ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contribuente che abbia spontaneamente versato le sanzioni in misura ridotta, ex art. 16, D.Lgs. n. 472 del 1997, non può ripetere quanto pagato, in sede di impugnazione dell’avviso di rettifica per la parte relativa alle imposte.
La definizione agevolata delle sanzioni rappresenta, infatti, una facoltà concessa al contribuente per definire, con il versamento di una somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile come sanzione, l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario. Essa presenta i caratteri dell’oblazione, circostanza che ne esclude la ripetibilità.
Lo ha stabilito la quinta sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n.25493 del 13.11.2013, rigettando il ricorso di una società contribuente avverso la pronuncia della CTR dell’Emilia Romagna, che aveva stabilito l’irripetibilità delle somme versate a titolo di definizione agevolata delle sanzioni incluse in un avviso di rettifica.
LA VICENDA
Una srl, ricevuto un avviso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, relativo alla ripresa a tassazione di IVA, indebitamente ritenuta detraibile, provvedeva entro 60 giorni al pagamento spontaneo di un quarto della somma reclamata a titolo di sanzioni, avvalendosi della facoltà prevista dall’art.16 del D.Lgs.n.472 del 1997 (nella formulazione vigente ratione temporis)*.
Successivamente impugnava il detto avviso di rettifica innanzi alla CTP di Ferrara, deducendone l’illegittimità nel merito, anche relativamente alle sanzioni applicate, ed il Giudice accoglieva il ricorso.
All’esito di tale pronuncia, la contribuente attivava la procedura di condono ex L. n.289 del 2002, art.16. Parallelamente, l’Ufficio proponeva appello avverso la sentenza della CTP, che veniva poi dichiarato estinto dalla CTR.
La contribuente proponeva allora istanza di rimborso delle somme, a suo dire indebitamente, versate per una parte delle sanzioni, ma l’Agenzia delle Entrate rigettava tale richiesta, sulla scorta del principio di irripetibilità di quanto spontaneamente versato.
Avverso tale diniego la società ricorreva nuovamente alla CTP ed, ancora, in appello, alla CTR, ottenendo due pronunce sfavorevoli.
Il Giudice di secondo grado precisava che il pagamento della sanzione aveva estinto qualunque controversia sulla debenza delle somme. Inoltre la contribuente aveva omesso di impugnare il decreto di estinzione del primo giudizio di appello, per cui doveva ritenersi formato il giudicato sulla decisione (peraltro ad essa favorevole) della CTP e, per il principio del ne bis in idem, non poteva trovare accesso in un nuovo giudizio l’azione di ripetizione dell’indebito.
Onde il ricorso per cassazione da parte della soccombente, con la riproposizione delle medesime doglianze in punto di diritto.
LA DECISIONE DELLA CORTE
Motivo principale del rigetto delle censure di parte ricorrente è l’applicazione di principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’abrogato art.58, comma 4 del D.P.R. n.633 del 1972, sostituito proprio dagli artt.16 e 17 del D.Lgs. 472 del 1997, per cui «il versamento previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, integrando esercizio di una facoltà del contribuente, con pagamento di una percentuale della pena massima edittale senza alcun collegamento con la sanzione pecuniaria in concreto irrogata, presenta i connotati dell’oblazione o definizione agevolata, per prevenire od elidere ogni contesa sull’an ed il quantum della sanzione medesima e così si sottrae ad ogni possibilità di ripetizione, in conseguenza della non sindacabilità dei presupposti di detta irrogazione».
Quanto al condono, gli ermellini hanno avuto cura di precisare che questo «pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento ordinario».
Scevra di vizi è, pertanto, la sentenza della CTR emiliana. L’acquiescenza prestata dal contribuente con il versamento delle sanzioni in misura ridotta osta alla praticabilità di qualsivoglia azione di ripetizione delle stesse.
(*) sul punto va segnalato che l’art. 16 del D.Lgs.n.472/1997 è stato oggetto di ripetute modifiche. Da ultimo, la legge 13 dicembre 2010, n. 220, all’art.1, comma 20, lettera b), ha previsto che il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, la controversia versando un importo pari ad un terzo della sanzione indicata, e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24828/2007 proposto da:
ALFA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 84/2006 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA, depositata il 23/11/2006;
Svolgimento del processo
1. La ALFA srl, ricevuto un avviso di rettifica in data 23.7.1999 relativo alla ripresa a tassazione di IVA indebitamente ritenuta detraibile e delle relative sanzioni, provvedeva nel termine di sessanta giorni dalla notifica al pagamento spontaneo di un quarto della somma reclamata a titolo di sanzioni alla stregua del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16.
2. La contribuente impugnava successivamente detto avviso innanzi alla CTP di Ferrara, sostenendo inizialmente l’illegittimità della ripresa a tassazione e, nel corso del procedimento, l’illegittimità delle sanzioni applicate. Il giudice adito accoglieva il ricorso con sentenza n. 621/01/2000.
3. Successivamente, la contribuente attivava la procedura di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16.
4. Nelle more (l’Ufficio proponeva appello avverso la decisione della CTP e la CTR dell’Emilia Romagna, con decreto n. 78/05/04, preso atto della dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate della conformità di quanto versato dalla contribuente a titolo di condono a quanto effettivamente dovuto, dichiarava l’estinzione del giudizio. La contribuente, a questo punto, ritenendo indebito il pagamento del quarto delle sanzioni a suo tempo reclamate dall’Ufficio, proponeva istanza di rimborso, disattesa dall’Ufficio in ragione dello spontaneo versamento delle somme che impediva la ripetibilità delle stesse.
5. Il ricorso proposto dalla contribuente avverso tale atto innanzi alla CTP di Ferrara veniva disatteso con sentenza impugnata dallo stesso contribuente innanzi alla CTR dell’Emilia Romagna che, con sentenza n. 84/19/06 del 23.11.2006, confermava la decisione di primo grado.
6. Osserva il giudice di appello che la decisione impugnata era corretta, avendo il pagamento della sanzione estinto in modo definitivo ogni controversia sulla debenza delle somme. Aggiunge, poi, che l’infondatezza della censura era confermata dal fatto che la contribuente non aveva impugnato il decreto con il quale era stato dichiarato estinto il giudizio dopo che il giudice di primo grado aveva dichiarato l’infondatezza della pretesa relativa al rimborso delle sanzioni spontaneamente pagate. Bene, pertanto, aveva fatto il giudice di primo grado nel ritenere che sul punto si era formato il giudicato; ragion per cui in ragione del principio del ne bis in idem non era possibile riattivare un nuovo contenzioso con l’istanza di rimborso.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la società contribuente, al quale ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Motivi della decisione
8. Con la prima complessa censura la contribuente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2001, art. 16, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, formulando il seguente quesito di diritto: “Vero che ai sensi e per gli effetti del combinato disposto delle norme del condono fiscale e per quelle sulla oblazione delle sanzioni nulla vieta, una volta ottenuto il condono, di ricevere il rimborso delle sanzioni versate e a mezzo oblazione?”.
8.1 La ricorrente deduce l’erroneità della decisione impugnata sotto un duplice profilo, evidenziando che, ad onta di quanto sostenuto dalla CTR, lo spontaneo pagamento parziale delle sanzioni in forza del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16 e 17, non poteva impedire la restituzione delle somme, una volta che il contribuente aveva positivamente attivato il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 16. Non poteva infatti condividersi l’assunto della CTR circa la definitività del pagamento una volta che l’Ufficio, appellando all’interno del procedimento relativo all’accertamento della rettifica l’intera decisione del giudice di primo grado e chiedendo l’annullamento della sentenza, aveva esonerato la contribuente dal proporre appello incidentale avverso la decisione in ordine alla non debenza delle sanzioni pure richiesta nel corso del procedimento.
8.2 Errata era poi l’affermazione che la questione relativa alle sanzioni fosse coperta dal giudicato, posto che il decreto di estinzione del giudizio per la cessazione della materia del contendere impediva la formazione del giudicato sostanziale sulle questioni diverse dal condono.
9. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta il vizio di contraddittoria o insufficiente motivazione della sentenza – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – che, rispetto al fatto controverso relativo alla pendenza della contestazione sulla debenza delle sanzioni, aveva utilizzato un iter logico giuridico contrario ai principi cardine dell’ordinamento, non sussistendo “alcuna corrispondenza di fatto e di diritto tra la situazione derivata dal pagamento di una cifra ridotta per evitare le sanzioni ed il successivo condono che da luogo inesorabilmente al rimborso di quanto pagato in più del 10 % dell’imposta”. Sottolinea, in aggiunta, la contraddittorietà della condanna alle spese, priva di idonea motivazione.
10. L’Agenzia delle Entrate, nel controricorso, ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza delle due censure.
10.1 Quanto al primo motivo, il cui quesito era stato formulato in via astratta, evidenzia che mai l’Ufficio, nell’appellare la sentenza di primo grado che aveva dichiarato non dovuta soltanto l’imposta e gli interessi relativi, aveva inteso rimettere in discussione la questione delle sanzioni già definita per effetto dello spontaneo pagamento operato dal contribuente.
10.2 Aggiunge, quanto al secondo motivo, che il pagamento in misura ridotta della sanzione irrogata impediva la proponibilità della richiesta di rimborso, come aveva statuito questa Corte con riguardo al versamento del sesto della pena edittale di cui al D.P.N. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4.
11. I due motivi, che meritano un esame congiunto stante la loro stretta connessione, appaiono infondati, avendo il giudice di appello fatto corretta applicazione dei principi più volte espressi da questa Sezione in ordine alla irretrattabilità delle somme versate spontaneamente dal contribuente a titolo di oblazione ed all’irrilevanza del condono rispetto a somme corrisposte in epoca anteriore dal contribuente.
11.1 Ed invero, questa Corte ha avuto modo di evidenziare, con riguardo alla procedura di definizione agevolata delle sanzioni di cui all’abrogato art. 58, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, che il versamento previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, integrando esercizio di una facoltà del contribuente, con pagamento di una percentuale della pena massima edittale senza alcun collegamento con la sanzione pecuniaria in concreto irrogata, presenta i connotati dell’oblazione o definizione agevolata, per prevenire od elidere ogni contesa sull’an ed il quantum della sanzione medesima e così si sottrae ad ogni possibilità di ripetizione, in conseguenza della non sindacabilità dei presupposti di detta irrogazione – cfr. Cass. n. 4330/2002, Cass. n. 1853/2000; Cass. n. 1215/1995; Cass. n. 12695/2004; Cass. n. 11154/2006; Cass. n. 13042/2004; Cass. n. 19558/2008; Cass. n. 12447/2009).
11.2 Si è in definitiva ritenuto che il versamento del sesto costituisce una facoltà concessa al contribuente per definire, con il versamento di una somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile come sanzione, l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, e, con effetti, per un verso, preclusivi per l’Ufficio dell’irrogazione della pena nei limiti edittali, e d’altra parte, ostativi per il contribuente della ripetizione di quanto pagato.
11.3 Orbene, tali principi devono ritenersi operanti anche con riguardo al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16 e 17, che hanno sostituito, abrogandolo, il ricordato art. 58, comma 4, come già affermato da questa Corte, che ha escluso ogni effetto di acquiescenza in ordine alla debenza della pretesa fiscale sostanziale per effetto del pagamento ridotto operato alla stregua del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, proprio richiamando la giurisprudenza espressa in passato con riguardo alla natura ed agli effetti del pagamento operato alla stregua del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, – cfr. Cass. nn. 1558/1991, 2610/2000, 12695/2004; Cass. 17529/12-.
Indirizzo, quest’ultimo, peraltro in linea con le indicazioni espressa dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 12/E del 12 marzo 2010.
11.4 V’è ancora da aggiungere, in ordine agli effetti del condono sulle somme versate in precedenza dal contribuente, che “…con riferimento ad altre normative di definizione agevolata dei carichi fiscali (ma la situazione non è diversa per il caso disciplinato dalla disposizione in esame) questa Corte ha avuto già modo di rilevare – e le Sezioni Unite intendono confermare questo orientamento, condividendolo – che il condono pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinali, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento ordinario (Cass. nn. 195 e 15635 del 2004; 3163 del 1997; 3273 del 1996).
Queste conclusioni hanno poi trovato conforme applicazione anche con riferimento alla specifica fattispecie regolata dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, (v. Cass. nn. 3682 e 6504 del 2007, secondo le quali la presentazione della istanza di condono … preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto: il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinali, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” – Cass.S.U. n. 14828/2008; conf. Cass. n. 1967/2012-.
11.5 Orbene, fermi i superiori principi, ritiene il collegio che agli stessi la CTR si sia perfettamente uniformata, con motivazione congrua e priva dei prospettati vizi di legittimità, non potendosi in alcun modo ipotizzare le prospettate violazioni di legge, escluse dall’intervenuto pagamento spontaneo della sanzione D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 16. Ciò assorbe l’esame degli ulteriori profili di censura agitati dalla parte ricorrente.
12. Il ricorso va per l’effetto disatteso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 7 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2013
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Numero Protocolo Interno : 725/2013