ISSN 2385-1376
Testo massima
Testo della massima
La comunicazione della Banca d’Italia del 7 febbraio 2014 precisa che le esposizioni debitorie di imprese ammesse alla procedura di concordato preventivo in bianco o a quella di concordato preventivo con continuità aziendale vengano segnalate alla Centrale rischi come “incagliate”, salvo che non sussistano elementi obbiettivi nuovi che inducano gli intermediari, nella loro responsabile autonomia, a classificare le esposizioni come “in sofferenza”. Può, pertanto, affermarsi che l’integrazione della domanda di concordato preventivo in bianco o con continuità aziendale, laddove l’impresa medesima ammetta apertamente l’esistenza di uno stato di crisi, costituisca quell’elemento obbiettivo nuovo che legittima gli intermediari bancari a classificare il debitore nell’ambito delle sofferenze.
LA QUESTIONE DI FATTO
L’ordinanza in esame trae origine dal reclamo proposto avverso il rigetto del ricorso ex art. 700 c.p.c., con cui la società ricorrente chiedeva, in sede cautelare, che gli istituti di credito resistenti revocassero le loro illegittime (a suo asserire) segnalazioni “a sofferenza” delle sue esposizioni debitorie, rivolte alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.
Infatti la società reclamante, ricalcando le considerazioni già proposte in prima istanza, si duole delle segnalazioni “a sofferenza” in quanto successive alla sua domanda di concordato preventivo con continuità aziendale e, quindi, effettuate in violazione delle disposizioni segnaletiche dettate dalla stessa Banca d’Italia, che consentono, in questi casi, le sole segnalazioni “ad incaglio”.
LA QUESTIONE DI DIRITTO
Nell’affrontare la questione, la Prima Sezione Civile del Tribunale di Monza in composizione collegiale (Pres. Modignani – Rel. Mariconda), con l’ordinanza de qua del 22 dicembre 2014, svolge un’accurata ricostruzione delle disposizioni richiamate, al fine di individuarne gli ambiti applicativi.
Anzitutto, a parere del Collegio, giova rammentare le Istruzioni per gli Intermediari creditizi della Banca d’Italia, evidenziando che «la segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi da parte degli istituti di credito presuppone che il debitore versi in una situazione di sostanziale insolvenza, ancorché non giudizialmente accertata, mentre l’incaglio coincide con una temporanea situazione di obiettiva difficoltà suscettibile di essere rimossa in un congruo periodo di tempo». Con argomento a contrario si deduce, quindi, che il concetto di “sofferenza” va ricondotto ad una situazione di difficoltà economica che non appaia meramente temporanea (caratteristica che giustifica la segnalazione “ad incaglio”), sebbene non necessariamente irreversibile.
Ciò premesso, è possibile addivenire al fulcro della questione: le disposizioni segnaletiche in ambito di concordato preventivo in bianco o con continuità aziendale dettate dalla Banca d’Italia con la Comunicazione del 7 febbraio 2014.
Dalla lettura di queste emerge che la procedura di concordato preventivo in bianco (ex art. 161, VI comma, L. fall.) e quella con continuità aziendale (ex art. 186-bis L. fall.), essendo per lo più volte al risanamento economico del debitore che vi accede, giustificano la sola segnalazione “ad incaglio” e non anche quella “a sofferenza”. Tuttavia vi è una clausola di salvezza nelle disposizioni che risulta dirimente nel caso di specie: la Banca d’Italia precisa che tali esposizioni vanno segnalate come incagliate, «salvo che non sussistano elementi obiettivi nuovi che inducano gli intermediari, nella loro responsabile autonomia, a classificare le esposizioni in sofferenza».
Nel caso di specie, tali “elementi obbiettivi nuovi” emergono dall’integrazione della domanda di concordato preventivo depositata al Tribunale fallimentare dalla società reclamante, nella quale vi è la sua sostanziale ammissione di versare non in un periodo di mera crisi di liquidità (che giustificherebbe la sola segnalazione ad incaglio) bensì in un vero e proprio stato di insolvenza, che viene peraltro successivamente dimostrato dalle condizioni del concordato cui si addiviene: il credito delle banche viene ridotto del 70% circa ed il pagamento dilazionato in oltre tre anni dal provvedimento di omologa del Tribunale fallimentare, che, comunque, conferma apertis verbis lo stato di insolvenza della società.
Non vi è dubbio, quindi, circa la legittimità delle segnalazioni a sofferenza operate dagli istituti di credito, essendo queste posteriori all’integrazione dell’istanza concordataria che si configura come quel quid novi che li induce ad una differente (e peggiore) classificazione delle esposizioni della società debitrice.
IL DISPOSITIVO
Per le ragioni fin qui esposte, il Tribunale Collegiale di Monza, confermando il provvedimento del giudice di prime cure, rigetta il reclamo proposto dalla società e la condanna al pagamento delle spese processuali.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 97/2014