L’annotazione in conto di una posta d’interessi (o di commissioni di massimo scoperto) illegittimamente addebitati dalla Banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione del credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria in favore della Banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Trani, Got. Nicola Milillo con l’ordinanza del 24.07.2017.
Nella fattispecie ivi esaminata una società correntista conveniva in giudizio una Banca e sul presupposti della illegittimità degli addebiti eseguiti a suo carico dalla convenuta nello svolgimento del rapporto di conto corrente con essa intrattenuto, chiedeva l’accertamento della mala fede della Banca nell’esecuzione del contratto, con condanna della stessa alla restituzione di quanto indebitamente percepito.
Si costituiva in giudizio la Banca eccependo l’infondatezza in fatto ed in diritto delle avverse pretese.
Il Giudicante, quanto alle doglianze formulate dall’attrice ha ritenuto inammissibile la domanda di ripetizione dell’indebito per carenza di interesse ad agire, osservando come il comportamento della Banca non integra mala fede contrattuale, atteso che la stessa si è semplicemente uniformata alla prassi contrattuale di annotazione delle spese previste per il costo del finanziamento che in nessun caso concretizzano un pagamento avente natura solutoria.
In particolare, il Tribunale ha chiarito che l’annotazione in conto di una posta d’interessi (o di commissioni di massimo scoperto) illegittimamente addebitati dalla Banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione del credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria in favore della Banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa.
Alla luce delle suesposte argomentazioni il Tribunale rigettava le domande formulate dalla società correntista con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO: SE IL CLIENTE NON PROVA L’AFFIDAMENTO LE RIMESSE SI INTENDONO SOLUTORIE
LA PRESCRIZIONE DECENNALE DECORRE DAL SINGOLO VERSAMENTO
Sentenza | Tribunale di Bari, dott. Savino Gambatesa | 21.05.2015 | n.2353
RIPETIZIONE INDEBITO: IL CLIENTE DEVE PROVARE LA FUNZIONE SOLUTORIA DEI VERSAMENTI
INSUFFICIENTE LA SOLA PRODUZIONE DEGLI SCALARI
Sentenza | Tribunale di Treviso, dott. Casciarri | 30.11.2014 | n.2430
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