mancato adempimento dell’onere di integrazione del contraddittorio, ragion per cui l’interpretazione da preferire nel caso di specie sia quella più aderente al dettato costituzionale, e precisamente al diritto di difesa garantito nell’ambito di un giusto processo, ex art.111 Cost.
In conclusione, può trarsi dalla pronuncia in esame un principio di portata potenzialmente più ampia rispetto a quella del caso di specie, e cioè quello per cui la cancelleria della Suprema Corte è tenuta a comunicare al difensore assente anche se ritualmente avvisato – qualunque prescrizione disposta dal Collegio in udienza, dal cui mancato adempimento possano discendere per la parte onerata conseguenze processuali sproporzionatamente negative.
Testo del provvedimento
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