Testo massima
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto. Orbene, tale presunzione dà vita soltanto all’inversione dell’onere probatorio e può essere superata mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
E’ questo il principio di diritto statuito dalla Cassazione civile, sezione seconda, con sentenza n.809 pronunziata in data 16/01/2014 in materia di conto corrente cointestato.
Nel caso di specie, una moglie, cointestataria di conto corrente bancario insieme al marito, aveva rivendicato, dinanzi al giudice del merito, la sua titolarità sul 50 % delle somme ivi depositate e aveva proposto appello avverso la sentenza del giudice di prime cure che, al contrario, aveva dichiarato il marito esclusivo proprietario delle somme riportate nel conto cointestato.
In questa occasione, il giudice di secondo grado, riconoscendo le ragioni della donna, aveva affermato il suo diritto alla contitolarità delle somme in questione, sul presupposto che la cointestazione del conto realizzasse una donazione indiretta, in favore del coniuge, pari alla metà del valore della provvista in esso contenuta, anche se costituita da denaro proveniente dalle sole disponibilità del marito.
Ebbene, la Suprema Corte, chiamata a pronunziarsi sul caso de quo a seguito del ricorso avanzato dal marito, ha ribaltato la decisione dei giudici di merito sostenendo che, il fatto che vi sia la doppia firma sul conto ove il marito deposita i propri risparmi, non implica automaticamente che questi abbia anche voluto donare il 50 % della provvista.
Il ragionamento che adotta la Corte, riguardo la sorte delle somme oggetto di contestazione, si svolge distinguendo, da un lato, le somme presenti al momento della accensione del conto di deposito cointestato, e dall’altro le somme che volta per volta vengono ivi accreditate dal marito. Per quanto riguarda queste ultime, a sostegno di quanto dedotto dal ricorrente, la Cassazione conferma che, essendo vietata dal nostro ordinamento la donazione di beni futuri, in ossequio al disposto dell’art. 771 c.c., non può ritenersi fondata la rivendicazione avanzata dalla moglie in ordine alla contitolarità dei versamenti successivamente effettuati, in quanto trattasi di beni venuti ad esistenza solo in un momento successivo, che non possono, pertanto, essere stati oggetto di donazione.
Per quanto riguarda, invece, le somme versate al momento della cointestazione del conto, il ragionamento della Corte muove dalla lettura dell’art. 1854 del Codice Civile in materia di conto corrente, a mente del quale nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà di operare anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto. Detta norma, viene letta congiuntamente all’articolo 1298 c.c., che, in tema di obbligazioni solidali e, in particolare, di rapporti interni tra creditori solidali, stabilisce, al secondo comma, che “le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”.
In conclusione, dunque, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, fa presumere la contitolarità dell’oggetto, cioè la comproprietà delle somme sul conto, ma questa circostanza non costituisce prova certa e definitiva bensì rimane pur sempre una presunzione, in quanto tale, idonea a dar luogo soltanto ad un’inversione dell’onere probatorio, e, di conseguenza, può essere superata attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Inoltre, la doppia firma all’apertura di un conto corrente non è sufficiente a provocare il perfezionamento di una donazione indiretta essendo indispensabile la prova della sussistenza dello spirito di liberalità in capo al coniuge che alimenta la provvista, il quale, nello specifico caso in questione, aveva l’unico intento di porre le somme versate nel conto, esclusivamente a disposizione di eventuali esigenze della famiglia.
Testo del provvedimento
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