Segnalata dall’Avv. Gianluigi Passarelli del Foro di Santa Maria Capua Vetere
Nel giudizio promosso dalla curatela fallimentare per l’accertamento e/o ripetizione delle somme illegittimamente addebitate sul conto corrente, la Banca non potrà essere condannata alla restituzione delle predette somme qualora dal saldo delle posizioni dare/avere emerge comunque un diritto di credito in capo all’Istituto creditizio, tale azione rientra nella fattispecie di indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., per cui quest’ultima necessita, ai fini della sua integrazione del fatto che l’accipiens, abbia effettivamente goduto di un arricchimento della propria sfera giuridica mediante il pagamento privo di giustificazione causale posto in essere da un diverso soggetto, il solvens.
In ipotesi di usura sopravvenuta in caso di applicazione di interessi convenzionali, in origine validamente pattuiti, ma rivelatisi usurari nel corso del rapporto perché in alcuni trimestri superiori al saggio soglia deve procedersi all’applicazione del principio sancito dall’art. 1815, II co. c.c. – introdotto dall’art. 4 legge 108/1996 – alcun interesse deve corrispondersi in riferimento ai trimestri nei quali vi è stato lo sconfinamento.
La violazione delle norme imperative, quale è l’art. 644 c.p., produce l’illiceità in ambito civile e quindi l’inefficacia del tasso convenzionale, nel trimestre in cui si verifica il superamento del saggio soglia, in linea con la ratio dell’art. 1815, co. II. c.p.c. nel sancire che qualora vengano pattuiti degli interessi di natura usuraria, non viene applicato nessun interesse.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Giudice Edmondo Cacace con la sentenza n. 2899 del 03.10.2017.
Nella fattispecie processuale esaminata la curatela fallimentare conveniva in giudizio una Banca e sui presupposti della precedente stipula di un contratto di conto corrente tra l’Istituto creditizio e la tra le parti, quando la fallita era ancora in bonis, si doleva della presunta illegittimità degli interessi convenzionali applicati al rapporto, nonché dell’applicazione della c.m.s. non pattuita fra le parti.
In particolare, il fallimento chiedeva tanto l’accertamento dell’indebito comportamento della creditrice convenuta quanto la condanna di quest’ultima alla ripetizione delle somme indebitamente percepite.
Si costituiva in giudizio la Banca, evidenziando, da un lato, la piena regolarità delle proprie condotte ed eccependo, nel merito, il corretto conteggio degli interessi applicati, ritenuti giammai superiori al TSU, e di conseguenze l’infondatezza di ogni avverso assunto.
Il Giudicante, previa nomina CTU ha rilevato che dalle diverse rielaborazioni del saldo del conto corrente è emersa la sussistenza di una residua posizione debitoria in capo alla società poi fallita a cui è stato ricondotto pertanto, un diritto di credito pecuniario in capo alla banca convenuta, ragion per cui ha ritenuto infondata la domanda di condanna al pagamento formulata dal fallimento, spiegando, nel merito, che pur essendosi effettivamente verificati degli indebiti addebiti in conto corrente posti in essere ad opera della Banca, non sussiste alcun diritto di credito a favore del fallimento.
Sul punto, il Tribunale ha precisato, inoltre, che malgrado l’effettiva annotazione nell’estratto del conto corrente di alcune voci indebite, la perduranza anche a seguito dei ricalcoli posti in essere dal C.T.U di una esposizione debitoria in capo al correntista ha impedito di ravvisare una indebita locupletazione a vantaggio della Banca, che non ha in realtà posto in essere un indebito accrescimento della propria sfera giuridica, spiegando, infatti, che configurandosi la domanda di pagamento proposta dalla procedura attrice nella fattispecie dell’indebito oggettivo positivizzata ex art. 2033 c.c. tale azione necessita, ai fini della sua integrazione del fatto che l’accipiens, abbia effettivamente goduto di un arricchimento della propria sfera giuridica mediante il pagamento privo di giustificazione causale posto in essere da un diverso soggetto, il solvens.
In riferimento alla presunta usurarietà degli interessi eccepita dal fallimento, il Giudice ha rilevato sussistente l’asserita usurarietà per alcuni trimestri, successivamente il Giudicante, ha esposto, brevemente le diverse tesi in riferimento all’usura sopravvenuta, ed ha ritenuto, in considerazione dell’assenza di giurisprudenza uniforme circa la disciplina giuridica da applicare in ipotesi di usura sopravvenuta, e peraltro, circa la modalità di rielaborazione del saldo del c.c. conformi all’ordinamento giuridico, di dover aderire, tra le altre, alla cd. tesi di matrice sanzionatoria, secondo cui in caso di applicazione di interessi convenzionali, in origine validamente pattuiti, ma rivelatisi usurari nel corso del rapporto perché in alcuni trimestri superiori al saggio soglia debba procedersi all’applicazione del principio sancito dall’art. 1815 II co. c.c. — introdotto dall’art. 4 legge 108/1996 — e non corrispondere alcun interesse in riferimento ai trimestri nei quali vi è stato lo sconfinamento.
Il Tribunale, infatti, ha spiegato che tale tesi è preferibile rispetto alle altre, in primo luogo, poiché in linea con il principio generale in materia di invalidità negoziale secondo cui la violazione delle norme imperative, quale è l’art. 644 c.p., produce l’illiceità in ambito civile e quindi l’inefficacia del tasso convenzionale, nel trimestre in cui si verifica il superamento del saggio soglia, in coerenza, inoltre, con il principio enunciato dall’art. 1815 II co. c.c. nel sancire che qualora vengano pattuiti degli interessi di natura usuraria, non viene applicato nessun interesse.
Infine, ed in tal senso, il Giudicante ha precisato che allorché la suindicata disposizione sia stata dettata per la disciplina del contratto di mutuo, è suscettibile di applicazione analogica (analogia legis e non analogia iuris) al contratto di conto corrente bancario
Alla luce delle suesposte argomentazioni il Tribunale, stante l’esistenza di un credito in favore della Banca, seppur inferiore a quello riportato negli estratti conto, ha rigettato la domanda di ripetizione indebito della curatela fallimentare, compensando tra le parti le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
OPPOSIZIONE DECRETO INGIUNTIVO: IL SALDO ZERO NON SI APPLICA ALLA DOMANDA DI RIPETIZIONE DI INDEBITO
L’OPPONENTE CHE PROPONE DOMANDA RICONVENZIONALE DEVE PRODURRE L’ESTRATTO CONTO DALL’INIZIO DEL RAPPORTO
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. De Chiara – Rel. Acierno | 11.01.2017 | n.500
USURA SOPRAVVENUTA: RILEVA UNICAMENTE IL MOMENTO DELLA PATTUIZIONE
VALIDI I TASSI DIVENUTI SUCCESSIVAMENTE USURAI
Sentenza | Corte di Cassazione civile, Sezioni Unite, Pres. Rordorf – Rel. De Chiara | 19.10.2017 | n.24675
USURA SOPRAVVENUTA: IL CONTRASTO TRA LE DIVERSE OPZIONI INTERPRETATIVE, RIMESSO ALLE SEZIONI UNITE
QUALI SONO GLI EFFETTI SUI RAPPORTI SORTI ANTE LEGEM 108/96?
Ordinanza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Giancola – Rel. Acierno | 31.01.2017 | n.2484
USURA BANCARIA: ALL’USURA SOPRAVVENUTA NON SI APPLICA L’ART. 1815, SECONDO COMMA, C.C.
NEL CONTRATTO DI MUTUO SONO DOVUTI GLI INTERESSI SOLO PER LA PARTE CHE NON ECCEDE IL TASSO SOGLIA ANTI USURA
Sentenza | Tribunale di Taranto, Dott. Martino Casavola | 25.06.2013 | n.1359
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