ISSN 2385-1376
Testo massima
Non sussiste alcuna incompatibilità tra la figura professionale di avvocato e quella di amministratore di condominio.
La nuove riforma, introdotta dalla Legge n. 247/2012 ed entrata in vigore il 02/02/2013, produce solo riflessi sul piano della disciplina fiscale e previdenziale senza determinare incompatibilità alcuna tra la funzione di avvocato e l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio.
Così, a seguito del quesito formulato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, la Commissione Consultiva del CNF ha posto fine agli infondati timori che si erano generati per effetto della nuova riforma forense, con una decisione che ribaltato l’orientamento precedentemente espresso (ove qualcuno aveva paventato una supposta incompatibilità tra le due figure avvocato / amministratore di condominio) affermando, pertanto, che l’avvocato, potrà continuare a fare l’amministratore di condominio.
Con TRE argomentazioni sostanziali è stata evidenziata la assoluta compatibilità:
INSUSSISTENZA di un rapporto di subordinazione tra amministratore e condominio, alla luce del fatto che l’esercizio dell’attività di amministratore non costituisce una professione regolamentata;
ASSIMILABILITÀ della figura dell’amministratore quale mandatario con rappresentanza di persone fisiche (i condomini) che non esercitano attività professionale o imprenditoriale;
IRRIDUCIBILITÀ della figura del condominio allo schema societario e/o dell’impresa, stante il fatto che il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono rappresentati dall’amministratore e non costituiscono un’entità diversa da quest’ultimo.
Il Consiglio Nazionale Forense, in conclusione, non solo ha stabilito che l’esercizio della professione di avvocato NON È INCOMPATIBILE CON L’ATTIVITÀ DI AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO ma ha altresì affermato in maniera ben più chiara che “l’attività di amministratore di condominio si riduce, alla fine, all’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da persone fisiche, in nome e per conto delle quali egli agisce e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attività giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui è esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attività professionale forense sicché la circostanza che essa sia svolta con continuità non aggiunge né toglie nulla alla sua legittimità di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione”.
La compatibilità per quanto ovvio produrrà riflessi anche sul piano della disciplina fiscale e previdenziale della vicenda dovendo il relativo reddito considerarsi a tutti gli effetti di natura professionale e quindi, tra l’altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza forense.
Testo del provvedimento
Estratto del verbale della Commissione consultiva del Consiglio nazionale forense
Seduta del 20 febbraio 2013; rel. Cons. Avv. Ubaldo Perfetti
(
..omissis
.)
Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli pone il quesito se l’art. 18 della legge n. 247 del 2012 (legge di riforma dell’ordinamento professionale forense) impedisca all’avvocato di esercitare l’attività di amministratore di condominio. La commissione reputa che al quesito debba darsi risposta negativa per i motivi che seguono.
Premesso che nel vigore della precedente normativa l’art. 3 del RdL n. 1578/1933 era interpretato data l’eccezionalità dei divieti – nel senso della compatibilità delle due attività (da ultimo sent. CNF 16 marzo 2010, n. 13), il nuovo art. 18 cit. individua quattro macro aree di incompatibilità con la professione di avvocato e precisamente:
a) l’esercizio di qualsiasi attività (diversa da quella forense) di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, fatte salve le attività espressamente escluse dal divieto (di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, di notaio), mentre è consentita l’iscrizione nell’albo dei commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili, o nell’albo dei consulenti del lavoro;
b) l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio, o in nome o per conto altrui (fatta salva l’assunzione di incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali, o in procedure di crisi d’impresa);
c) l’assunzione della qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore, di società di persone, aventi quali finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico, o consigliere delegato di società di capitali anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione, a meno che l’oggetto dell’attività della società sia limitato esclusivamente all’amministrazione di beni personali, o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;
d) l’esercizio di attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.
Esclusa la ricorrenza dell’ipotesi sub d) tenuto conto che la nomina quale amministratore di un condominio non instaura un rapporto di subordinazione con quest’ultimo (Commissione consultiva CNF, parere 25 giugno 2009, n. 26; Id, n. 1 del 29 gennaio 2009; Id, n. 154 del 26 settembre 2003), va anzitutto ricordato che il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini i quali sono rappresentati dall’amministratore e non costituiscono un’entità diversa da quest’ultimo (in termini, Cass. 11 gennaio 2012 n. 177 [ord.] in CED Cassazione rv 620729), tanto vero che l’esistenza di un rappresentante unitario non li priva della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale (Cass. 16 maggio 2011, n. 10717, ivi rv 617438).
L’irriducibilità allo schema economico/giuridico dell’impresa e/o della società è, peraltro, confermata dall’inclusione del condominio nel recinto di protezione del consumatore che, come noto, è la persona fisica la quale agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, o professionale eventualmente svolta ed in tale veste contratta col professionista. Se, da un lato, si esclude che consumatore possa essere una società, anche se di persone (Cass. 14 luglio 2011, n. 15531, ivi rv 618573) e comunque l’impresa, pur se esercitata dalla persona fisica, dall’altro, proprio per la sua irriducibilità allo schema societario e per il fatto che l’amministratore agisce non quale organo, ma quale mandatario con rappresentanza di persone fisiche (condomini) che operano per scopi estranei ad attività professionale, o imprenditoriale, al condominio è ritenuta applicabile la normativa del codice del consumo con riguardo ai contratti conclusi dall’amministratore col professionista (Cass. 24 luglio 2001, n. 10086, ivi rv 548447; conf. Id., 12 gennaio 2005, n. 452).
A sua volta quello dell’amministratore configura un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità delle disposizioni sul mandato (Cass. 16 ago. 2008, n. 10815, ivi rv 535589); e proprio al mandato si riferisce ora anche l’art. 9 della recente legge n. 220 dell’11 dicembre 2012 (recante la modifica della disciplina del condominio negli edifici) quando, modificando l’art. 1229 c.c., attribuisce all’assemblea la facoltà di subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza di assicurazione per la responsabilità civile «(
) per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato» (ivi, art. 1129,terzo periodo, c.c.).
Ciò posto, quanto detto a proposito dell’irriducibilità della figura del condominio allo schema societario e/o dell’impresa, è sufficiente per escludere la ricorrenza dell’ipotesi di incompatibilità di cui sub c); a sua volta, quanto rilevato circa la ricostruzione della figura dell’amministratore quale mandatario con rappresentanza di persone fisiche (i condomini) che non esercitano attività professionale, o imprenditoriale, è sufficiente ad escludere la ricorrenza dell’ipotesi di incompatibilità di cui sub b) posto che l’amministratore, non agendo in proprio, non esercita nemmeno attività di impresa commerciale in nome altrui se è vero che nemmeno i mandanti l’esercitano.
Residua l’ipotesi di cui sub a) potendo rilevare, in tesi, l’esercizio della funzione di amministratore come attività di lavoro autonomo svolta continuativamente, o professionalmente.
Sennonché, va in contrario osservato che come si è visto l’attività di amministratore di condominio si riduce, alla fine, all’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da persone fisiche , in nome e per conto delle quali egli agisce e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attività giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui è esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attività professionale forense sicché la circostanza che essa sia svolta con continuità non aggiunge né toglie nulla alla sua legittimità di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione.
Ben vero potrebbe obiettarsi che, se non sul piano della continuatività, è su quello dell’attività svolta professionalmente che potrebbe scorgersi un profilo di incompatibilità.
A questo proposito va detto, anzitutto, che nemmeno la citata legge n. 220/2012 ha innovato la figura dell’amministratore perché se ne ha ampliato, sotto certi profili, poteri e responsabilità, non ha trasformato l’esercizio della relativa attività in professione vera e propria, o quanto meno in professione regolamentata, come è confermato dal fatto che non è stato istituito né un albo, né uno specifico registro degli amministratori di condominio, mentre il fatto che essi debbano seguire corsi di aggiornamento (art. 25 nella parte in cui inserisce l’art. 71 bis delle disp. att. c.c.) non sembra sufficiente a configurare l’esistenza di una vera e propria professione. E la mancata istituzione di un albo o registro ad onta di una prima versione della proposta di legge che invece la prevedeva è indice ermeneutico di rilevante significato ai fini di confortare la soluzione qui accolta.
D’altra parte, anche quando il riferimento alla svolgimento in forma professionale dovesse intendersi come allusione ad un modo di esercizio di un’attività che richiede competenze, un minimo di qualificazione e rappresentante fonte reddituale, la riconducibilità dell’attività all’area del mandato e di quest’ultimo ad una modalità di esercizio della professione forense, finisce per riferire a quest’ultima il citato requisito.
Ovviamente la ritenuta compatibilità produrrà riflessi anche sul piano della disciplina fiscale e previdenziale della vicenda dovendo il relativo reddito considerarsi a tutti gli effetti di natura professionale e quindi, tra l’altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza forense.
(
..omissis
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