ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel caso di incidente mortale causato da soggetto in stato di intossicazione da stupefacenti, non può configurarsi il dolo eventuale.
Diversamente si finirebbe per forzare il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell’evento (volontà dell’azione a costo di causare l’evento e quindi volontà – anche – del detto evento) e colpa cosciente (volontà dell’azione nella convinzione che l’evento – sia pur prevedibile – non si verificherà). Il dolo vuole l’evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l’azione anche a costo di provocare l’evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l’evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La condotta del soggetto che si sia messo alla guida di una vettura, nonostante fosse consapevole delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, dell’ora notturna e delle avverse condizioni meteorologiche, nonché della sospensione della propria patente di guida, costituisce certamente la più grave delle azioni colpose, ma non di meno un’azione colposa e non dolosa, non potendosi affermare che egli – ove si fosse concretamente rappresentato l’investimento e la morte di un’altra persona (paradossalmente anche di se stesso) – avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò.
In realtà allo stato della legislazione il reato è già previsto ed è precisamente (come non ha mancato di rilevare la difesa ricorrente) quello dell’art. 589 c.p., che, nel sanzionare l’omicidio colposo prevede espressamente l’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. E il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione.
Così la Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 20465 del 13 maggio 2013 si è pronunciata sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente nel caso di omicidio causato da incidente stradale in cui il guidatore si trovava sotto effetto di stupefacenti.
LA VICENDA
Il guidatore con patente di guida già sospesa, in quanto anche in passato assuntore di sostanze stupefacenti si era messo alla guida in stato di intossicazione da sostanze stupefacenti (hashish) e, guidando ad una velocità superiore di 50 km orari al limite consentito aveva invaso la corsia opposta di marcia, collidendo frontalmente con un’altra autovettura e causando la morte dell’uomo alla guida di quest’ultima.
Dopo essere stato condannato in primo grado a titolo di omicidio colposo, l’imputato era stato poi condannato in appello a titolo di omicidio volontario, dal momento che la Corte d’Assise d’appello aveva escluso che l’incidente fosse avvenuto per un sorpasso di cui non vi era traccia e aveva ricondotto l’invasione dell’opposta corsia di marcia solo alla perdita del controllo della guida a causa dell’alterazione psico-fisica in cui il conducente si trovava; per tale motivo, aveva aderito alla tesi del dolo eventuale rispetto a quella della colpa cosciente, in base all’analisi in concreto del fatto che (a differenza di casi analoghi come quello Lucidi, preso in esame dalla S.C. con sentenza n. 11222 del 18/2/10) trattavasi di un soggetto che, benché già protagonista di un incidente due mesi prima, si era messo in macchina di notte, con tempo avverso, sapendo di avere assunto hashish nel pomeriggio e un ansiolitico prima di andare a dormire, laddove ben avrebbe potuto, come consigliatogli dal padre ed aveva fatto in altre occasioni, chiamare la madre e farsi accompagnare con lei alla guida.
Di qui la riqualificazione del fatto come omicidio volontario, a titolo di dolo eventuale.
LA DECISIONE DELLA CORTE
Ad avviso degli ermellini, tuttavia, la pronuncia resa dalla Corte d’Assise d’appello, nell’intento di dare una risposta giudiziaria più adeguata a condotte del tipo di quella oggetto del presente processo, ha, tuttavia, forzato il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell’evento (volontà dell’azione a costo di causare l’evento e quindi volontà anche del detto evento) e colpa cosciente (volontà dell’azione nella convinzione che l’evento sia pur prevedibile non si verificherà).
Il dolo vuole l’evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l’azione anche a costo di provocare l’evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l’evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Tale situazione ha proseguito la Corte poteva dirsi esattamente ricorrente nel caso di specie: l’imputato, infatti, non si era messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno (tanto meno una specifica persona), ma solo per raggiungere la sua meta e ciò nonostante fosse consapevole delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, dell’ora notturna e delle avverse condizioni meteorologiche; nonostante fosse anche consapevole di avere la patente sospesa e per ragioni strettamente collegate a quelle stesse condizioni psico fisiche nelle quali si era posto alla guida quella notte.
Non può pertanto affermarsi che, ove si fosse concretamente rappresentato l’investimento e la morte di un’altra persona (paradossalmente anche di sé stesso), avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò.
Sull’opportunità di punire tale comportamento a titolo di dolo, la Corte ha notato come tale reato sia già previsto puntualmente dall’art. 589 c.p., che nel sanzionare l’omicidio colposo prevede espressamente l’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Per di più, tale reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione (a voler dire, in sostanza, che non vi è motivo di qualificare tali condotte necessariamente a titolo di dolo).
A conferma di tale ragionamento, la Suprema Corte ha richiamato la massima della sentenza “Braidic” (sez. prima, n. 30472/11, rv.251484), in cui si afferma, con speciale efficacia, che “il dolo eventuale presuppone che l’agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell’evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione o cosciente sussiste quando l’agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi”.
Il Collegio ha pertanto annullato la sentenza, con rinvio per nuovo giudizio sui punti sopra indicati ad altra sezione della Corte di Appello.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.A.;
avverso la sentenza n. 37/2011 CORTE ASSISE APPELLO di MILANO, del 01/02/2012;
Svolgimento del processo
Intorno alle ore 23,30 del (OMISSIS) in territorio del comune di Bollate, in provincia di Milano, il 29 enne M.A., alla guida di una Fiat Marengo di proprietà della ditta di pulizie del padre, vettura che occasionalmente gli capitava di usare, percorrendo in direzione di (OMISSIS) la via (OMISSIS) a doppio senso di circolazione, invadeva a velocità superiore a quella consentita di 50 km orari (70-83 km orari) l’opposta corsia di marcia, nonostante la striscia continua, la scarsa visibilità e la pioggia in atto, andando a collidere frontalmente con la Fiat 500 condotta in direzione di (OMISSIS) tra i 25 e i 35 km orari dalla 20 enne C. R., che a seguito delle lesioni subite decedeva poco tempo dopo sul posto, nonostante i primi soccorsi.
Risultava che il M., per sua stessa ammissione assuntore in passato di cocaina e hashish e all’epoca solo di hashish, era sprovvisto di patente di guida perchè sospesagli due mesi prima, per un anno, con provvedimento 1/9/08 del Prefetto di Milano, notificatogli il 10/9/08, per un incidente occorsogli a metà del precedente mese di agosto quando ancora assumeva cocaina. Il pomeriggio del (OMISSIS) quando avvenne l’incidente in cui era rimasta uccisa la C. aveva assunto una canna di hashish e la sera un ansiolitico (una compressa di Xanax da 1 mg) per andare a dormire, quando era dovuto uscire da casa (in (OMISSIS)), su segnalazione del padre, per recarsi all’ospedale di (OMISSIS) dove stava morendo la madre di un amico del genitore, egli essendo anche dipendente di un’agenzia per pratiche funerarie. Nulla ricordava di quanto era successo dopo avere superato il ponte di (OMISSIS). Lui stesso aveva subito lievi traumi al torace e alle gambe e all’esame delle uri ne nello stesso ospedale di (OMISSIS) dove era stato ricoverato era risultata una concentrazione di tetraidrocannibolo e di benzodiazepine superiore alla soglia di positività.
Il M., che era stato arrestato per omicidio colposo aggravato, veniva rinviato a giudizio per omicidio volontario. Si costituiva parte civile il padre della vittima. Il giudizio di primo grado, caratterizzato dalla produzione di memorie tecniche sia da parte dell’imputato (con documenti vari) che della parte civile, si concludeva (previo accoglimento della richiesta di rito abbreviato) con sentenza 11/12/09 del Gup del Tribunale di Milano, che, qualificato il fatto come omicidio colposo aggravato (dalla violazione delle norme della disciplina stradale da parte di soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope e dalla previsione dell’evento) condannava l’imputato, esclusa la contestata recidiva e colla diminuente del rito, alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione. Con le pene accessorie, la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida e le statuizioni in favore della parte civile, tra cui una provvisionale di 70.000 Euro.
Con sentenza 1/2/12 la Corte di Assise di Appello di Milano, riqualificato il fatto come omicidio volontario in accoglimento dell’appello del Pm, condannava l’imputato alla pena di anni 14 di reclusione. Senz’altre statuizioni se non la condanna alle spese processuali e della parte civile per il grado e l’assegnazione della provvisionale nella misura di 100.000 Euro.
La Corte (che decideva su appello non solo del Pm ma anche dell’imputato e della parte civile), escluso che l’incidente fosse avvenuto per un sorpasso (di cui non vi era traccia) e addebitata pertanto l’invasione dell’opposta corsia di marcia solo alla perdita del controllo della guida a causa dell’alterazione psico-fisica in cui il conducente si trovava, riteneva di aderire alla tesi del dolo eventuale rispetto a quella della colpa cosciente in base all’analisi in concreto del fatto che (a differenza di casi analoghi come quello Lucidi, preso in esame dalla S.C. con sentenza n. 11222 del 18/2/10) vedeva un soggetto come il M. che, benchè ammaestrato dall’incidente occorsogli due mesi prima, si era messo in macchina di notte, con tempo avverso, sapendo di avere assunto una canna di hashish nel pomeriggio e un ansiolitico prima di andare a dormire, laddove ben avrebbe potuto, come consigliatogli dal padre ed aveva fatto in altre occasioni, chiamare la madre e farsi accompagnare con lei alla guida. Di qui la riqualificazione del fatto come omicidio volontario (dolo eventuale) e la su riferita sentenza.
Ricorreva per cassazione l’imputato con distinti atti in pari data di due diversi difensori.
Con un primo difensore (avv. (OMISSIS)) deduceva: 1) violazione di legge e vizio di motivazione sulla individuazione nel caso in esame del dolo eventuale anzi che della colpa cosciente (veniva ricordata la giurisprudenza in base alla quale l’accettazione del rischio in cui si concreta il dolo eventuale comporta non solo la volizione dell’azione nelle date condizioni ma anche la volizione dell’evento, che nel caso è l’altrui morte; erano contestati i presupposti di fatto su cui la Corte aveva basato la sua scelta: non vi era prova che il M. si trovasse in condizione di alterazione psico-fisica dovuta a un mix tossico-farmacologico, essa venendo sostanzialmente dedotta dal solo fatto, riferito dall’imputato, che egli nulla ricordava dell’incidente; non vi era prova che esso non fosse invece avvenuto per un abbagliamento molesto o un riflesso di luce dell’asfalto bagnato; anche l’incidente dell’agosto prima era consistito nel minimo urto dell’autovettura in sosta di una custode dell’ospedale di (OMISSIS) dove il M. si stava recando sentendosi poco bene dopo una lite con la moglie che gli rimproverava la sua assunzione di cocaina; la conclusione era che il rischio era insito nella circolazione stradale, che gli stessi operanti avevano elevato contravvenzione per l’ipotizzato sorpasso, che anche il PG presso la Corte di Appello aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado, che il dubbio doveva far propendere per la soluzione più favorevole al reo); 2) ancora violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno (per il primo giudice perchè parziale, per il secondo, in ogni caso, perchè proveniente dalla società assicuratrice e non dallo stesso imputato) e per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (nonostante il detto risarcimento, la condotta collaborativa in genere del M., la necessità di commisurare la pena al caso concreto). Concludeva (chiedendo al contempo al giudice a quo la trasmissione a questa Corte di Cassazione di specifici atti richiamati nel ricorso) per l’annullamento della sentenza impugnata.
Con un secondo difensore (avv. (OMISSIS)), premesse le conclusioni cui era pervenuta la prima sentenza (secondo cui non era provato il dolo eventuale dell’imputato ma se ne poteva ritenere solo la colpa cosciente), deduceva: 1) violazione di legge laddove la sentenza di appello aveva invece ritenuto il dolo eventuale, senza indicare gli elementi di prova da cui dedurre la volontà dell’imputato di porsi alla guida della propria autovettura nel consapevole ed accettato rischio di provocare l’evento di un’altrui morte (in realtà tale volontà era ricavata solo dal preteso stato di alterazione psico- fisica di cui egli sarebbe stato consapevole); 2) vizio di motivazione laddove la Corte d’appello aveva dato per certo lo stato di alterazione psico-fisica dell’imputato sulla base di mere analisi delle urine – e non anche del sangue – effettuate nell’ospedale dove era stato ricoverato dopo l’incidente; dove aveva ritenuto che a causa di ciò egli avesse invaso l’opposta corsia di marcia, perdendo il controllo della guida, deducendolo solo dalla sua perdita di memoria (per altro verso messa in dubbio, ipotizzando una mera strategia difensiva); che la specifica consapevolezza della sua inabilità dovesse venirgli dal modestissimo incidente occorso più di due mesi prima; che in tali condizioni e con tali trascorsi un incidente, anche il più grave, fosse prevedibile, sostanzialmente addebitando ogni possibile evento a titolo di responsabilità oggetti va; 3) violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della attenuante del risarcimento del danno (nonostante l’elevato ristoro versato dall’assicurazione a tutti i componenti del nucleo familiare della vittima) e delle attenuanti generiche, queste ultime da applicare quanto meno in virtù del risarcimento ad ogni modo versato, della buona condotta processuale e del cordoglio e pentimento più volte manifestati nei confronti dei familiari della vittima.
Concludeva ancora per l’annullamento.
Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, la difesa di parte civile (che depositava conclusioni scritte con “note d’udienza” e nota spese) per il rigetto dei ricorsi, i difensori presenti dell’imputato per il loro accoglimento.
Motivi della decisione
La sentenza di appello va annullata. Invero essa, nell’intento di dare una risposta giudiziaria ritenuta la più adeguata a condotte del tipo di quella oggetto del presente processo, ha di fatto forzato il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell’evento (volontà dell’azione a costo di causare l’evento e quindi volontà – anche – del detto evento) e colpa cosciente (volontà dell’azione nella convinzione che l’evento – sia pur prevedibile – non si verificherà). Il dolo vuole l’evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l’azione anche a costo di provocare l’evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l’evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. E’ esattamente il caso in esame. M.A. non si è messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno (tanto meno una specifica persona), ma solo per raggiungere la sua meta (l’ospedale di (OMISSIS), dove avrebbe avuto l’occasione di aprire una pratica funeraria) e ciò nonostante fosse consapevole delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, dell’ora notturna e delle avverse condizioni meteorologiche; nonostante – soprattutto (circostanza quasi dimenticata dalla difesa ricorrente, anche se nell’imputazione è menzionata solo nella contestazione della recidiva, poi esclusa in primo grado) – fosse anche consapevole di avere la patente sospesa e per ragioni strettamente collegate a quelle stesse condizioni psico – fisiche nelle quali si era posto alla guida quella notte. Certamente la più grave delle azioni colpose, ma non di meno un’azione colposa e non dolosa, non potendosi affermare che egli – ove si fosse concretamente rappresentato l’investimento e la morte di un’altra persona (paradossalmente anche di sè stesso) – avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò. In realtà allo stato della legislazione il reato è già previsto ed è precisamente (come non ha mancato di rilevare la difesa ricorrente) quello dell’art. 589 c.p., che nel sanzionare l’omicidio colposo prevede espressamente l’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. E il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione. Una diversa regolamentazione della materia è de iure condendo.
Le considerazioni che precedono sono assorbenti rispetto alla ricostruzione del fatto. Premesso che a detta ricostruzione ha motivatamente provveduto il giudice di appello, per cui le censure difensive in proposito si appalesano come di inammissibile merito (sostenendosi che l’invasione dell’opposta corsia di marcia, lungo la quale sopraggiungeva a prudente velocità l’incolpevole C., fu dovuta a uno sfortunato tentativo di sorpasso – di fatto solo ipotizzato – e non, secondo quanto stabilito in sentenza, alla perdita di controllo dell’automezzo per le condizioni psico-fisiche del suo conducente, accertate in atti su base scientifica), le dette considerazioni sull’atteggiamento psichico dei soggetto involgono tutte le ipotesi e quindi anche la più grave. La stessa sentenza Lucidi evocata dal giudice di secondo grado (Cass., sez. 4^, n. 11222/10, rv. 249492) afferma chiaramente che il dolo eventuale consiste nell’accettazione del rischio di verificazione dell’evento (non direttamente voluto seppure rappresentato) e non solamente nella situazione di pericolo posta in essere, con la conseguenza che esso si traduce in una condotta tenuta anche a costo di determinare quell’evento: ed in quel caso, contrariamente a quello in esame (dove la colpa individuata in concreto è quella di essersi messo alla guida nonostante le alterate condizioni psico-fisiche), si poteva affermare che il conducente dell’auto investitrice (di un ciclomotore che, all’incrocio da entrambi impegnato, transitava col verde) aveva percepito il rischio ed il quesito che si poneva ai giudici era se, ciononostante, egli lo avesse accettato, decidendo ugualmente di passare col rosso. Qui questo margine di accertata consapevolezza è negato (l’imputato afferma di nulla ricordare dell’incidente) e il discrimine resta solo ipotetico. E comunque anche nella sentenza Lucidi la S.C. si pronunziò per la colpa cosciente. Altrettanto nella sentenza Braidic (sez. 1^, n. 30472/11, rv.251484), la cui massima afferma, con speciale efficacia, che “il dolo eventuale presuppone che l’agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell’evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione o cosciente sussiste quando l’agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi”.
Così pure nelle sentenze Montalbano (sez. 4^, n. 28231/09, rv.244693: “Il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente in quanto il primo consiste nella rappresentazione della concreta possibilità della realizzazione del fatto con accettazione del rischio – e quindi volizione – di esso, mentre la seconda consiste nella astratta possibilità della realizzazione del fatto, accompagnata dalla sicura fiducia che in concreto esso non si realizzerà – e quindi non volizione”) e Bodac (sez. 4^, n. 13083/10, rv. 242979: “Il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente per la previsione dell’evento come concretamente e non solo astrattamente realizzabile, talché, in mancanza dell’autonoma prova di tale circostanza, non è possibile ritenere che l’agente abbia voluto l’evento, a meno di non voler affermare sempre l’esistenza di un dolo in re ipsa per il solo fatto della consumazione di una condotta rimproverabile”).
Sotto il principale profilo della qualificazione del fatto la sentenza va pertanto annullata. Va altresì annullata sotto l’ulteriore profilo dell’attenuante del risarcimento del danno. Se, infatti, circa il diniego delle attenuanti generiche (anche del quale il ricorrente si duole) la sentenza di appello ha congruamente motivato (sottolineando l’atteggiamento di ripetuta incoscienza del soggetto in merito alle condotte di guida, che evidenzia un’elevata pericolosità del suo operare, ed il suo perseverare nell’uso della droga e, contemporaneamente, nel condurre un veicolo nel disprezzo totale delle regole), non così per l’attenuante specifica dell’art. 62 c.p., n. 6: per essa la sentenza impugnata ha seguito un indirizzo risalente (l’esempio più recente è Cass., sez. 6^, n. 46329/05, rv.232837, Caputo), superato da una giurisprudenza (cui questa Corte aderisce e intende dar seguito) che privilegia l’atto di previdenza (anche se obbligatorio) posto in essere dal soggetto che assicura il proprio mezzo o che comunque (come nel caso) adopera un mezzo che sa essere assicurato. Di tale indirizzo era già esempio Cass., 4^, n. 46557/04, rv. 230195, Albrizzi (“In tema di attenuante del risarcimento del danno, alla luce della interpretazione adeguatrice dell’art. 62 c.p., n. 6, fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 138 del 1998, deve ritenersi che detta attenuante – da riguardarsi come soggettiva solo relativamente agli effetti mentre, quanto al suo contenuto, è qualificabile come essenzialmente oggettiva – sia riconoscibile anche nel caso in cui il risarcimento sia stato effettuato da un istituto o una impresa di assicurazione”) e lo è oggi Cass., 4^, n. 13870/09, rv. 243202, Cappelletti: “Ai fini della sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, il risarcimento, ancorchè eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio” (fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale).
Anche al detto principio (al pari di quello affermato in ordine alla qualificazione del reato) si uniformerà il giudice del rinvio, con conseguente diminuzione di pena (su quella individuata per il reato come sopra qualificato) nella misura che riterrà opportuna.
In tali termini la sentenza va annullata, con rinvio per nuovo giudizio sui punti sopra indicati ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, cui viene altresì rimessa la pronuncia sulle spese sostenute in questo grado di legittimità dalla parte civile costituita (solo all’esito del giudizio di rinvio potendosi compiutamente valutare la reciproca soccombenza delle parti: Cass., sez. IV, sent. n. 4497 del 15/10/99, dep. 13/4/00, rv. 216462, Barbisan).
PQM
annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del fatto e alla attenuante del risarcimento dei danno; rimette (a pronuncia sulle spese sostenute dada parte civile in questo grado al giudice di rinvio, che individua in altra sezione della Corte di Assise di Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2013
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Numero Protocolo Interno : 707/2013