ISSN 2385-1376
Testo massima
L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo.
Tuttavia dalla natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto, obbligo conserva la propria efficacia fino a quando non ne abbia ordinato la cancellazione.
Le Sezioni Unite impongono la necessità del contraddittorio preventivo col contribuente prima di procedere con la notifica dell’atto impositivo, pena l’illegittimità del medesimo.
Questi i principi chiave che si evincono dalla sentenza n. 19667 emessa dalle Sezioni unite della Corte di cassazione in data 18 settembre 2014, in materia di fisco, che ripristina il contraddittorio tra fisco e contribuente.
Una Sentenza che potrebbe definirsi “epocale” quella in commento, in quanto sancisce a caratteri cubitali un principio cardine dell’ordinamento tributario: ossia quello della totale illegittimità dell’atto impositivo, qualora il medesimo (di qualsiasi natura e specie esso sia) non sia preceduto dal contraddittorio col contribuente.
Quanto mai macroscopica appariva già la questione sottoposta al vaglio del Supremo Consesso, ossia se il contribuente avesse (o meno) il diritto ad essere preventivamente informato dell’iscrizione ipotecaria di un immobile di sua proprietà, per debiti erariali non saldati. A questo interrogativo, i giudici nomofilattici hanno risposto in maniera tranciante, ritenendo che l’obbligo di rendere partecipe il contribuente della potenziale richiesta tributaria è sempre esistito, finanche prima del DL Sviluppo del 2011, per cui l’ipoteca è da considerarsi nulla qualora l’agente della riscossione (leggasi Equitalia) non abbia comunicato l’iscrizione al contribuente. Ciò in forza non solo delle disposizioni legislative già esistenti e delle precedenti pronunce giurisprudenziali ma, ed in questo consiste la portata innovatrice della Sentenza in commento, anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa.
Ed invero, l’art. 21bis della L 241/90 prevede il generale obbligo di comunicazione dei provvedimenti che vadano ad incidere sensibilmente nella sfera giuridico-patrimoniale del cittadino. Del pari, e più nello specifico in campo tributario, l’articolo 6 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000), impone di informare il medesimo su tutti gli atti che lo possano riguardare.
Non solo, ma si aggiunga che già le Sezioni Unite si erano espresse, ed anche recentemente, in questi termini, ancorchè in riferimento ad ambiti maggiormente specifici. Si tenga in considerazione, al proposito, la Sent. SS.UU. 26635/09 relativa agli studi di settore; la Sent. SS.UU. 18184/2013 sull’accertamento anticipato, nonché da ultimo, la Sent. Sez. Trib. 15311/2014 sul controllo formale. Si aggiunga che il principio di effettività del contraddittorio preventivo, è stato recentissimamente espresso, oltrechè dalla giurisprudenza “nostrana”, altresì dalla Corte di Giustizia UE, con le cause riunite C-129/13 e C-130/13 del 3 luglio 2014. In questa occasione, i Giudici di Lussemburgo hanno riaffermato il diritto inalienabile del contribuente di essere sentito preventivamente all’emissione di un atto per lui pregiudizievole, con la conseguenza che se ciò non avvenga, il provvedimento sarà da considerarsi nullo.
Di questa pronuncia ne danno menzione i Giudici di Piazza Cavour in un passo della Sentenza in commento, affermando che “il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, bensì anche nell’art. 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione“.
E’ proprio mutuando questi principi espressi in sede comunitaria, che il Supremo Collegio sancisce (a circa un quindicennio dall’entrata in vigore dello Statuto del Contribuente), l’esistenza di un vero e proprio “diritto al contraddittorio”, da valorizzare nella fase precontenziosa o endoprocedimentale, il quale sarebbe “presiditato” dall’art. 24 Cost..
Detto principio, da intendersi come immanente nell’ordinamento, dovrà sempre essere applicato, addirittura (ed in questo si distingue la Sentenza rispetto alle precedenti) “anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa”. Dalla violazione del suddetto principio non può che conseguire, a parere delle Sezioni Unite, la nullità del relativo atto impositivo.
Si tratta dunque, a ben vedere, di una Sentenza quanto mai innovatrice nel panorama giuridico italiano, e dagli effetti dirompenti. Sovente infatti, le pretese tributarie avanzate dagli Uffici si sono rivelate infondate a seguito di contenzioso, per il solo fatto di non avere avuto un significativo confronto col contribuente interessato. Il tutto con evidente aggravio di spese per l’Amministrazione finanziaria e disguidi di non poco conto in campo al ricorrente.
Una sentenza dunque da plaudire a pieno, anche per mettere definitivamente la parola “fine” a quegli orientamenti giurisprudenziali di segno opposto. Primo fra tutti, quello (fortunatamente isolato) che ha considerato non applicabile il contraddittorio in materia di abuso del diritto, in quanto non espressamente previsto da una norma ad hoc, a differenza delle ipotesi di elusione codificata ex art. 37bis del DPR 600/73. Proprio in queste fattispecie non regolamentate, infatti, il preventivo contraddittorio col contribuente avrebbe portato, quanto meno, ad un ridimensionamento della pretesa impositiva.
Testo del provvedimento
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