ISSN 2385-1376
Testo massima
Con il contratto di conto corrente la banca si impegna unicamente ad offrire al cliente un servizio di cassa nell’utilizzo della provvista propria del cliente, ovvero a provvedere per conto del medesimo a pagamenti e riscossioni, e non a mettere a disposizione denaro in favore del correntista, per cui se il conto corrente è a debito e non è assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria della provvista deve generalmente essere esclusa, stante l’obbligo di restituzione di quanto utilizzato che fa capo al correntista.
Nelle azioni di ripetizione di indebito, la prova circa la sussistenza di un’apertura di credito incombe, per regola generale (art. 2697 cc), su chi intende far valere l’esistenza di tale contratto al fine di trarre le conseguenze a sé favorevoli e paralizzare così l’eccezione di prescrizione svolta dalla banca.
In mancanza della prova dell’affidamento, tutte le rimesse si presumono solutorie ed il termine di prescrizione decennale decorre dalla data del singolo versamento.
La presenza di saldi passivi negli estratti conto nonché di addebiti in conto spese per gestione fido non consentono di valutare l’ammontare e l’epoca degli affidamenti, in maniera tale da accertare se i versamenti fossero effettuati su conto passivo o su conto scoperto, in quanto recante un saldo passivo tale da risultare comunque eccedente i limiti dell’affidamento.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Bari, dott. Savino Gambatesa, con la sentenza n.2353 del 21 maggio 2015, resa nell’ambito del classico contenzioso cliente-banca in tema di ripetizione di somme addebitate in conto corrente.
Nella specie è stato proprio il cliente ad agire “in ripetizione” nei confronti della banca, al fine di sentir dichiarare l’illegittimità delle spese e competenze bancarie addebitate in conto, circostanza che incide profondamente sulla ripartizione dell’onere della prova.
Nel dettaglio, i fatti di causa possono essere così scadenzati:
CONTRATTO |
|
Accensione |
21.04.1993 |
Estinzione |
29.07.1996 |
Ultima rimessa |
17.05.1996 |
Notifica citazione |
08.07.2006 |
La banca, con la costituzione in giudizio, ha eccepito la prescrizione del diritto del correntista ad agire in ripetizione dell'(asserito) indebito, rilevando come il termine di prescrizione, decennale, dovesse farsi decorrere dalla data dell’ultima rimessa e non già dalla data dell’estinzione del conto, non avendo parte attorea dato prova del contratto e della relativa apertura di credito.
Il Tribunale ha accolto tale eccezione, ben precisando che grava su chi intende agire in giudizio l’onere di fornire la prova dell’esistenza dell’apertura di credito in conto corrente, in quanto è proprio la sussistenza di un “affidamento” a determinare la natura solutoria o ripristinatoria delle c.d. rimesse (qualificazione dalla quale discendono diverse conseguenze in materia di prescrizione, dal momento che per ormai consolidata giurisprudenza di legittimità ove le rimesse siano eseguite in costanza di affidamento e nei limiti del fido concesso, la prescrizione dell’azione di ripetizione deve farsi decorrere dalla data di chiusura del conto).
La sentenza ha così delimitato, correttamente, la ripartizione dell’onere della prova, non potendo quest’ultimo essere indiscriminatamente posto a carico della banca in violazione dell’art. 2697 c.c., chiarendo altresì le importanti conseguenze in tema di prescrizione, per cui:
a) spetta alla parte che agisce in giudizio dare prova della sussistenza di un’apertura di credito in conto corrente al momento dell’effettuazione del versamento;
b) ove venga dedotto e provato che il conto corrente è assistito da apertura di credito, i versamenti effettuati non costituiscono “pagamento” se non al momento della chiusura del rapporto, allorquando il correntista restituisca alla banca gli importi utilizzati, per cui la prescrizione decennale decorre dalla chiusura del rapporto;
c) se non viene dedotto e provato che il conto corrente è assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria deve essere generalmente esclusa;
d) il difetto di prova dell’esistenza di affidamenti comporta che tutte le rimesse avvenute nel decennio anteriore alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio abbiano carattere solutorio, per cui la cui prescrizione decennale decorre dal momento del singolo versamento.
La giurisprudenza sul punto è fortemente consolidata.
A tal riguardo si segnalano per approfondimenti le seguenti pronunce, già oggetto di commento su questa Rivista:
ANATOCISMO E INTERESSI. L’IRRIPETIBILITA’ DELLE RIMESSE “RIPRISTINATORIE”: PROBLEMATICHE APPLICATIVE
– l’azione di ripetizione non può che riguardare rimesse solutorie (“. . . la ripetizione con conseguenziale condanna alla restituzione può essere chiesta solo con riferimento a rimesse solutorie. Quindi o ci sono rimesse solutorie e la società potrebbe chiedere la restituzione dei pagamenti (solutori) effettuati; oppure non vi sono rimesse solutorie, ma allora la correntista non avrebbe alcun pagamento di cui chiedere la restituzione”: così Tribunale di Padova);
– in presenza di conto corrente aperto alla data della domanda, salva la dimostrazione della ricorrenza di rimesse solutorie , non può esperirsi azione ripetitoria (“. . . . parte attrice non ha provato di aver pagato gli importi indicati nell’atto di citazione: il conto corrente, infatti, ancora acceso alla data della notificazione dell’atto di citazione risultava affidato. . . . L’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., nel caso di conto aperto, può essere proposta soltanto nel caso in cui vi siano state delle operazioni solutorie extrafido, operazioni che parte attrice non ha richiesto di provare e che, comunque, dall’analisi effettuata dal CTU, non risultano essere state effettuate”; così Tribunale di Treviso);
– dopo la chiusura del conto, restando indimostrata la ricorrenza di rimesse solutorie, l’unica azione ripetitoria esperibile è quella avente ad oggetto l’eventuale pagamento del saldo finale (“Quanto alle precedenti rimesse difetta in atti alcun principio di prova del loro carattere solutorio: la stessa consulenza tecnica di parte. . . . . non contiene in alcun modo una specifica allegazione, né tantomeno uno specifico principio di prova, circa la natura solutoria anziché ripristinatoria delle rimesse che emergono dagli estratti conto. . . . Tale impostazione della consulenza induce a ritenere che l’unica rimessa a cui l’azione di ripetizione di indebito si riferisce sia appunto quella finale”: così Tribunale di Siena 7/7/2014).
RIPETIZIONE INDEBITO: SPETTA ALL’ATTORE PROVARE L’ECCEDENZA DEL PAGAMENTO
Spetta a colui che agisce per la ripetizione dell’indebito fornire la prova dell’eccedenza del pagamento. Chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell’accipiens l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta.
In caso di ricognizione del debito il creditore è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria
RIPETIZIONE INDEBITO: è onere del cliente produrre il contratto
Nel caso di domanda di accertamento negativo, a differenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava a carico del cliente attore l’onere di produrre il contratto di conto corrente, al fine di dimostrare l’illegittimità dei tassi applicati.
RIPETIZIONE INDEBITO: grava sul cliente attore l’onere di produrre i contratti di conto corrente
In tema di azione di ripetizione di indebito bancario, incombe sul cliente-attore l’onere di produrre i documenti contrattuali relativi al rapporto di conto corrente contestato, al fine di provare la mancanza e/o nullità di talune pattuizioni.
L’inosservanza dell’ordine di esibizione dei contratti impartito alla banca è sì argomento di prova, liberamente valutabile dal giudice, ma non vale, di per sé, a fornire la prova e/o l’ammissione del fatto che le clausole contrattuali contestate ed oggetto dell’azione di nullità avessero il contenuto indicato dall’attore.
INDEBITO BANCARIO: L’ONERE DI PROVARE L’EFFETTUAZIONE DI RIMESSE SOLUTORIE GRAVA SUL CORRENTISTA ATTORE
Requisito essenziale dell’azione di ripetizione dell’indebito è l’esistenza di un pagamento, che nei rapporti tra banca e cliente deve essere identificato in una rimessa solutoria.
Nelle ipotesi in cui il correntista agisca a titolo di ripetizione di indebito nei confronti della propria Banca, su di lui cadrà l’onere di allegare e provare gli elementi costitutivi dell’azione promossa, sia, pertanto, la mancanza della “causa debendi”, sia il pagamento indebito.
RIPETIZIONE INDEBITO: la mancata produzione del contratto di c/c su cui si fonda la pretesa restituzione determina il rigetto della domanda.
Ai fini dell’accertamento e della declaratoria di nullità della clausola relativa alla capitalizzazione di contratti bancari, dell’applicazione di interessi superiori al tasso soglia e della commissione di massimo scoperto, in difetto della produzione dei contratti di conto corrente, la domanda di restituzione non può trovare accoglimento per difetto della prova.
RIPETIZIONE INDEBITO: SE IL CONTO CORRENTE È A DEBITO LE RIMESSE HANNO NATURA SOLUTORIA
La prescrizione dell’azione decorre dalla data delle singole operazioni
Se la prova circa la sussistenza tra le parti di un contratto di apertura di credito non è fornita i versamenti effettuati da parte del correntista nel corso del rapporto non potranno che essere considerati pagamenti, con conseguente decorrenza del termine prescrizionale dell’azione di ripetizione di indebito dalla data delle singole operazioni.
Se il conto corrente è a debito e non è assistito da apertura di credito la natura ripristinatoria della provvista deve generalmente essere esclusa, stante l’obbligo di restituzione di quanto utilizzato che fa capo al correntista.
La prova circa la sussistenza di un’apertura di credito incombe, per regola generale (art. 2697 c.c.), su chi intende far valere l’esistenza di tale contratto, al fine di trarne le conseguenze a sé favorevoli e paralizzare così l’eccezione di prescrizione svolta.
RIPETIZIONE INDEBITO: IN MANCANZA DELLA PROVA DELL’AFFIDAMENTO LE RIMESSE SI PRESUMONO SOLUTORIE
Il termine di prescrizione decennale decorre dalla data del versamento
In difetto di prova che il conto sia “affidato”, tutte le rimesse, avvenute nel decennio anteriore alla notificazione dell’atto introduttivo, si presumono “solutorie” e si prescrivono in dieci anni dalla data dell’addebito integrante pagamento
AZIONE DI RIPETIZIONE: LA PRESCRIZIONE DECORRE DALLA DATA DEI SINGOLI VERSAMENTI IN CONTO CORRENTE
Se la prova circa la sussistenza tra le parti di un contratto di apertura di credito non è fornita i versamenti effettuati da parte del correntista nel corso del rapporto non potranno che essere considerati pagamenti, con conseguente decorrenza del termine prescrizionale dell’azione di ripetizione di indebito dalla data delle singole operazioni.
Se il conto corrente è a debito e non è assistito da apertura di credito la natura ripristinatoria della provvista deve generalmente essere esclusa, stante l’obbligo di restituzione di quanto utilizzato che fa capo al correntista.
La prova circa la sussistenza di un’apertura di credito incombe, per regola generale (art. 2697 c.c.), su chi intende far valere l’esistenza di tale contratto, al fine di trarne le conseguenze a sé favorevoli e paralizzare così l’eccezione di prescrizione svolta.
BANCHE: L’AZIONE DI RIPETIZIONE INDEBITO, MERAMENTE “ESPLORATIVA”, È INAMMISSIBILE
La mancata produzione del contratto di conto corrente bancario e degli estratti conto, l’omessa indicazione della data di apertura del conto corrente unitamente alla mancata articolazione dei mezzi istruttori comportano l’inammissibilità della domanda dal correntista per la restituzione degli interessi anatocistici asseritamente addebitati sul conto corrente per mancato assolvimento dell’onere della prova
Testo del provvedimento
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 271/2015
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