Segnalato dall’avv. Roberto Rusciano di Napoli
Non è onere della Banca provare la natura solutoria delle rimesse dimostrando che il conto non era affidato, perché, per il principio di vicinanza della prova, il cliente può effettivamente avere nella propria disponibilità il documento contrattuale che provi la concessione di credito.
In tema di ripetizione di indebito la mancanza di forma scritta di un contratto di affidamento rende nullo il rapporto bancario, per cui in assenza di un valido contratto di affidamento, le rimesse destinate a ripianare un’esposizione debitoria del cliente in assenza di fido, devono considerarsi di natura solutoria.
Non integra una manifestazione di volontà idonea a sostituire le clausole pattuite fra le parti, con difformi clausole d’uso il comportamento tollerante della banca di consentire il superamento del limite del fido, posto che tale condotta può costituire l’esplicazione di una facoltà discrezionale esercitata dalla banca secondo le circostanze del caso concreto.
L’annotazione nel “libro di fidi” di una Banca degli estremi di un affidamento ancorchè trovi corrispondenza in una situazione caratterizzata dallo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati, non dimostra in sé la stipulazione, per fatti concludenti, di un contratto di apertura di credito in conto corrente.
Questi i principi espressi dalla Corte D’Appello di Milano, Pres. Santuosso – Rel. Bonaretti con la sentenza n.3776 del 30/08/2017.
Nella fattispecie in esame, una società conveniva in giudizio una Banca, ed eccependo l’illegittima applicazione di commissioni di massimo scoperto, nonché l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, in relazione alla stipula di alcuni contratti di conto correnti, chiedeva la rideterminazione del dare-avere, e a tal fine la restituzione di quanto illegittimamente percepito dall’Istituto creditizio.
Si costituiva in giudizio la Banca, e contestando la fondatezza delle avverse pretese, sosteneva che: I) la prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito; II) che il conto corrente oggetto di causa non era affidato, pertanto, tutte le rimesse su di esso effettuate avevano sempre natura solutoria.
Il Tribunale di prime cure, analizzando le risultanze della CTU ha ritenuto infondato quanto sostenuto dalla Banca convenuta, ritenendo che nell’impossibilità di ravvisare con ragionevole certezza l’esistenza di rimesse aventi natura solutoria il termine di prescrizione deve farsi decorrere dall’estinzione del rapporto, corroborando tali tesi sostenendo che la Banca avendo dato corso a lunghi periodi di tolleranza di saldi negativi aveva dimostrato mediante facta concludentia che vi fossero alla base del rapporto intrattenuti con la debitrice contratti di apercredito.
In virtù di tali considerazioni il Tribunale condannava la Banca alla restituzione delle somme trattenute, con condanna al pagamento delle spese di giudizio.
Avverso tale pronuncia promuoveva appello la Banca sostenendo: I) l’erroneità del rigetto dell’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione, precisando che il conto aveva avuto saldo positivo sino alla sua chiusura il termine di prescrizione decorreva dal momento del ritorno all’attivo del conto e non dalla sua chiusura; II) la violazione del principio dell’onere probatorio a carico della debitrice, laddove la stessa aveva prodotto gli estratti conto scalari piuttosto che quelli analitici; III) l’omessa pronuncia sulla richiesta di conversione della capitalizzazione trimestrale degli interessi in capitalizzazione semestrale o annuale.
La Corte, quanto all’asserita prescrizione ha ritenuto non condivisibile il ragionamento seguito dal Tribunale di primo grado circa la possibilità di configurare un affidamento di conto corrente ove manchi un contratto scritto ragionando nel senso che se è vero che l’art. 117, co.3 TUB impone la forma scritta per ogni rapporto bancario a pena di nullità, la mancanza di forma scritta dello stesso contratto di affidamento rende nullo il rapporto bancario, per cui in assenza di un valido contratto di affidamento, le rimesse destinate a ripianare un’esposizione debitoria del cliente in assenza di fido, devono considerarsi di natura solutoria.
Sul punto il Collegio, richiamando alcuni orientamenti giurisprudenziali, ha chiarito che non integra una manifestazione di volontà idonea a sostituire le clausole pattuite fra le parti, con difformi clausole d’uso il comportamento tollerante della banca di consentire il superamento del limite del fido, posto che tale condotta può costituire l’esplicazione di una facoltà discrezionale esercitata dalla banca secondo le circostanze del caso concreto.
Inoltre la Corte Suprema ha ulteriormente osservato che la stessa annotazione nel “libro di fidi” do una Banca degli estremi di un affidamento ancorché trovi corrispondenza in una situazione caratterizzata dallo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati, non dimostra in sé la stipulazione, per fatti concludenti, di un contratto di apertura di credito in conto corrente.
Alla luce delle suesposte considerazioni e dichiarate assorbite dall’accoglimento del suindicato motivo di ricorso le ulteriori questioni avanzate dalla Banca, la Corte accoglie l’appello promosso, riforma per intero la sentenza impugnata, condannando l’appellata alla restituzione delle somme indebitamente riscosse nonché al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO: SE IL CLIENTE NON PROVA L’AFFIDAMENTO LE RIMESSE SI INTENDONO SOLUTORIE
LA PRESCRIZIONE DECENNALE DECORRE DAL SINGOLO VERSAMENTO
Sentenza | Tribunale di Bari, dott. Savino Gambatesa | 21.05.2015 | n.2353
RIPETIZIONE INDEBITO: L’ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE FORMULATA DALLA BANCA È AMMISSIBILE ANCHE SE GENERICA
L’ISTITUTO DI CREDITO NON HA L’ONERE DI INDICARE LE SINGOLE RIMESSE PRESCRITTE
Ordinanza | Cassazione Civile, sez. sesta, Pres.Ragonesi,- Rel. Bisogni | 30.01.2017 | n.2308
RIPETIZIONE INDEBITO: in mancanza della prova dell’affidamento le rimesse si presumono solutorie
Il termine di prescrizione decennale decorre dalla data del versamento
Sentenza | Tribunale di Torino, dott.ssa Maurizia Giusta | 24.11.2014 |
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