Il sistema normativo predisposto dalla L. 21 febbraio 1991, n. 52, artt. 5 e 7, c.d. legge factoring, con riguardo alle cessioni di “crediti futuri” che rispondano a tutti i requisiti e alle condizioni indicati negli artt. 1, 2 e 3 della Legge medesima, risulta basato sull’anteriorità di data certa del “pagamento del corrispettivo della cessione” al fallimento, salva comunque la prova, da parte del curatore, della scientia decoctionis del factor al tempo dell’avvenuto pagamento.
Questi sono i principi di diritto statuiti dalla Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Vivaldi – Rel. Fiecconi, con la sentenza n. 3784 del 15.02.2021.
La Corte ha osservato come la norma di cui all’art. 7 Legge 21 febbraio 1991, n. 52 – Disciplina della cessione dei crediti di impresa, rubricato Fallimento del cedente, pone solamente un limite alla regola della opponibilità della cessione al fallimento della cedente mediante prova del pagamento del corrispettivo, posto che a questo non deve accompagnarsi la scientia decoctionis da parte del factor.
Epperò, il richiamo all’art. 7, valido per una più ristretta fattispecie, non vale a mutare il criterio generale fissato nell’art. 5, che non ha escluso che le cessioni dei crediti di impresa possano continuare ad essere opponibili al fallimento con le stesse modalità previste dal codice civile, anche ove manchi la prova del pagamento del corrispettivo.
La Corte evidenzia come si è pure d’accordo, in dottrina, sulla ratio sottesa a questi nuovi istituti. La quale si ravvisa, generalmente, nell’intenzione del legislatore di favorire gli interessi del cessionario, sia agevolandogli l’esercizio dell’attività di finanziamento del cedente mediante la previsione della cedibilità di crediti anche futuri in massa, prima molto discussa; sia accordandogli la possibilità di ricollegare l’opponibilità delle cessioni al pagamento del corrispettivo di data certa, ossia ad un fatto interno alla fattispecie della cessione coincidente con la monetizzazione dei crediti ceduti; sia, infine, consentendogli di ottenere l’opponibilità della cessione per l’intero importo dei crediti ceduti, pagando soltanto una parte del corrispettivo.
Pertanto, al di là della specifica ipotesi regolata dall’art. 7, ove viene in considerazione, ai fini della inopponibilità, la malizia del factor al tempo del pagamento del corrispettivo, più in generale, nell’ambito della cessione in massa di crediti d’impresa, attuali o futuri, la legge sul factoring indica in maniera del tutto distinta due modalità alternative di perfezionamento della cessione ai fini della sua opponibilità ai terzi, che possono esprimersi o, ex art. 5, 1°comma con la dimostrazione del pagamento, anche solo parziale, del trasferimento di un credito esistente o futuro o, ex art. 5, 2° comma, con la dimostrazione della notifica o accettazione del trasferimento alla parte debitrice, secondo la disciplina generale ex artt. 1264-1265 cod. civ..
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEASING: gli interessi finanziari pattuiti sono inglobati nel canone
Non si applica la disciplina di cui all’art. 1284 cod. civ.
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Daniela Gaetano | 22.12.2018 | n.24553
Anche la inopponibilità ex art. 7 Legge 52/1991 richiede la prova della conoscenza dello stato di insolvenza
Sentenza | Tribunale di Napoli, dott. Angelo Del Franco | 23.06.2014 | n.9397/2014
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