L’iscrizione ipotecaria sui beni facente parte del fondo patrimoniale non è vietata e l’onere della prova dell’estraneità ai bisogni familiari spetta al debitore.
Il danno da illegittima iscrizione ipotecaria non può essere in re ipsa ma deve essere provato.
Questi i principi espressi dalla Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Acierno, con la sentenza n.11029 del 27/05/2016.
Nel caso di specie, una Banca proponeva ricorso per decreto ingiuntivo in ordine a crediti vantati nei confronti di una correntista, relativi ad un saldo passivo di conto corrente, ad effetti accreditati salvo buon fine, tornati insoluti, ed ad un residuo mutuo chirografario.
L’ingiunta, in sede di opposizione, deduceva la nullità della pattuizione relativa agli interessi anatocistici e l’ingiustificata segnalazione alla Centrale Rischi eseguita da altro istituto bancario nonchè il mancato accreditamento di un bonifico. In via riconvenzionale, inoltre, richiedeva il risarcimento dei danni per illegittima iscrizione d’ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale.
Il giudice di primo grado rigettava l’opposizione, rilevando che:
– le questioni relative al rapporto dell’opponente con altra banca erano estranee al giudizio, non potendo accertarsi la fondatezza della segnalazione alla Centrale Rischi eseguita da terzi;
– la capitalizzazione degli interessi passivi era legittima in quanto successiva all’entrata in vigore della delibera CICR del 09/02/2000 e rispettosa del requisito della medesima cadenza temporale degli interessi attivi;
– l’usurarietà dei tassi d’interesse passivo era stata dedotta in una memoria dichiarata inammissibile già dal giudice istruttore in quanto depositata (unitamente alla consulenza di parte nella quale si dava atto del superamento del tasso soglia) nel termine ex art. 183, comma 5, ratione temporis applicabile, senza che l’altra parte si fosse avvalsa della facoltà di dedurre;
– in ordine alla domanda riconvenzionale risarcitoria veniva affermato che non sussiste il divieto d’iscrivere ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale e che, in mancanza della cancellazione d’ipoteca, la domanda doveva ritenersi carente d’interesse.
La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, in particolare sulla base delle seguenti affermazioni:
– era stata rilevata l’inammissibilità della censura riguardo all’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale per carenza d’interesse, non essendo stata richiesta preventivamente la cancellazione d’ipoteca;
– era stato affermato che l’iscrizione d’ipoteca sui beni costituiti in fondo patrimoniale non è vietata;
– alcuni beni sui quali era iscritta ipoteca non erano costituiti in fondo patrimoniale, ed il vincolo ai bisogni della famiglia non deve essere inteso in senso restrittivo, includendovi le più ampie e varie esigenze dirette al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonchè al potenziamento delle capacità lavorative dei componenti con esclusione solo delle esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti speculativi;
– l’onere della prova dell’estraneità ai bisogni familiari spetta al debitore;
– il danno da illegittima iscrizione ipotecaria non può essere in re ipsa ma deve essere provato.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione il correntista, a cui resisteva l’istituto bancario.
In particolare, nel primo e secondo motivo, veniva dedotta l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria sui beni facenti parte del fondo patrimoniale con violazione degli artt. 167 e 170 c.c., oltre al vizio di motivazione in ordine all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale nessuna norma vieta l’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale. Il vincolo di destinazione renderebbe, invece, la costituzione del fondo patrimoniale opponibile ai terzi ex art. 162 c.c., comma 3. Nella specie, i crediti garantiti erano relativi a conti correnti bancari serventi l’attività imprenditoriale della correntista.
La Suprema Corte ha ritenuto la censura inammissibile, dal momento che non colpisce tutte le rationes decidendi contenute nella sentenza impugnata in ordine al profilo della validità/legittimità dell’iscrizione ipotecaria di beni facenti parte del fondo patrimoniale sui quali era stata iscritta ipoteca, ed in particolare quella relativa alla nozione ampia della destinazione ai bisogni familiari secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 13622 del 2010), all’interno della quale sono da includere i proventi delle attività lavorative.
Nella specie, come sottolineato dalla Corte d’Appello, era la stessa parte ricorrente a precisare che il saldo passivo del conto corrente (o dei conti correnti) in ordine al quale era stata iscritta ipoteca giudiziale era strumentale alla sua attività imprenditoriale.
Ne deriva la diretta attinenza alla destinazione ai bisogni familiari e la sua aggredibilità da parte della banca creditrice.
Anche la ratio relativa al non assolvimento dell’onus probandi incombente sul debitore in ordine all’estraneità del credito di terzi alla predetta destinazione ai bisogni familiari, era rimasta del tutto priva di censura.
In conclusione la Corte ha respinto il ricorso, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti i materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
PER I CREDITI DERIVANTI DA FATTO ILLECITO E’ SEMPRE POSSIBILE AGIRE IN EXECUTIVIS
Ordinanza | Tribunale di Como, dott. Alessandro Petronzi | 14.03.2016 | n.14782
SI TRATTA DI ATTO RIFERITO AD UNA PROCEDURA ALTERNATIVA ALL’ESECUZIONE FORZATA E NON DI ESPROPRIAZIONE IN SENSO STRETTO
Sentenza | Cassazione civile, sez. quinta, Pres. Greco – Rel. Iannello | 25.05.2016 | n.10794
FONDO PATRIMONIALE: AGGREDIBILE ANCHE PER DEBITI CONTRATTI NELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA
PUÒ ISCRIVERSI IPOTECA SU BENI DEL FONDO ALLE STESSE CONDIZIONI PER LE QUALI È POSSIBILE L’ESECUZIONE EX ART. 170 C.C.
Ordinanza Cassazione Civile, Sezione Sesta, Pres. Cicala – Rel. Perrino 24-02-2015 n.3738
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