Segnalata dall’Avv. Maria Antonia Fauci del foro di Sciacca
Mentre la domanda giudiziale è atto che vale a spiegare efficacia interruttiva della prescrizione rispetto a qualsiasi diritto soggetto ad estinguersi per l’inerzia del titolare, la costituzione in mora del debitore può avere tale efficacia limitatamente ai diritti cui corrisponde un obbligo di prestazione della controparte e non anche rispetto ai diritti potestativi, quali sono quelli miranti alla pronuncia di inefficacia, di annullamento o di risoluzione di un atto ai quali corrisponde nella controparte una posizione di mera soggezione all’iniziativa altrui.
Ne consegue che per l’azione di ripetizione di indebito bancario la domanda giudiziaria costituisce l’unico strumento idoneo a realizzare l’interesse protetto dall’ordinamento restando irrilevante ogni atto stragiudiziale di costituzione in mora ai sensi dell’art.2943 c.c..
Questo il principio sancito dal Tribunale di Agrigento, giudice Luciana Razete con sentenza n.1826 del 13/12/2016.
Nel caso in esame la società-cliente, a seguito della trasformazione da consorzio in società a responsabilità limitata e dei contestuali trasferimenti di rami di azienda, aveva acquisito i rapporti giuridici da due società, e conveniva in giudizio la banca, proponendo azione per ripetizione di indebito pagamento delle somme, a suo dire, illegittimamente corrisposte dalle predette società a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, valute, relativamente ad alcuni conti.
La società-cliente chiedeva dunque la declaratoria di nullità delle clausole di determinazione degli interessi anatocistici, delle commissioni di massimo scoperto, valute e/o spese, la condanna alla restituzione delle somme indebitamente riscosse dalla banca ed, in istruttoria, chiedeva l’ammissione di CTU contabile.
Il Giudice, rilevata d’ufficio la nullità della notifica dell’atto di citazione, ne disponeva la rinnovazione per cui la citazione, unitamente al predetto verbale di udienza, veniva quindi successivamente notificata all’istituto di credito che si costituiva con comparsa, con la quale eccepiva, preliminarmente, il difetto di legittimazione attiva dell’attrice e la improcedibilità della domanda non preceduta dal tentativo di conciliazione; nel merito, ne deduceva l’infondatezza per carenza di prova, ed eccepiva poi la prescrizione dell’azione essendo trascorsi oltre dieci anni tra la data di estinzione dei conti e la proposizione della domanda giudiziale.
Il Tribunale ha innanzitutto premesso che il contratto di cessione di ramo d’azienda rappresenta una forma di successione a titolo particolare e non universale, di conseguenza la successione è limitata ai rapporti indicati dal negozio.
Con riguardo al caso di specie, ha specificato il Giudice, con il contratto di cessione di ramo di azienda, i contraenti hanno inteso limitare il trasferimento dei rapporti inerenti al ramo d’ azienda conferito ai rapporti di appalto non ancora definiti ed esauriti, e la volontà negoziale non consente quindi di ritenere che la società attrice sia subentrata nei diritti nascenti dai rapporti bancari estinti, ormai esauriti in data antecedente alla cessione medesima.
I rapporti di conto corrente in contestazione, già estinti da anni, non hanno dunque formato oggetto di cessione come emerge dalla lettura degli atti.
Sulla base di queste considerazioni, il Giudice ha dunque dichiarato in primo luogo il difetto di titolarità attiva del rapporto controverso della società-cliente per i crediti reclamati non ricompresi nella cessione.
Il Tribunale ha poi specificato che, al di là dell’assorbente rilievo del difetto di titolarità attiva del rapporto controverso, l’azione sarebbe comunque prescritta non potendo essere interrotta dagli atti di costituzione in mora.
Infatti, ha evidenziato il Giudice, gli effetti interruttivi della prescrizione sono prodotti da un atto avente natura ricettizia che, per la domanda giudiziale, deve essere rappresentato da una citazione valida ed efficace che è rappresentata da quella rinnovata a seguito del rilievo di nullità.
In particolare, il Tribunale ha chiarito che mentre la domanda giudiziale è atto che vale a spiegare efficacia interruttiva della prescrizione rispetto a qualsiasi diritto soggetto ad estinguersi per l’inerzia del titolare, la costituzione in mora del debitore può avere tale efficacia limitatamente ai diritti cui corrisponde un obbligo di prestazione della controparte e non anche rispetto ai diritti potestativi, quali sono quelli miranti alla pronuncia di inefficacia, di annullamento o di risoluzione di un atto ai quali corrisponde nella controparte una posizione di mera soggezione all’iniziativa altrui.
Non v’è dubbio, allora, che parte attrice non possa, in nessun caso, ottenere la condanna della banca alla restituzione di somme per le quali è maturata la prescrizione decennale non solo dalle singole annotazioni periodiche, trimestrali od annuali, ma anche dalla definitiva chiusura dei conti alla data del rinnovo della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
Sulla base del suddetto principio il Tribunale di Agrigento ha rigettato la domanda della società-cliente nei confronti della banca con condanna al pagamento delle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
PRESCRIZIONE RIMESSE INDEBITE: IL CORRENTISTA DEVE FORNIRE LA PROVA DEL CARATTERE RIPRISTINATORIO
Sentenza | Tribunale di Torino, Dott.ssa Maurizia Giusta | 27.06.2016 | n.3595
Ordinanza | Tribunale di Taranto, Giudice dott. Claudio Casarano | 22.05.2013 |
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