Se pendente l’apertura di credito, il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, è indubbio che non vi sia stato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto, egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso, invece, che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto “scoperto” (cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento) e non, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.
Ha natura esplorativa la consulenza finalizzata alla ricerca di fatti, circostanze o elementi non provati dalla parte che li allega, ma non la consulenza intesa a ricostruire l’andamento di rapporti contabili non controversi nella loro esistenza, ipotesi questa che ricorre “quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u. anche di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.
La commissione di massimo scoperto ha per certo una sua causa legittima in quanto, come pure riconosciuto dalla corte di legittimità, costituisce la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma: la commissione in parola si risolve, quindi, nel corrispettivo che il finanziatore pretende e percepisce per la concessione della mera possibilità di utilizzo del denaro.
Questi i principi ripresi dalla Corte d’Appello di L’Aquila, Pres. Iannaccone – Rel. Dell’Orso, con la sentenza del 16 dicembre 2020.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ONERE DELLA PROVA, VALIDITÀ CONTRATTO MONOFIRMA E RISARCIMENTO PER SEGNALAZIONE IN CENTRALE RISCHI
LA POSIZIONE DEL TRIBUNALE DI PIACENZA
Sentenza | Tribunale di Piacenza, Giudice Evelina Iaquinti | 09.10.2020 | n.469
RIPETIZIONE INDEBITO: OCCORRONO GLI ESTRATTI INTEGRALI A FAR DATA DELL’APERTURA
IL CORRENTISTA DEVE PRODURRE ANCHE IL CONTRATTO
Ordinanza | Tribunale di Castrovillari, Giudice Gaetano Laviola | 07.07.2020
CONTO CORRENTE: il “saldo zero” non può essere applicato quando la banca è convenuta
Tale criterio rappresenta uno strumento sanzionatorio nelle azioni di recupero del credito
Sentenza | Tribunale di Pescara, Giudice Cleonice G. Cordisco | 25.06.2020 | n.692
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