ISSN 2385-1376
Testo massima
In materia di opposizione a decreto ingiuntivo, nel caso di sentenza non definitiva di accoglimento parziale dell’opposizione e di revoca del decreto, resta ferma, ai sensi dell’art. 653, comma secondo, cpc, la conservazione degli atti di esecuzione già compiuti in forza dell’originaria esecutività del decreto, atti nei quali rientra anche l’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 655 cpc, nei limiti della somma o della quantità ridotta, quali risulteranno dalla sentenza definitiva.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione terza, con la sentenza n.21840 del 24.09.2013, chiamata a pronunciarsi in merito agli effetti della sentenza non definitiva, emessa in fase di cognizione, che revochi il decreto ingiuntivo opposto.
Sulla base di tale decreto ingiuntivo, infatti, una banca creditrice procedeva all’iscrizione di ipoteca giudiziale su un bene di proprietà del debitore. Il Tribunale, sulla scorta appunto di tale sentenza non definitiva, accoglieva l’opposizione all’esecuzione del terzo acquirente, nel frattempo subentrato, dichiarando la nullità del precetto e del pignoramento. Secondo il giudice di primo grado, infatti, la sentenza non definitiva aveva fatto venir meno l’iscrizione ipotecaria, comportando, quindi, la perdita di efficacia di ogni atto espropriativo.
Avverso tale decisione l’istituto di credito proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la sopravvenuta sentenza definitiva di accoglimento parziale dell’opposizione avrebbe solo in parte modificato la portata del titolo, riformando il credito in termini di consistenza, e che però, l’iscrizione ipotecale avrebbe conservato piena efficacia.
Con la decisione in esame, la Corte ha ribadito il già consolidato principio contenuto nella sentenza a Sezioni Unite 7 luglio 1993 n. 7448, per il quale “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza – e non a quello anteriore della domanda o dell’emissione del provvedimento opposto -, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, una eccezione di pagamento formulata dall’opponente (che è gravato dal relativo onere probatorio), con l’atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo al momento dell’emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito all’originario decreto ingiuntivo“.
La Corte ha ribadito, infatti, che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio a cognizione ordinaria, che ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, e che occorre verificare, dunque, ai fini dell’accoglimento della domanda di condanna del debitore, la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto e le condizioni dell’azione. L’inesistenza, anche solo parziale di tali presupposti, continuano gli Ermellini, impone la revoca integrale del procedimento monitorio.
I Giudici di legittimità, hanno affrontato, perciò, la questione relativa alla sorte dell’iscrizione ipotecaria nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si sia avuta una sentenza non definitiva contenente la revoca del decreto ingiuntivo, seguita da una sentenza definitiva di condanna del debitore al pagamento di una somma inferiore a quella del decreto ingiuntivo.
La Corte ha deciso per l’applicabilità del disposto di cui all’art. 653, secondo comma, c.p.c. secondo il quale sono fatti salvi gli atti di esecuzione già compiuti sulla base del decreto revocato, poi sostituito da sentenza di riforma. Tale norma è valida anche nel caso di iscrizione di ipoteca giudiziale, considerando che per “atti di esecuzione già compiuti” devono intendersi tutti i possibili effetti dell’esecutività del decreto ingiuntivo stesso.
Alla luce di tali considerazioni, e al fine di tutelare il creditore, il Supremo Collegio ha accolto il ricorso condannando il resistente al pagamento delle spese di giudizio.
Sulla qualificazione del giudizio di opposizione quale giudizio che ha ad oggetto l’accertamento della pretesa creditoria, si veda:
Il debitore può far valere l’inefficacia con il rimedio ordinario dell’opposizione. In mancanza, il decreto diventa definitivo.
Articolo giuridico | 03-02-2014
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2920/2008 proposto da:
BANCA SOC. COOP. (OMISSIS), in persona del proprio Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, Rag. V.F., elettivamente domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS)unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS)giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
D.G., elettivamente domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 170/2007 del TRIBUNALE di COMO, depositata il 07/02/2007 R.G.N. 5316/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 7 febbraio 2007, il Tribunale di Como ha accolto l’opposizione all’esecuzione proposta da D.G. nel corso del processo esecutivo immobiliare intrapreso nei suoi confronti ex art. 602 c.p.c. e segg., quale acquirente di bene ipotecato, dalla Banca soc. coop. a r.l.; ha dichiarato inefficace l’iscrizione ipotecaria in favore dell’istituto di credito ed insussistente il diritto di quest’ultimo di agire esecutivamente nei confronti dell’opponente; ha condannato l’opposta al pagamento delle spese di lite.
Il Tribunale ha ritenuto che la sentenza non definitiva del Tribunale di Monza del 2 aprile 2002 n. 1070, con cui era stato revocato il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale, sulla base del quale era stata iscritta, in data 16 aprile 1997, ipoteca sul bene all’epoca di proprietà della debitrice D.M. (acquistato da D.G. con atto del 26 giugno 2002), aveva privato di effetti l’iscrizione ipotecaria in favore della Banca soc. coop. a r.l.. In particolare, il Tribunale ha considerato irrilevante che la sentenza di revoca del decreto ingiuntivo fosse una sentenza non definitiva, che era stata seguita dalla sentenza definitiva n. 3187 del 18 novembre 2003, con la quale l’opposizione a decreto ingiuntivo era stata accolta solo in parte, reputando che la dichiarazione di revoca del decreto ingiuntivo contenuta nella sentenza non definitiva avesse fatto venire meno il titolo su cui si fondava la garanzia reale ed avesse perciò comportato la perdita di efficacia di quest’ultima.
Pertanto, secondo il Tribunale, erano da reputarsi nulli il precetto ed il pignoramento eseguiti dall’istituto di credito nei confronti del terzo acquirente del bene ipotecato, cui l’ipoteca non era opponibile, malgrado la mancata cancellazione.
2.- Avverso la sentenza la Banca soc. coop. propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. D.G. si difende con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Col PRIMO MOTIVO di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere il Tribunale di Como considerato il disposto dell’art. 653 c.p.c., comma 2, così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità. Ed invero, secondo la ricorrente, nel caso di specie, si sarebbe verificata un’ipotesi di accoglimento parziale dell’opposizione a decreto ingiuntivo e, quindi, in applicazione della norma appena richiamata, l’ipoteca giudiziale iscritta in base al decreto ingiuntivo, pur revocato, avrebbe conservato i suoi effetti, essendo la relativa iscrizione equiparabile ad un atto esecutivo ai sensi e per gli effetti del menzionato art. 653 c.p.c., comma 2, quest’ultimo riguardo la ricorrente richiama diversi precedenti di questa Corte che sarebbero espressione di un indirizzo consolidato nel senso che per “atti di esecuzione già compiuti” devono intendersi non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell’esecutività del decreto ingiuntivo, e dunque anche l’ipoteca giudiziale, attesa la ratio della disposizione, volta a mantenere integra la posizione del creditore.
1.1.- Nè siffatta interpretazione potrebbe venire meno, a parere della ricorrente, per il solo fatto che nel caso di specie si siano avute due pronunce nel primo grado di giudizio, delle quali una, non definitiva, con cui è stato revocato il decreto ingiuntivo, ma sono stati altresì rigettati quattro dei sei motivi di opposizione a decreto ingiuntivo (nullità del contratto/illegittimità del recesso/mancata compensazione dei titoli dati in pegno/mancato sconto degli effetti cambiari) e l’altra, definitiva, con cui, in accoglimento dei restanti due (mancata pattuizione degli interessi ed illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi ad opera della banca), è stato rideterminato il credito della banca nei confronti dell’originaria debitrice, D.M., dante causa dell’esecutato D.G.. Infatti, se la disciplina fosse interpretata nel senso di ritenere applicabile l’art. 653 c.p.c., comma 2, solo nell’ipotesi di accoglimento parziale dell’opposizione a decreto ingiuntivo resa con un’unica sentenza, secondo la ricorrente, si avrebbe un’interpretazione in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., perchè il creditore, comunque vittorioso, sarebbe assoggettato – in forza di una scelta discrezionale del giudicante – ad un diverso regime circa gli effetti di salvaguardia degli atti di esecuzione già compiuti.
1.3.- Il resistente obietta che il motivo ed il relativo quesito di diritto, che sono fondati sull’assunto che si sarebbe avuto un accoglimento parziale dell’opposizione a decreto ingiuntivo, non terrebbero conto del fatto che, nel caso di specie, l’accoglimento dell’opposizione da parte del Tribunale di Monza sarebbe stata “totale perchè il decreto ingiuntivo opposto è stato revocato con la sentenza n. 1070/02”.
2.- Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto. In fatto, non è contestato che la vicenda processuale si sia svolta come riassunta nella sentenza impugnata e nel ricorso, secondo la seguente cronologia: emissione di decreto ingiuntivo in favore dell’istituto di credito e contro la debitrice originaria D.M.;
iscrizione d’ipoteca giudiziale nei confronti di quest’ultima;
sentenza non definitiva n. 1070/02 con cui è stato revocato il decreto ingiuntivo, ma sono stati rigettati quattro dei sei motivi di opposizione, disponendo la prosecuzione del giudizio per la rideterminazione della somma dovuta all’istituto di credito, in accoglimento dei due motivi concernenti il calcolo degli interessi;
sentenza definitiva n. 3187/03, con cui è stato rideterminato il credito della banca e la D. è stata condannata (in solido con tale R.G.) al pagamento della somma di Euro 255.243,03, oltre interessi dalla data di emissione del decreto al saldo.
2.1.- In diritto, è noto che il risalente contrasto sulla sorte del decreto ingiuntivo in caso di riconoscimento soltanto parziale del credito, con questo azionato, con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. (nonchè nel caso affine di pagamento, totale o parziale, in corso di causa) è stato risolto dalla sentenza a Sezioni Unite 7 luglio 1993 n. 7448, che ha affermato il principio, oramai consolidato, per il quale “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza – e non a quello anteriore della domanda o dell’emissione del provvedimento opposto -, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, una eccezione di pagamento formulata dall’opponente (che è gravato dal relativo onere probatorio), con l’atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo al momento dell’emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito all’originario decreto ingiuntivo” (che ha trovato numerose conferme, tra cui Cass. n. 3984/03, n. 1657/04, n. 6514/07, n. 24258/10, tra le più recenti).
L’affermazione del principio consegue alla ricostruzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo come ordinario giudizio di cognizione che ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicchè è al momento della decisione di questo giudizio che occorre avere riguardo per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore.
Pertanto, la riscontrata insussistenza, anche parziale, di siffatti presupposti, che, pur non escludendo il debito dell’originario ingiunto, comporti l’impossibilità di confermarne la condanna nell’importo indicato nel decreto ingiuntivo, impone sempre e comunque la revoca integrale del monitorio, a prescindere dalla fondatezza o meno di quest’ultimo nel momento in cui venne emesso.
Restano così superati gli argomenti difensivi spesi nel controricorso, che sembrano presupporre che la revoca integrale del decreto ingiuntivo, quale si è avuta nel caso di specie, sia incompatibile con l’accoglimento parziale dell’opposizione.
2.2.- Dato allora per scontato che l’accoglimento, anche soltanto parziale, dell’opposizione a decreto ingiuntivo comporta sempre la revoca totale del monitorio, è indiscutibile che, nel caso di specie, la sentenza non definitiva abbia accolto solo in parte l’opposizione a decreto ingiuntivo (avendo rigettato i primi quattro motivi sull’an debeatur) e che siffatto accoglimento parziale sia stato consacrato nella sentenza definitiva che ha condannato la D..
Va perciò affrontata la questione, posta immediatamente dal ricorso e dall’impugnata sentenza, della sorte dell’iscrizione ipotecaria effettuata in forza del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, successivamente revocato, prendendo le mosse dal caso più frequente nell’ipotesi dell’accoglimento parziale, che è quello della sentenza che, contestualmente alla revoca, abbia condannato il debitore ingiunto nei limiti della somma riconosciuta come ancora dovuta.
La norma di riferimento non può che essere quella dell’art. 653 c.p.c., comma 2, che fa espressamente salvi gli effetti degli “atti di esecuzione già compiuti in base al decreto… nei limiti della somma o della quantità ridotta”, pur se nulla dice dell’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 2818 c.c., e art. 655 c.p.c..
L’interpretazione risalente e pressochè univoca di questa Corte è comunque nel senso che la disposizione si applichi anche all’iscrizione ipotecaria, dovendo questa comprendersi nell’ampia accezione di “atti esecutivi compiuti”, sia per essere l’ipoteca uno dei possibili effetti dell’esecutività del decreto sia perchè identica è la ratio di mantenere integra, nei limiti della somma riconosciuta come dovuta, la posizione del creditore (già Cass. n. 1158/66, n. 3954/69, n. 249/70, n. 4169/89, n. 10945/91).
Non vi è ragione alcuna per discostarsi da tale consolidato indirizzo interpretativo. Pertanto, va ribadito il principio per il quale, con riguardo all’accoglimento parziale dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nel concetto di atti di esecuzione (già compiuti in base al decreto), dei quali l’art. 653 c.p.c., comma 2, prevede la conservazione degli effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta, rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell’esecutività del decreto, e, dunque, anche l’ipoteca iscritta sulla base dell’esecutività del decreto stesso, attesa la ratio della disposizione citata, tesa a mantenere integra, nei limiti del credito ridotto, la posizione e la protezione del creditore (così, più recentemente, Cass. n. 14234/03 e n. 6935/04).
2.3.- Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Como, l’orientamento interpretativo qui confermato non trova smentita nel precedente costituito da Cass. n. 5007/97 (secondo cui nell’ipotesi in cui l’opposizione a decreto ingiuntivo venga totalmente accolta per l’inesigibilità del credito al momento della sua emissione, con conseguente declaratoria di nullità e revoca del decreto, questo perde ogni efficacia, onde risultano invalidi tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti, ivi compresa l’iscrizione ipotecaria della quale deve pertanto ordinarsi la cancellazione, restando esclusa la possibilità di conservarne gli effetti anche quando, per la sopravvenuta cessazione della causa di inesigibilità la domanda sia egualmente accolta nel merito con la sentenza che definisce il giudizio, atteso che la conservazione degli effetti degli atti esecutivi, nei limiti della somma ridotta, è prevista dall’art. 653, comma secondo, cod. proc. civ. – con disposizione non estensibile oltre il caso in essa considerato, costituendo deroga al principio della radicale caducazione degli effetti dell’atto dichiarato nullo o revocato – nel solo caso in cui l’opposizione è accolta solo in parte, senza che al riguardo si pongano dubbi di costituzionalità sotto il profilo degli artt. 3 e 24 Cost., stante la non omogeneità delle situazioni poste a raffronto), richiamata nella sentenza impugnata. Il precedente in parola è relativo all’ipotesi – diversa dal caso in esame – in cui il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sia stato annullato all’esito del giudizio di opposizione perchè si è ivi accertato, in base ad una valutazione ex ante, che era stato emesso in difetto di uno dei presupposti richiesti dalla legge per la concessione del monitorio, specificamente del requisito di esigibilità del credito. Si tratta di indirizzo che trova riscontro in altri precedenti di questa Corte (tra i quali, Cass. n. 2552/97, n. 12318/97, n. 24746/06) e che è coerente con la disciplina applicabile in tutte le ipotesi in cui il decreto ingiuntivo venga meno con efficacia ex tunc per insussistenza dei presupposti generali o speciali di ammissibilità (si vedano, per le conseguenze dell’annullamento del decreto ingiuntivo emesso da giudice incompetente, tra le altre, Cass. n. 9626/04 e Cass. n. 19491/05).
Orbene, a differenza dell’ipotesi sopra considerata (sub 2.2.) – nella quale si ha la revoca del decreto per il pagamento sopravvenuto in corso di causa ovvero per il riconoscimento soltanto parziale del credito azionato, sì che l’accoglimento (parziale) dell’opposizione è di merito – le pronunce da ultimo richiamate (ed in specie quella sulla quale il Tribunale di Como ha erroneamente fondato la decisione) sono relative ad ipotesi di dichiarazione di nullità originaria del decreto, vale a dire ad ipotesi di accoglimento in rito.
Ai fini della caducazione o meno degli atti esecutivi già compiuti (compresa in questi l’iscrizione d’ipoteca giudiziale), va tenuta distinta l’ipotesi in cui l’opposizione a decreto ingiuntivo sia stata accolta per ragioni di rito, che abbiano comportato la revoca o l’annullamento del decreto ingiuntivo, perchè emesso in difetto dei presupposti generali o speciali di ammissibilità, dall’ipotesi in cui l’opposizione sia stata accolta per ragioni di merito, che abbiano comportato la revoca del decreto, per il riconoscimento – spontaneo da parte del debitore o conseguente all’accertamento giudiziale – soltanto parziale del credito azionato: sebbene in entrambe le ipotesi si possa pervenire ad una sentenza che, pur accogliendo (parzialmente) l’opposizione, condanna l’originario ingiunto-debitore al pagamento del credito riconosciuto come esistente, in tutto o in parte, soltanto nella seconda si producono gli effetti dell’art. 653 c.p.c., comma 2; nella prima, invece, l’annullamento o la revoca del decreto per ragioni di rito comportano il venir meno degli effetti degli atti di esecuzione già compiuti, perchè ab origine non sorretti da un valido titolo esecutivo (cfr. Cass. n. 5192/99).
2.4- La massima della sentenza da ultimo menzionata è nel senso che “anche da una sentenza parziale che disponga la revoca del decreto ingiuntivo per ragioni di rito e la prosecuzione del giudizio ai soli fini dell’accertamento delle ragioni creditorie fatte valere con la domanda contenuta nel ricorso monitorio, consegue – senza che si renda necessario attendere il passaggio in giudicato in senso formale della sentenza – la caducazione degli atti di esecuzione già compiuti in conseguenza della originaria esecutività del decreto”.
Per evitare fraintendimenti è bene sottolineare che essa è espressione e conseguenza della distinzione sopra operata tra annullamento del decreto per ragioni di rito e revoca del decreto per ragioni di merito e non deve affatto essere intesa come espressione del diverso principio, che pare sotteso alla sentenza impugnata, secondo il quale l’art. 653 c.p.c., comma 2, non potrebbe operare nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si sia avuta una sentenza non definitiva contenente la revoca del decreto ingiuntivo seguita da una sentenza definitiva di condanna del debitore al pagamento di una somma inferiore a quella del decreto ingiuntivo.
Il precedente costituito da Cass. n. 5192/99 è riferito ad un caso in cui il decreto ingiuntivo non risultava regolarmente notificato e quindi, con sentenza non definitiva, era stato “revocato” con efficacia ex tunc. La sentenza non definitiva n. 1070/02 del Tribunale di Monza, pronunciata nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente tra l’istituto di credito odierno ricorrente e l’originaria debitrice D.M., ha, sì, revocato il decreto ingiuntivo, ma soltanto per ragioni di merito. Detta sentenza ha, come detto, rigettato i principali quattro motivi di opposizione ed ha disposto la prosecuzione del giudizio per la (ri)liquidazione del credito della banca, comunque ritenuto sussistente nell’an e da calcolare nel quantum, in conseguenza dell’accoglimento dei motivi concernenti la misura degli interessi. Va perciò confermata la sussunzione del caso di specie nella previsione dell’art. 653 c.p.c., comma 2, atteso che già con la sentenza non definitiva l’opposizione era stata “accolta solo in parte”. La peculiarità del differimento, rispetto alla revoca del decreto ingiuntivo, della formazione del (nuovo) titolo esecutivo – che, nel caso di specie, non è la sentenza con la quale il decreto è stato revocato, ma la sentenza definitiva che vi ha fatto seguito – non elide l’operatività della norma per la quale “gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti…”. Si ha soltanto che, fermi restando i detti effetti, la misura della loro conservazione (“… nei limiti della somma o della quantità ridotta”) verrà ad essere determinata soltanto all’esito del giudizio, con la pronuncia della sentenza definitiva.
In conclusione, va affermato il principio di diritto per il quale, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, anche nel caso di sentenza non definitiva di accoglimento parziale dell’opposizione e di revoca del decreto, con prosecuzione del giudizio ai fini dell’accertamento dell’entità del credito oggetto della domanda contenuta nel ricorso monitorio, consegue, ai sensi dell’art. 653 c.p.c., comma 2, la conservazione degli atti di esecuzione già compiuti in forza dell’originaria esecutività del decreto (nei quali rientra anche l’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 655 c.p.c.), nei limiti della somma o della quantità ridotta, quali risulteranno dalla sentenza definitiva.
La sentenza impugnata va perciò cassata. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, relativo a vizi di motivazione. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione proposta da D.G. con ricorso depositato l’11 agosto 2004.
3.- Ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, avendo il Tribunale equivocato sui precedenti di questa Corte.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione all’esecuzione proposta da D.G. con ricorso depositato l’11 agosto 2004;
compensa le spese del giudizio di merito; condanna il resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida complessivamente in Euro 12.200,00, di cui Euro 700,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2013
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