L’esperimento delle azioni di accertamento negativo e di ripetizione dell’indebito non comporta una diversa ripartizione dell’onere probatorio rispetto ai principi generali previsti dall’art. 2697 c.c., applicandosi, anche in questo caso, le norme che regolano l’onere della prova, la cui operatività non subisce deroga, né per effetto della natura dell’azione proposta dal correntista, né avuto riguardo al principio di vicinanza della prova, pertanto, incombe sul correntista-attore l’onere di allegare e provare i fatti posti a base della domanda: l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l’applicazione delle stesse avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti.
A tal fine, sono indispensabili sia i contratti le cui clausole sono state impugnate sia gli estratti contro trimestrali in cui sono riportate in ordine cronologico le annotazioni attive e passive su cui effettuare un’eventuale consulenza tecnica volta a ricostruire l’andamento del rapporto.
Questo principio generale vale anche nel caso in cui non si assume che l’intero pagamento è indebito, ma solo una parte, per cui si agisce in ripetizione solo per l’eccedenza, ciò in quanto poiché la parziale inesistenza della causa debendi è un elemento costitutivo, unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale, della domanda di indebito oggettivo, e la relativa prova incombe all’attore.
Tribunale di Roma, Dott. Fausto Basile, sentenza n. 20154 del 25.10.2017
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE LA DOCUMENTAZIONE CONTRATTUALE E CONTABILE
IMPOSSIBILE APPLICARE IL SALDO ZERO IN CASO DI UN PRIMO ESTRATTO CONTO A DEBITO PER IL CLIENTE
Sentenza | Tribunale di Benevento, Dott. Gerardo Giuliano | 05.07.2017 | n.1317
RIPETIZIONE INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE INTEGRALMENTE GLI ESTRATTI CONTO
LA PRODUZIONE PARZIALE TESTIMONIA IL REGOLARE INVIO DEGLI ESTRATTI CONTO ED IL CLIENTE HA L’ONERE DI CONSERVAZIONE
Sentenza | Tribunale di Bari, Dott. Sergio Cassano | 22.03.2017 | n.1585
RIPETIZIONE INDEBITO: È ONERE DEL CORRENTISTA PRODURRE IL CONTRATTO CON GLI ESTRATTI CONTO INTEGRALI
L’ART. 119 TULB NON SI APPLICA AI CONTRATTI MA ALLE SINGOLE OPERAZIONI
Sentenza | Tribunale di Modena, Dott.ssa Rimondini | 07.03.2017 | n.391
INDEBITO BANCARIO: IL CORRENTISTA DEVE PRODURRE I CONTRATTI E GLI ESTRATTI
IN MANCANZA NON PUÒ RICORRERSI AL CRITERIO EQUITATIVO
Sentenza | Tribunale di Salerno, Dott. Giorgio Jachia | 28.02.2017 | n.1056
AZIONE DI ACCERTAMENTO NEGATIVO: È IL CORRENTISTA CHE AGISCE A DOVER PROVARE L’INSUSSISTENZA DEL DEBITO
DEVE PRODURRE NON SOLO GLI ESTRATTI CONTO MA ANCHE I CONTRATTI E LE CONDIZIONI GENERALI
Sentenza | Tribunale di Cosenza, Dott.ssa Urania Granata | 16.02.2017 | n.332
RIPETIZIONE INDEBITO: IL CORRENTISTA DEVE PRODURRE L’INTERA SEQUENZA DEGLI ESTRATTI CONTO
IL DEPOSITO NON PUÒ AVVENIRE DURANTE LE OPERAZIONI PERITALI
Sentenza | Tribunale di Potenza, Dott. Amleto Pisapia | 19.01.2017 | n.50
REPUBBLICA ITALIANA
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
XVII Sezione civile
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. omissis del R.G.A.C.C. dell’anno 2014, e vertente
tra
SOCIETA’ CORRENTISTA E FIDEIUSSORI
attori
E
BANCA
convenuta
OGGETTO: contratto di conto corrente bancario.
CONCLUSIONI: all’udienza del 5 luglio 2017, le parti hanno rassegnato le conclusioni riportandosi ai propri scritti difensivi.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la SOCIETA’ CORRENTISTA E FIDEIUSSORI hanno citato in giudizio, dinanzi all’intestato Tribunale, la BANCA al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: in via preliminare, “si avanza eccezione di compensazione tra quanto pagato in eccesso a titolo di interessi sui conti e quanto asseritamente chiesto dalla banca per la c.d. usura sopravvenuta (e se del caso pattuita)”; nel merito, “Per il conto corrente n. omissis: A) accertato e dichiarato che la banca ha proceduto sul conto a pattuizione ed applicazione di tassi usurari, condizioni non contrattualizzate (per assenza di contratto ex art. 1842 c.c.), e pattuite con conseguente applicazione di tassi usurari, spese e commissioni non contrattualizzate, pronunciarsi: a) sulla gratuità e sulla invalidità del prestito e del contratto di corrispondenza a regolamentare le linee di credito ad esso appoggiata anche ex art. 1815 comma 2 c.p.c.; b) sulla illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e la applicazione dei tassi passivi (perché usurari in contratto ex art. 1815 c.c.); c) sulla illegittimità della applicazione di tassi ultralegali non concordati, in costanza di rapporto; d) sulla illegittimità della applicazione della commissione di massimo scoperto, perché non concordata e dei tassi extrafido, applicati ma non concordati; e) sulla illegittimità dello ius variandi (clausola contrattuale n. 16) dichiarando nulle ed inefficaci le variazioni, avvenute in corso di rapporto e non concordate; f) accertare e dichiarare che la banca ha pattuito e applicato tassi usurari per cui a tale titolo nulla è dovuto per tutto il rapporto in tutto il rapporto dedotto; g) conseguentemente a mezzo nominanda CTU, procedere al ricalcolo su base annuale, senza anatocismo alcuno, spese e commissioni dal sorgere del rapporto ad oggi e senza interessi ad alcun saggio, al fine di rideterminare il reale saldaconto (dare e avere tra le parti) alla data di recesso ovvero di citazione e per l’effetto ordinare alla banca convenuta la rettifica e/o l’indicazione del corretto ammontare; h) con l’eventuale condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte percepite o addebitate e comunque pagate in eccesso in costanza di rapporto per i titoli indicati oltre a rivalutazione e interessi dalla data della domanda al saldo, ripetibili ex art. 2033 c.c. B) statuire in ogni caso, come di giustizia in ordine alla condanna della Banca convenuta al risarcimento dei danni tutti patiti dalla parte attrice, patrimoniali, nel duplice profilo di lucro cessante e/o danno emergente e non, nella miglior somma accertanda in corso di causa, da liquidarsi anche in via equitativa ex art. 1226 c.c., oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata; C) ordinarsi alla Banca convenuta qualora non vi avesse già provveduto di effettuare la corretta segnalazione del presente procedimento in centrale dei rischi sotto la voce stato del rapporto contestato, ai sensi del 13° e 14 ° aggiornamento della circolare Banca d’Italia 11.02.91 n. 139 e successive modifiche. D) accertare e pertanto dichiarare l’invalidità e/o nullità del contratto di fideiussione/garanzia stipulato tra la Banca convenuta e i sig.ri FIDEIUSSORI, per i motivi esposti in narrativa, accogliendo in ogni caso l’exceptio doli et nullitatis esperite dal fideiussore, ovvero ex art. 1956 c.c. e per l’effetto accertare e dichiarare la liberazione del fideiussore garante”.
A sostegno delle proprie pretese, gli attori hanno allegato che la SOCIETA’ CORRENTISTA aveva stipulato con BANCA il contratto di apertura di credito in conto corrente n. omissis; che, tuttavia, come da perizia di parte allegata (doc. 1 atto di citazione), nell’ambito del predetto rapporto la società correntista avrebbe indebitamente corrisposto alla Banca convenuta euro 180.517,31, di cui euro 43.250,30 per usura oggettiva, euro 136.277,12 per usura soggettiva ed euro 989,80 per anatocismo. In particolare, la perizia di parte avrebbe rilevato il superamento del tasso soglia in alcuni periodi, nella stessa specificamente indicati, compresi tra il 1998 ed il 2015. Tale superamento sarebbe risultato dal conteggio delle somme addebitate a vario titolo dalla Banca convenuta; quest’ultima, inoltre, avrebbe approfittato anche della situazione di difficoltà economica della controparte al fine di stipulare un contratto a condizioni svantaggiose per l’attrice. Gli attori hanno poi dedotto che la Banca convenuta, in corso di rapporto, avrebbe apportato alcune variazioni non concordate con il correntista ed hanno inoltre eccepito la nullità della clausola relativa alla commissione di massimo scoperto, in quanto mai concordata tra le parti.
Infine, hanno dedotto che la società correntista non era in possesso del contratto de quo e che copia del contratto di apercredito e di corrispondenza era stata richiesta ex art. 119 TUB con lettera raccomandata a.r. del 04.08.2014; quanto agli estratti conto, neppure questi in possesso della società correntista, essi sono stati richiesti con l’atto di citazione ex art. 119 TUB.
Si è costituita in giudizio la BANCA, che ha impugnato e contestato tutto quanto ex adverso dedotto, in quanto infondato in fatto ed in diritto. In via pregiudiziale, la convenuta ha eccepito la improcedibilità dell’azione, in quanto gli attori non avevano preliminarmente esperito il procedimento di mediazione obbligatorio, ai sensi dell’art. 1-bis D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, anche per le domande proposte dagli attori. Parte convenuta ha poi chiesto di dichiarare nulla la citazione per genericità delle domande e, in ogni caso, ha chiesto il rigetto delle pretese avverse in quanto gli attori non avrebbero prodotto documentazione idonea a dimostrarne la fondatezza. Ha inoltre dedotto la legittimità di tutte le clausole contrattuali e di tutte le somme dovute e, infine, ha sollevato eccezione di prescrizione in relazione alle somme ritenute illegittimamente corrisposte dagli attori antecedenti al 13 ottobre 2004, ovvero antecedenti al decennio precedente la notificazione della citazione.
All’udienza del 28 maggio 2015, il Giudice, rilevato che tra le parti era stato instaurato il procedimento di mediazione, ha disposto un rinvio per consentirne l’espletamento. All’udienza del 30 ottobre 2015, dato atto dell’esito negativo del procedimento di mediazione, sono stati concessi i termini di cui all’art. 183, VI, co. 6 c.p.c.
Con memoria ex art. 183 co. 6 n. 2, gli attori hanno allegato che la Banca convenuta ha consegnato loro, in forza della richiesta ex art. 119 TUB, i contratti di conto corrente e successive aperture di credito, ed hanno eccepito la nullità degli stessi in quanto carenti di sottoscrizione riconducibile alla Banca.
All’udienza del 9 marzo 2016, il Giudice, rilevato che la documentazione prodotta non era sufficiente ad espletare una CTU contabile finalizzata al calcolo del saldo finale del conto corrente, a causa dell’assenza degli estratti conto relativi al periodo dal 1995 al 2012, disattesa ogni ulteriore istanza istruttoria, ha disposto rinvio per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 5 luglio del 2017, a seguito del rigetto dell’istanza degli attori di rimettere la causa in istruttoria per l’acquisizione delle prove richieste, le parti hanno concluso come in epigrafe e la causa è stata trattenuta in decisione previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
****
Gli attori hanno agito in giudizio chiedendo l’accertamento dei rapporti di dare-avere tra le parti e, conseguentemente, la condanna della Banca convenuta alla restituzione, in favore degli attori, delle somme indebitamente trattenute nel corso dei rapporti contrattuali intercorsi con la società attrice, previa compensazione con quanto eventualmente dovuto alla Banca; hanno chiesto altresì la condanna della Banca convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali, da stimarsi anche in via equitativa, nonché la liberazione dei fideiussori ex art. 1956 c.c..
In particolare, parte attrice ha dedotto l’illegittima applicazione di interessi anatocistici di commissioni di massimo scoperto (c.m.s.) non dovute per assenza di causa e, in ogni caso, illegittimamente calcolate, di interessi usurari con conseguente applicazione dell’art. 1815, co. 2, c.c., nonché la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali. Copia del contratto è stata richiesta con raccomandata a.r. del 04.08.2014, mentre gli estratti conto, anche a scalare, sono stati richiesti con l’atto di citazione.
A sostegno delle domande, gli attori hanno prodotto perizia di parte tecnico-contabile da cui emergerebbe, con riferimento al contratto di conto corrente n. omissis, la indebita corresponsione alla baca di euro 180.517,31, di cui euro 43.250,30 per usura oggettiva, euro 136.277,12 per usura soggettiva ed euro 989,80 per anatocismo.
Con la seconda memoria istruttoria, la difesa di parte attrice, dato atto che la Banca aveva consegnato, in forza della richiesta ex art. 119 TUB, i contratti di conto corrente e i successivi contratti di apertura di credito, ha prodotto tale documentazione deducendo altresì la mancanza della forma scritta dei contratti intercorsi tra le parti, in quanto mancanti di valida sottoscrizione da parte della Banca.
Qualificate le domande attoree in termini di accertamento negativo del debito e ripetizione dell’indebito, risulta determinante la circostanza che, pur essendo stati depositati i contratti di conto corrente e di apertura di credito di cui si assume la nullità di alcune clausole e l’usurarietà dei tassi di interessi pattuiti, non sono stati prodotti in atti gli estratti conto trimestrali relativi al rapporto per cui è causa. Anche alla perizia tecnico-contabile di parte attrice risultano allegati soltanto i conti a scalare, utili per il calcolo degli interessi, ma non per provare l’ammontare, la data e la causale delle partite in dare e in avere annotate in conto corrente.
Sul punto, occorre infatti rilevare che, l’esperimento delle azioni di accertamento negativo e di ripetizione dell’indebito non comporta una diversa ripartizione dell’onere probatorio rispetto ai principi generali previsti dall’art. 2697 c.c., applicandosi, anche in questo caso, le norme che regolano l’onere della prova, la cui operatività non subisce deroga, né per effetto della natura dell’azione proposta dal correntista, né avuto riguardo al principio di vicinanza della prova.
La giurisprudenza, anche della Suprema Corte, ha difatti affermato che incombe sul correntista-attore la prova non solo dell’avvenuto pagamento, ma anche «dell’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta» (mancanza di causa debendi) ovvero del successivo venir meno di questa.
In base al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità “nella domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, perciò, sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che io giustifichi (ovvero il venir meno di questa), prova che può essere fornita dimostrando l’esistenza di un fatto [positivo] contrario, o anche mediante presunzioni“. (Cass. 13 novembre 2003, n. 1146; Cass. 10 novembre 2010, n. 22872); anche mediante testimoni (Cass. 9 agosto 2010, n. 18483). Questo principio generale vale anche nel caso in cui non si assume che l’intero pagamento è indebito, ma solo una parte, per cui si agisce in ripetizione solo per l’eccedenza. Infatti, si è ritenuto che “poiché l’inesistenza della causa debendi – parziale, se l’obbligo è esistente in minor misura – è un elemento costitutivo (unitamente all’avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo, la relativa prova – mediante fatti positivi contrari, o anche presuntivi – incombe all’attore” (Cass. 13 febbraio 1998, n. 1557)” (Cass., 7501/2012).
Pertanto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2967, primo comma, c.c. incombe sul correntista-attore che agisce per l’accertamento negativo del debito e in ripetizione dell’indebito, l’onere di allegare e provare i fatti posti a base della domanda: l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l’applicazione delle stesse avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti.
Il correntista, quindi, deve fornire la prova non solo delle dedotte nullità delle clausole contrattuali dalla cui applicazione sarebbe derivata l’illegittima annotazione di poste a debito indebitamente corrisposte, ma anche del reale saldo del conto in contestazione una volta espunti gli importi illegittimamente addebitati.
A tal fine, sono indispensabili sia i contratti le cui clausole sono state impugnate sia gli estratti contro trimestrali in cui sono riportate in ordine cronologico le annotazioni attive e passive su cui effettuare un’eventuale consulenza tecnica volta a ricostruire l’andamento del rapporto.
Nel caso in esame, in cui la Banca convenuta ha dato seguito soltanto alla richiesta di consegna della documentazione contrattuale, avanzata dagli odierni attori ai sensi dell’art. 119 TUB prima dell’introduzione del presente giudizio, ma non anche a quella avente ad oggetto gli estratti conto trimestrali, anche a scalare, formulata con l’atto di citazione, trova applicazione il principio giurisprudenziale in tema di prove secondo il quale “non può supplirsi all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda con la richiesta alla controparte di esibizione di documenti, integrando, tra l’altro, l’inosservanza all’ordine di esibizione, quando concesso, un comportamento liberamente valutabile dal giudice di merito, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. civ.” (ex plurimis, Cass. n. 20104/2009).
L’onere probatorio a carico dell’attore/creditore non può essere invertito a carico della Banca convenuta nemmeno in applicazione del principio di prossimità o di vicinanza della prova.
Tale principio, difatti, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della ripartizione dell’onere della prova secondo il principio tuttora vigente, che impone (incumbit) un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti, ma esige l’impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata proprio dall’obbligo richiamato dall’art. 117 TUB, secondo cui, in materia bancaria, “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti”. (Cass., n. 6511/2016.).
Nella fattispecie in esame, la mancata contestazione dell’invio degli estratti conto trimestrali, la circostanza che il correntista avesse la forma giuridica una società in nome collettivo, in quanto tale obbligata ad una corretta tenuta delle scritture contabili civili e fiscali, rende ancora meno credibile il fatto che fosse in possesso soltanto dei conti a scalare e non anche degli estratti conto trimestrali.
Ai fini dell’accoglimento della domanda, neppure può tenersi conto dei calcoli effettuati dal consulente tecnico di parte attrice sulla base di una documentazione incompleta, mancante proprio degli estratti conto trimestrali necessari per verificare data, ammontare e causale di ciascuna annotazione in dare e in avere, nonché gli importi sui quali sono stati applicati gli interessi, le commissioni e le spese qui contestate.
La perizia di parte, infatti, costituisce una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo, e non può, quindi, essere oggetto di consulenza tecnica d’ufficio (così Cass. 6 agosto 2015 n. 16552; conf. Cass. S.U. 3 giugno 2013 n. 13902), né può essere posto a base della presente decisione, fondandosi su criteri non attendibili in quanto elaborati in assenza della documentazione contabile necessaria, ovvero gli estratti conto trimestrali.
La mancata produzione degli estratti contro trimestrali ha finanche impedito che venisse disposta apposita consulenza tecnica contabile volta a ricostruire l’esatto dare e avere del rapporto bancario in contestazione e a rideterminare il saldo finale. Ciò attesta e conferma la correttezza della valutazione negativa espressa dal Giudice istruttore circa la sussistenza delle condizioni per disporre la C.T.U. contabile richiesta da parte attrice, posto che, in mancanza della documentazione probatoria necessaria per esperire la consulenza tecnica contabile, tale indagine avrebbe avuto natura meramente esplorativa.
Alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, neppure può essere accolta la richiesta attorea di rimessione della causa sul ruolo istruttorio per espletare la consulenza tecnica d’ufficio, previo ordine di esibizione degli estratti conto trimestrali a carico della Banca convenuta.
Attesa l’evidenziata impossibilità di ricostruire il corretto andamento ed il saldo finale del rapporto di conto corrente in contestazione, rimangono assorbite le questioni pregiudiziali della eventuale nullità delle clausole negoziali impugnate e dell’eventuale superamento del tasso soglia antiusura di cui alla Legge n. 108/1996 all’epoca della pattuizione degli interessi.
In conclusione, le contestazioni di parte attrice circa l’illegittimo svolgimento del rapporto di conto corrente poggiano esclusivamente su argomentazioni giuridiche prive di specifico e analitico supporto fattuale e probatorio; esse, pertanto, non sono sufficienti ai fini dell’accoglimento delle domande attoree di accertamento negativo del debito e di ripetizione dell’indebito.
Le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri indicati dal D.M. n. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta le domande proposte da SOCIETA’ CORRENTISTA E FIDEIUSSORI nei confronti BANCA, con riferimento al contratto di conto corrente n. omissis;
2) condanna gli attori, in solido tra di loro, alla rifusione delle spese processuali in favore di parte convenuta, che liquida in complessivi € 2.900,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA.
Così deciso in Roma il 23.10.2017
IL GIUDICE
Dott. Fausto Basile
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