Ai sensi del Reg. UE 848/2015, in caso di insolvenza transfrontaliera, il trasferimento della sede in altro Stato membro è considerato fittizio qualora non vi sia effettivamente esercitata l’attività economica, direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa. La competenza a dichiarare l’insolvenza si radica in capo al giudice dello Stato in cui si trova l’effettivo centro di interessi.
E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Pres. Manna- Rel. Terrusi nella ordinanza del 20.04.2021 n. 10356.
Nel caso di specie, una società dichiarata fallita presentava un reclamo ex art. 18 L.F., lamentando l’errata individuazione della giurisdizione italiana, in violazione dell’art. 9 L.F. e dell’art. 3 del Reg. 1346/2000, a causa del trasferimento della sede legale in altro Stato membro e la conseguente cancellazione della società dal registro delle imprese.
La Corte d’Appello respingeva il reclamo e, pertanto, la società proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ribadiva, in tale sede, l’orientamento secondo cui la competenza a dichiarare l’insolvenza si radica, ex art. 3 Reg. 848/2015, nei confronti del giudice dello Stato membro in cui sia localizzato il maggiore centro di interessi.
Nel caso in cui – prima della apertura della procedura fallimentare- la società abbia trasferito all’estero la propria sede legale, tale trasferimento deve ritenersi fittizio, se nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica, direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa
La disciplina di riferimento deve essere ricondotta al Reg. 848/2015, applicabile dal giugno 2017.
Il Reg. 848/2015 (che ha sostituito ed abrogato il Reg. 1346/2000) ha esplicitato la definizione di COMI-concetto giuridico che utilizzato per ripartire la giurisdizione in caso di insolvenza transfrontaliera-inserendo all’art. 3 un inciso conforme a quanto già accennato nel Considerando 13 del Reg. 1346/2000 e in linea con l’interpretazione della Corte di Giustizia.
Ai sensi della disposizione de qua, è competente ad aprire la procedura di insolvenza il giudice dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore ovverosia il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi.
Vige, inoltre, una presunzione di coincidenza tra il COMI e la sede legale, ad eccezione del caso in cui essa sia stata trasferita in uno Stato membro nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura di insolvenza.
La Corte, nell’esaminare il caso sottoposto alla sua attenzione, ha preso atto del trasferimento della sede un anno prima della presentazione dell’istanza di fallimento e, quindi, in un periodo precedente rispetto a quello ritenuto sospetto.
Ciononostante, ha ricordato che l’operatività della presunzione viene meno qualora nella nuova sede non sia esercitata in maniera effettiva l’attività economica e, nella stessa, non sia stato spostato il centro dell’attività dell’impresa. In questo caso, il trasferimento deve considerarsi fittizio.
L’avvenuta cancellazione della società dal Registro delle Imprese -su cui insisteva la ricorrente- nell’ipotesi in cui sia avvenuta quale conseguenza di un trasferimento all’estero della sede legale, il successivo accertamento della fittizietà del trasferimento non è precluso dalla circostanza che non sia preventivamente intervenuto, alla stregua dell’art. 2191 c.c., alcun provvedimento di segno opposto alla cancellazione.
Per fornire la prova contraria a quanto risulti dalla pubblicità legale relativa all’impresa, non è necessario ottenere preventivamente dal Giudice del registro una pronuncia che ripristini, anche dal punto di vista formale, la corrispondenza tra la realtà effettiva e quanto risulti dal registro.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
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