L’ammissione al passivo deve ritenersi avere valore ricognitivo del debito, da parte del Curatore e del Giudice Delegato al fallimento della società. La mancata impugnazione dell’ammissione al passivo fa sì che essa assuma valore di giudicato.
Il giudizio di ripetizione di indebito proposto dalla fallita in bonis diventa inammissibile per cui non può essere riassunto dalla curatela per effetto della ammissione al passivo fallimentare della Banca, determinando la cessazione della materia del contendere.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Tommaso Marvasi, con la sentenza n. 18978 del 05/10/2018.
La vicenda ha riguardato una società e il suo fideiussore della fallita che hanno convenuto in giudizio un istituto di credito dolendosi dell’applicazione di interessi e altre voci di costo indebiti e interessi usurai ai contratti con la stessa stipulati.
Pertanto, gli attori hanno chiesto la restituzione delle somme indebitamente percepite dall’istituto di credito.
La Banca, nel costituirsi in giudizio, ha opposto di aver applicato le condizioni concordate nonché la genericità delle doglianze attoree chiedendone il rigetto.
Il giudizio è stato interrotto dalla dichiarazione di fallimento della società attrice ed è stato riassunto dal Fallimento della Srl con ricorso depositato il 17.1.2017.
All’udienza del 30 maggio 2017 la Banca ha eccepito l’estinzione del giudizio per tardività della riassunzione e comunque la cessata materia del contendere per essere stato il suo credito ammesso allo stato passivo del fallimento.
Il Giudice, chiamato a dirimere la controversia, ha rappresentato che nelle more del giudizio, la Banca ha presentato domanda di ammissione al passivo per il credito oggetto del contendere ed ha ottenuto il parere favorevole del Curatore. Lo stato passivo è stato depositato con decreto di esecutorietà del 30.11.2016 e non è stato impugnato.
L’ammissione al passivo deve ritenersi avere valore ricognitivo del debito, da parte del Curatore e del Giudice Delegato al fallimento della società. L’ammissione al passivo non è stata impugnata, per cui ha valore di giudicato.
Il Tribunale, pertanto, ha ritenuto non possibile che il medesimo Fallimento che ha riconosciuto la sussistenza del credito a favore della banca, ammettendola al passivo, lo abbia contestato in diversa sede.
Invero, il Fallimento avrebbe semplicemente potuto e dovuto non ammettere il credito al proprio stato passivo, se aveva ragione di contestarlo.
A fronte dell’intervenuto giudicato dell’ammissione del credito allo stato passivo, il Giudice non ha ritenuto ammissibile l’ulteriore contestazione.
Il Giudice ha, altresì, specificato che l’attrice non ha specificamente dedotto le ragioni per cui gli interessi e le altre somme chieste dalla Banca siano da considerare usurai oppure comunque indebiti così da non consentire alcuna effettiva verifica.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il giudicante ha concluso per il rigetto della domanda perché inammissibile, con conseguente condanna del fallimento al pagamento delle spese di causa.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AMMISSIONE AL PASSIVO: IN MANCANZA DI SPECIFICA CONTESTAZIONE, IL C/C PUÒ ESSERE DIMOSTRATO DAGLI ESTRATTI CONTO
PUR SE ESTRANEA AL RAPPORTO TRA BANCA E CORRENTISTA FALLITO, LA CURATELA NON È ESONERATA DALL’ONERE DI CONTESTAZIONE
Decreto | Tribunale di Bari, Pres. Rel. Giuseppe Rana | 02.04.2015 | n.1944
AMMISSIONE AL PASSIVO: LA PROVA DELL’IPOTECA DEVE ESSERE DIMOSTRATA DAL CREDITORE
L’AMMISSIONE IN VIA PRIVILEGIATA È INDIPENDENTE DALLA VERIFICABILITÀ DELL’IPOTECA SUI REGISTRI IMMOBILIARI
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Prima, Pres. Forte – Rel Di Amato | 03.12.2014 | n.25583
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