Il principio secondo il quale gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi), non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l’atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, restando conseguentemente esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica.
Questo è il principio espresso dalla Suprema Corte, sez. I civ., Pres. Cristiano – Rel. Vella, con l’ordinanza n. 5985 del 04.03.2021.
Nel caso de quo la corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo col quale era stata eccepita la nullità della sentenza per difetto di assistenza tecnica del curatore, che aveva proposto istanza L. Fall., ex art. 147, comma 5, personalmente, rilevando: i) che l’istanza può essere presentata anche in proprio; ii) che l’eventuale difetto di rappresentanza, sanabile ai sensi dell’art. 182 c.p.c., era stato in effetti sanato in sede di reclamo.
Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione per più motivi, tra i quali è stata denunziata la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 6, 15 e 147, per “difetto di rappresentanza tecnica del curatore”, in quanto, essedo il procedimento per dichiarazione di fallimento in estensione L. Fall., ex art. 147, un procedimento con parti contrapposte in posizione antagoniste, la rappresentanza processuale tecnica è imprescindibile. Nel caso di specie, invece, il curatore aveva agito personalmente, con conseguente nullità della domanda e di tutti gli atti successivi, compresa la sentenza di fallimento, senza possibilità di sanatoria ex art. 182 c.p.c., come erroneamente affermato dalla Corte d’appello.
Gli ermellini hanno ritenuto fondato tale motivo, rappresentando che le questioni implicate sono due:
I) se il curatore che agisca ai sensi della L. Fall., art. 147, comma 4, debba necessariamente avvalersi del ministero di un difensore;
II) in caso positivo, se (ed in quali limiti) il fatto di non essersene avvalso è passibile di sanatoria ai sensi della L. Fall., art. 182, comma 2.
Invero, sotto il primo aspetto, in assenza di un’espressa disposizione di legge sulla necessità o meno della difesa tecnica, occorre considerare la natura del procedimento per dichiarazione del fallimento, cui quello in estensione L. Fall., ex art. 147, comma 4, fa espresso richiamo.
Orbene, pur essendo stato di recente precisato che il procedimento per la dichiarazione di fallimento – in ragione delle proprie specifiche caratteristiche improntate alla massima celerità e speditezza – non può essere assimilato in toto al rito ordinario di cognizione, dottrina e giurisprudenza, nel registrarne la rigorosa procedimentalizzazione convergono sulla qualificazione del procedimento “prefallimentare” come giudizio camerale a carattere contenzioso e a cognizione piena, in cui vengono assicurati il contraddittorio tra le parti, il diritto di difesa e l’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, essendo comunque residuati dei poteri d’accertamento ufficiosi del giudice.
Su queste basi deve quindi ritenersi applicabile la regola generale dettata dall’art. 82 c.p.c., comma 3, per cui, “salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla Corte di appello le parti devono stare in giudizio con il patrocino del procuratore“.
La Corte ha poi valutato se ed entro quali limiti possa operare la sanatoria ai sensi della L. Fall., art. 182, comma 2, nel testo novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, – a tenore del quale “Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione” – applicabile ai giudizi instaurati, come quello per cui è causa, successivamente alla sua entrata in vigore (4 luglio 2009).
Ad avviso del Collegio, la sanatoria prevista dall’art. 182 c.p.c., comma 2, presupponendo che l’atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto da un difensore, si applica nelle ipotesi di nullità, ma non di originaria inesistenza della procura; detta norma, infatti, nel consentire la sanatoria con effetti ex tunc in caso di invalidità della procura o quando questa sia mancante, presuppone che di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto dal difensore e non trova perciò, applicazione nella diversa fattispecie in cui l’atto processuale -come nel caso di specie il ricorso del curatore L. Fall., ex art. 147, commi 5 e 4 – sia stato redatto e proposto personalmente dalla parte. A ciò è sufficiente aggiungere che, a norma della L. Fall., art. 31, comma 3, “il curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento”.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, la Suprema corte, rilevata la nullità della “istanza” L. Fall., ex art. 147, comma 4, in quanto proposta personalmente dal curatore, ha cassato la decisione impugnata e decidendo, nel merito, ha conseguentemente revocato il fallimento della società e dei soci con spese compensate.
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