Segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
Gli intermediari autorizzati quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, tuttavia, qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
L’ordine contenente la specifica sottoscrizione dell’avvertimento della BANCA circa l’inadeguatezza dell’operazione soddisfa i requisiti richiesti dalla legge e costituisce elemento sufficiente per ritenere provata la correttezza, diligenza e trasparenza della banca nella sua attività di intermediazione in strumenti finanziari.
L’onere probatorio gravante sull’intermediario finanziario in ordine alle informazioni somministrate all’investitore è commisurato alla deduzione di inadempimento formulata da quest’ultimo, in sede di contestazione della lite e di successiva precisazione-modificazione del thema decidendum e probandum, è onere dell’investitore indicare le informazioni che assuma di non aver ricevuto ed onere della BANCA provare di averle, invece, fornite.
Questi i principi espressi dalla Corte d’Appello dell’Aquila, Pres. Fabrizio – Rel. Crimini, con la sentenza n. 209 del 14.02.2017
Nel caso di specie un CLIENTE conveniva in giudizio una BANCA chiedendo la risoluzione del contratto di acquisto di titoli obbligazionari, contestandone la nullità per violazione degli obblighi di informazione attivi e passivi, ed avanzando, altresì, domanda di risarcimento del danno sia per responsabilità contrattuale che extracontrattuale.
Si costituiva in giudizio la BANCA chiedendo il rigetto delle domande avanzate dall’attore, fornendo prova documentale delle sottoscrizioni dei titoli di acquisto delle obbligazioni, dell’autorizzazione a comprare – malgrado si trattasse di operazioni in conflitto di interesse -, e del rifiuto del CLIENTE di fornire notizie sul proprio profilo di investitore.
Il giudice di prime cure dichiarava infondate le censure sollevate dal ricorrente non ritenendo sussistenti le manchevolezze informative da questi lamentate, posto che l’ordine prodotto in giudizio dalla convenuta risultava idoneo a soddisfare i requisiti richiesti dalla legge circa la prova della diligenza e la trasparenza dell’istituto di credito in qualità di intermediario finanziario.
Avverso il rigetto promuoveva appello il CLIENTE, asserendo l’erronea interpretazione della normativa di settore, contestando, altresì, la sufficienza delle dichiarazioni rese dalla BANCA circa il profilo di rischio dell’investimento, nonché l’erronea applicazione dell’art. 23 TUF, in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio.
In merito alla sufficienza delle dichiarazioni rese dall’istituto di credito, il collegio ha ritenuto che la violazione delle norme di informazione non si traduce in una causa di invalidità del contratto, potendo al più, qualora accertata, integrare solamente un’ipotesi di inadempimento contrattuale, precisando, poi, che i titoli obbligazionari presentavano al momento della negoziazione alto rendimento, e che non potevano, quindi, essere considerati ad alto rischio di insolvenza.
Nello specifico, in conformità con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la Corte ha precisato che in tema di intermediazione finanziaria, la sottoscrizione, da parte del CLIENTE, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998, posto che gli intermediari autorizzati quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, tuttavia qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Relativamente alle contestazioni concernenti l’onere probatorio, i giudicanti hanno stabilito che pur gravando sulla BANCA l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di aver specificamente reso le informazioni necessarie all’individuazione del profilo di rischio rientra, nondimeno, nell’onere probatorio del CLIENTE indicare le informazioni che assume di non aver ricevuto.
Alla luce delle ragioni suesposte il Collegio respingeva l’appello promosso dal CLIENTE condannandolo al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda ai seguenti articoli pubblicati in rivista:
STRUMENTI FINANZIARI: IL CLIENTE DEVE PROVARE L’INADEMPIMENTO DELL’INTERMEDIARIO
LA SOTTOSCRIZIONE DELL’AVVISO DI NON ADEGUATEZZA ESONERA L’INTERMEDIARIO DALLA RESPONSABILITÀ PER LE PERDITE
Sentenza | Corte di Appello di Salerno, Pres. Ferrante | 20.05.2016 | n.273
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI INFORMATIVI DELL’INTERMEDIARIO FINANZIARIO – ONERE DELLA PROVA
NON È SUFFICIENTE AFFERMARE LA MANCANZA DI PROVA DELLA NEGLIGENZA O INADEMPIMENTO DELL’INTERMEDIARIO MA OCCORRE ACCERTARE LA SUSSISTENZA DELLA PROVA POSTIVA DI TALE DILIGENZA E DELL’EFFETTIVO ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI POSTE A SUO CARICO
Sentenza | Cassazione civile, sezione prima | 19.10.2012 | n.18039
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