Articolo del 14 luglio 2022 a cura di Massimo Ferrari, responsabile del Centro Studi di Intrum Italy SPA
Le fonti normative.
La Composizione Negoziata per la Soluzione della Crisi d’Impresa (in appresso CNC) è stata originariamente introdotta nel nostro ordinamento con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, riguardante “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”, convertito, con modifiche, con Legge del 21 0ttobre 2021, n. 147. Il D.L., nella sua veste definitiva, dedicava alla CNC gli articoli da 2 a 19, commi 1-2-3 e l’art. 23, comma 2.
Il provvedimento si collocava nel filone delle misure di supporto al sistema economico italiano, ideate per fronteggiare gli effetti negativi della crisi pandemica sul mondo delle imprese.
Nelle motivazioni poste a fondamento della decretazione d’urgenza era infatti esplicitata l’urgente “esigenza di introdurre nuovi strumenti che incentivino le imprese ad individuare le alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale e di intervenire sugli istituti di soluzione concordata della crisi per agevolare l’accesso alle procedure alternative al fallimento esistenti”.
La disciplina originaria, in forza di espresso rinvio contenuto nell’art. 3, c. 2 del D.L. n. 118/2021, è stata completata dal Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia, emanato il 28 settembre 2021, che ha svolto funzioni di specificazione tecnica del procedimento e di attuazione della norma di legge, fornendo le linee guida operative ai soggetti interessati[1], nonché, sempre prevalentemente per aspetti tecnico-attuativi, dagli art. dal 30 ter al 30 sexies del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, riguardante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, convertito, con modifiche, con Legge del 29 dicembre 2021, n. 233[2].
Il Decreto Legislativo 17 giugno 2022, n. 83 (“Modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132-direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza-.”
In GU n.152 del 1-7-2022), in vigore dal 15 luglio 2022, ha inglobato la disciplina della CNC, abrogando conseguentemente i relativi articoli del D.L. n. 118/2021 e gli articoli da 30-ter a 30 sexsies del D.L. n. 152/2021, e l’ha inserita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (in appresso CCII), entrato in vigore, con le modifiche e integrazioni apportate dal D.L. n. 83/2022, in pari data[3].
L’istituto in esame risulta pertanto regolamentato dal Titolo II del CCII “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”[4]. Alcune norme riferibili, anche o parzialmente, alla CNC sono altresì contenute nel Titolo I “Disposizioni Generali”. Il D. Lgs. N. 83/2022 ha sostanzialmente recepito il disegno delineato dal D.L. n. 118/2021 ed integrato dal D.L. n. 152/2021, apportando alla disciplina poche modifiche e/o integrazioni, in alcuni casi necessitate dall’esigenza di operare chiarimenti. Con l’inserimento nel CCII “la composizione negoziata della crisi, in particolare, diventa la stabile figura di regolazione alternativa e preventiva rispetto a quella giudiziaria, esplicitamente volta a ristrutturare tanto la crisi come la insolvenza dei debitori”[5].
Uno sguardo di sintesi.
La CNC è una “possibilità” di governo della crisi d’impresa offerta all’imprenditore, sia commerciale che agricolo, per consentirgli di tentare il salvataggio dell’attività aziendale, in un quadro eminentemente privatistico e volontario, in caso di squilibrio economico patrimoniale che possa condurre a, o sia già sfociato in, una situazione di crisi o di insolvenza vera e propria.
Più che una procedura dettagliatamente disciplinata si pone come una cornice i cui contenuti sono rimessi alla libera volontà delle parti. Ha funzione dichiaratamente preventiva[6], ma la sua applicabilità non risulta certo esclusa in caso di crisi o insolvenza già presenti, purchè siano ravvisabili concrete prospettive di risanamento[7]. È pertanto tale prospettiva che funge da scrimine, ineliminabile, per poter ricorrere, da parte dell’imprenditore, alla CNC.
La normativa in argomento recepisce quindi le indicazioni della Direttiva UE 2019/1023, riguardante fra l’altro la ristrutturazione preventiva delle imprese in crisi ed il miglioramento dell’efficacia dei relativi processi[8].
La CNC, pur essendo disciplina dal CCII, si pone al di fuori del diritto concorsuale, stante l’assoluta preponderanza della componente negoziale e l’assenza del giudice, il cui intervento è limitato alle sole misure protettive e cautelari (ove richieste) e ad alcune specifiche autorizzazioni. In particolare, neanche in fase inziale si colloca un vaglio, del giudice o di altra autorità, circa la sussistenza di requisiti di accesso alla CNC. Tale estraneità è sancita -implicitamente- dal legislatore stesso, il quale all’art. 2, c. 1, lettera m-bis del CCII definisce “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”: le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi.
Pertanto la lettera stessa della legge prevede di fatto la distinzione fra CNC e “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”. Come è stato correttamente osservato “la composizione negoziata non è una procedura ma ha natura negoziale, extragiudiziale”[9] ed è rimessa alla libera determinazione delle parti.
Essa peraltro svolge, anche formalmente, un ruolo preventivo rispetto agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
E’ inequivocabile ed evidente il preminente carattere privatistico e volontario che caratterizza la CNC in tutte le sue fasi di tentativo, posto in essere dall’imprenditore, di instaurare una trattativa, con i creditori e/o con controparti comunque interessate/partecipanti al processo produttivo dell’azienda, atta a raggiungere accordi di qualsiasi contenuto, in forma di contratto (anche atipico) o riconducibili, quanto agli effetti[10] o in toto[11], a figure tipizzate dal diritto concorsuale vigente, purchè idonei a scongiurare il rischio di una crisi dell’impresa ovvero a consentirne il risanamento e la continuità produttiva, “anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”[12].
In alternativa, all’esito delle trattative, l’imprenditore potrà eventualmente decidere di accedere agli altri strumenti tipici del diritto concorsuale vigente, oppure di ricorrere al “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”, procedura liquidatoria speciale prevista esclusivamente quale possibile sbocco della CNC[13].
Nessuno, tuttavia, degli esiti descritti costituisce una via obbligata, bensì una libera scelta dell’imprenditore[14].
Fermo quanto sopra, assume un ruolo centrale nel procedimento di CNC “l’esperto”, figura professionale terza ed indipendente, particolarmente versata in materia di crisi d’impresa, ristrutturazioni e risanamento aziendale[15], che il legislatore del CCII definisce autonomamente e distintamente all’art. 2, c. 1 lettera o-bis) rispetto al “professionista indipendente”, oggetto di definizione alla lettera o) del medesimo articolo, chiamato a svolgere il ruolo di attestatore nell’ambito degli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”. La volontà di tenere distinte le due figure, che pur condividono la gran parte delle caratteristiche di indipendenza indicate dalla legge, è rimarcata dall’art. 16, c. 2, laddove espressamene si dice che l’esperto “non è equiparabile al professionista indipendente di cui all’art. 2, c. 1, lettera c)”.
Resta pertanto esclusa la sua responsabilità per le dichiarazioni e i dati forniti dall’imprenditore[16].
L’esperto non determina ne condiziona le scelte dell’imprenditore e delle altre parti con cui questi interloquisce. Egli “agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento dello squilibrio patrimoniale o economico- finanziario, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa, in funzione di consentire all’impresa di rimanere sul mercato…. L’esperto è terzo rispetto a tutte le parti, imprenditore compreso.
Non lo assiste, né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata ma ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi. Coadiuva le parti nella comunicazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna….
Nello svolgimento delle trattative l’esperto opera in modo professionale, imparziale e indipendente”[17].
Non dispone di poteri autoritativi, neppure per quanto riguarda l’acquisizione di dati/informazioni.
L’art. 14, stabilendo l’interoperatività fra la piattaforma telematica dedicata alla CNC (di cui in appresso) e le altre banche dati (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, agente riscossione) nonché alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, dispone che l’esperto possa accedere a tali banche dati e alle informazioni della centrale dei rischi “previo consenso prestato dall’imprenditore”, rimarcando in ciò, ancora una volta, la natura privatistica e volontaristica dell’istituto in esame.
L’esperto è altresì il vigile custode dell’effettivo perseguimento e del corretto equilibrio delle finalità che la legge assegna alla CNC, ossia le concrete prospettive di risanamento dell’impresa, la salvaguardia degli interessi dei creditori, in primis, e delle altre parti interessate, il rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte di tutti i protagonisti, tempi stringati per l’espletamento delle trattative.
L’esperto rappresenta l’alfa e l’omega della procedura: l’accettazione dell’incarico da parte sua ne costituisce il momento iniziale, la relazione circa gli esiti delle trattative ovvero l’anticipata richiesta di archiviazione per mancanza ab origine o il venir meno in itinere delle concrete prospettive di risanamento, ne costituiscono il momento finale.
Esame analitico del procedimento.
- Presentazione dell’Istituto.
Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata della CNC seguendo, per quanto d’interesse, l’articolato del Titolo II del CCII.
La previsione dell’istituto in esame è contenuta nell’art. 12, espressamente intitolato “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”. Il primo comma espressamente recita: “L’imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico- finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. Pertanto l’accesso alla CNC presuppone un’espressa richiesta, formulata dall’imprenditore in difficoltà, di nomina di un esperto indipendente; come visto non va rivolta ad un giudice, bensì al segretario generale della camera di commercio.
Il secondo comma spiega che “L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.
Ecco qui già delineate le principali caratteristiche, innovative, della CNC: volontarietà e degiurisdizionalizzazione del procedimento, ruolo preponderante – di facilitatore delle trattative – svolto dall’esperto. La sostanziale struttura privatistica dell’istituto è rafforzata dalla previsione del comma 3, che sancisce la non applicabilità alla composizione negoziata dell’art. 38[18], salvi i casi in cui sia chiamato, dall’imprenditore stesso, ad intervenire il tribunale , a seguito della presentazione di istanza per l’ottenimento di misure protettive e cautelari o di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili o effettuare cessioni di azienda o rami di azienda con esenzione dalla responsabilità di cui all’art. 2560, c. 2 c.c.[19].
Ne consegue che “eventuali notizie di insolvenza comunque pervenute da fonti diverse dall’autorità giudiziaria non legittimano il PM a richiedere l’apertura della liquidazione giudiziale in pendenza della composizione negoziata”[20].
Di contra persiste l’obbligo di segnalazione in capo al giudice, ancorché, come vedremo più avanti, le misure protettive sospendano l’ipotetica apertura della procedura liquidatoria richiesta dal PM.
2. Gli “strumenti” operativi.
La volontà del legislatore è di mettere a disposizione degli imprenditori in difficoltà uno strumento agile, economico e di semplice utilizzo, con tempi di avvio estremamente contenuti.
A tali fini l’art. 13 istituisce “…una piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese attraverso il sito internet istituzionale di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. La piattaforma è gestita dal sistema delle camere di commercio, per il tramite di Unioncamere, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico. Sulla piattaforma sono disponibili una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e un protocollo di conduzione della composizione negoziata accessibili da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati.
La struttura della piattaforma, il contenuto della lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico e il contenuto del protocollo” sono stati definiti con il decreto dirigenziale menzionato, il quale ha indicato le linee guida che è possibile seguire[21].
La piattaforma si configura altresì come il luogo di scambio di documentazione e di dati tra l’imprenditore ed i creditori, che vi possono accedere e “possono inserire al suo interno le informazioni sulla propria posizione creditoria e i dati eventualmente richiesti dall’esperto”[22].
nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa; gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati. Possono inoltre essere inseriti nell’elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza”.
L’iscrizione nell’elenco è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista dal decreto dirigenziale più volte richiamato.
La domanda di iscrizione avviene per il tramite degli Ordini professionali di appartenenza, ovvero direttamente da parte di coloro ai quali la norma in commento consente di svolgere il ruolo di esperto nella CNC, pur non appartenendo, essi, agli albi indicati.
L’art. 13 indica altresì in modo dettagliato la documentazione che ciascuno dovrà produrre a corredo della propria richiesta di inserimento nell’elenco degli esperti.
Disciplina infine le modalità di individuazione e nomina dell’esperto per ogni singola procedura di CNC, fissando termini ristrettissimi e imponendo che ciò avvenga tenendo conto delle specifiche competenze e della complessiva esperienza, anche formativa, evidenziate dal curriculum vitae nonché “dell’attività prestata come esperto nell’ambito di precedenti composizioni negoziate” e “secondo criteri che assicurano la rotazione e la trasparenza e avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente”.
Agli incarichi conferiti è assicurata la massima trasparenza mediante pubblicazione in apposita sezione del sito istituzionale della camera di commercio.
3. Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto; doveri delle parti.
L’art. 16, “Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto e delle parti”, disciplina aspetti di grande rilevanza giuridica, imponendo agli attori della CNC obblighi la cui violazione si ritiene gravida di conseguenze.
Il primo comma impone all’esperto incaricato il possesso di rigidi requisiti di indipendenza, richiamando prioritariamente l’art. 2399 c.c., specificando ed ampliandone l’ambito, in quanto l’esperto designato, inoltre, “non deve essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa né aver posseduto partecipazioni in essa.
Chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata”.
Il secondo comma sottolinea che l’esperto “è terzo rispetto a tutte le parti e opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente”; come già detto viene qui sottolineata la sua non equiparabilità al “professionista indipendente”; egli nell’espletamento dell’incarico “verifica la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore chiedendo al medesimo e ai creditori tutte le ulteriori informazioni utili o necessarie”; può avvalersi (a proprie spese) di coadiutori dotati di specifiche competenze, “non legati all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale”.
La lettera ed il contesto di tale ultima statuizione lasciano presumere che l’eventuale assenza del requisito di indipendenza in capo al coadiutore comporti una sorta di responsabilità oggettiva per l’esperto, non elidibile con il rispetto – nell’operare la scelta- dei criteri di diligenza e buona fede, che ovviamente si aggiunge alle responsabilità rivenienti dall’eventuale violazione degli obblighi direttamente gravanti su di lui.
Il terzo comma, a conferma dell’obbligo di riservatezza che incombe sull’esperto e a sua maggior tutela, prevede che l’esperto non possa essere chiamato a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni; estende altresì al medesimo l’applicazione delle disposizioni dell’art. 200 c.p.p. (in tema di deposizioni) e le garanzie previste per il difensore dall’art. 103 c.p.p. (in tema di ispezioni, perquisizioni e sequestri).
I commi successivi sono rivolti invece alle parti della CNC e rappresentano la declinazione specifica dei principi “etici” fissati, in via generale, dall’art. 4 (collocato nel Titolo I, Capo II, Sez. I del CCII) in tema di “Doveri delle parti” in relazione ai diversi istituti disciplinati dal CCII.
Detto articolo stabilisce infatti che “Nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, debitore e creditori devono comportarsi secondo buona fede e correttezza”. Dispone in particolare per il debitore il dovere di “a) illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo tutte le informazioni necessarie e appropriate rispetto alle trattative avviate, anche nella composizione negoziata, e allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto; b) assumere tempestivamente le iniziative idonee alla individuazione delle soluzioni per il superamento delle condizioni di cui all’articolo 12, comma 1, durante la composizione negoziata, e alla rapida definizione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori; c) gestire il patrimonio o l’impresa durante i procedimenti nell’interesse prioritario dei creditori”.
Il riferimento all’obbligo di tenere comportamenti improntati a buonafede e correttezza sembrerebbe tautologico, trattandosi di un principio generale dell’ordinamento; in realtà nella declinazione specifica che ne fa poi l’art. 16 assume, per alcuni aspetti, contorni decisamente più precisi.
Il quarto comma ribadisce che “L’imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori”.
Al riguardo, dal combinato disposto appare lecito ritenere che, ad esempio, anche la semplice reticenza, incompletezza o superficialità nel fornire le informazioni ovvero una gestione poco accorta, ancorché non dolosa, del patrimonio e dell’impresa possano determinare l’insorgere di responsabilità.
Quinto comma. Il primo periodo recita: “Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato”… La statuizione è decisamente innovativa ed è destinata a colpire atteggiamenti purtroppo diffusi, dovuti soprattutto all’elefantiasi strutturale di alcuni creditori istituzionali ed a lentezze burocratiche ad essi interne, incompatibili con le esigenze di pronta gestione della crisi, soprattutto in chiave preventiva.
Conseguentemente atteggiamenti contraddistinti da passività o l’asserita mancanza di informazioni/conoscenza approfondita della “pratica” non potranno più essere giustificati, né tantomeno addotti quale giustificazione da tali creditori: da tali atteggiamenti – non conformi al disposto normativo- dipenderà invece specifica responsabilità ascrivibile al creditore inefficiente, laddove il comportamento costituisca ingiustificato ostacolo alla celerità delle trattative o ne pregiudichi l’esito.
È questo un punto sul quale i creditori bancari, gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti dovranno prestare particolare attenzione, strutturandosi dal punto di vista organizzativo in modo tale da poter agire efficientemente ed efficacemente, fin da subito, nel rispetto del dettato normativo.
Inoltre, il secondo periodo prevede che “L’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore”.
Il terzo periodo introduce un temperamento a tale divieto, prevedendo che “in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”.
Sostanzialmente, sempre al fine di salvaguardare il principio di correttezza e buonafede che deve governare tutta la fase delle trattative, impedendo che la CNC possa costituire legittimo motivo per la revoca dei fidi viene introdotto il divieto, in via generale, di “approfittare” della notizia fornita spontaneamente dall’imprenditore circa le proprie difficoltà, per anticipare gli altri creditori nella corsa al “si salvi chi può”, dalla quale spesso deriva la definitiva ed irreparabile compromissione di ogni speranza di positiva risoluzione delle criticità in essere. Il temperamento di cui al terzo periodo obbliga in ogni caso la banca a fornire un’adeguata giustificazione, valutabile pertanto in un’eventuale sede giudiziale, della decisione assunta, in ragione della disciplina di vigilanza concretamente applicabile.
Sesto comma. “Tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e rispettano l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”. La norma costituisce declinazione specifica del generale obbligo di collaborazione e riservatezza imposto ai creditori dall’art. 4, c. 4[23].
Si sottolinea al riguardo che l’obbligo è esteso a tutte le parti della CNC, ivi inclusi il debitore ed eventuali terzi interessati ancorché non creditori, inoltre l’ultimo periodo rappresenta una ulteriore significativa innovazione, estesa parimenti a tutte le parti e non riferibile soltanto ad alcuni “creditori qualificati”, quali quelli contemplati dal quinto comma. In via generale “il dovere di collaborazione non si traduce nella necessità di prestare consenso alle iniziative dell’imprenditore, ma di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando il contraddittorio. Si spiega pertanto il precetto che impone alle parti, tutte e dunque anche allo stesso imprenditore, di dare riscontro alle proposte e alle richieste durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”[24].
Quindi, per quanto concerne i creditori, le mancate risposte protratte nel tempo, le estenuanti liturgie deliberative interne, i dinieghi non adeguatamente motivati comporteranno l’insorgere di responsabilità in capo al creditore inottemperante. Ne consegue che questi dovrà affidare, tempestivamente, la pratica ad una struttura gestionale adeguatamente specializzata, che disponga pertanto di elevati profili professionali, giuridici ed economici, in grado di affrontare a tutto tondo le problematiche giuridico-economiche proprie della crisi d’impresa e del tentativo di risanamento, ed inoltre dovrà calibrare i propri processi deliberativi interni in funzione dell’obbligo di tempestività che la CNC impone.
In estrema sintesi “i creditori non sono più considerati soltanto come titolari di diritti ma diventano, con una chiarezza sinora inedita sul piano normativo, anche destinatari di doveri”[25].
Per completezza si ritiene opportuno rammentare, in questa sede, l’ulteriore obbligo imposto in via generale al datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti dal terzo comma del già menzionato art. 4, ed applicabile per espressa indicazione della norma anche alla CNC: laddove nel corso delle trattative siano assunte rilevanti determinazioni “che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni”, deve essere fornita una previa informativa ai sindacati.[26]
4. Accesso alla procedura e suo funzionamento.
L’art. 17 disciplina l’accesso alla CNC ed il suo funzionamento.
Il primo passo spetta all’imprenditore che intende avvalersi della procedura in esame, il quale deve presentare alla competente camera di commercio[27] “l’istanza di nomina dell’esperto indipendente”…”tramite la piattaforma telematica di cui all’art. 13 mediante la compilazione di un modello, ivi disponibile, contenente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell’incarico da parte dell’esperto nominato”.
Deve essere pertanto, fin dal momento iniziale, tutto improntato alla massima chiarezza e trasparenza, per consentire all’apposita commissione costituita nell’ambito della camera di commercio l’individuazione dell’esperto con le caratteristiche più confacenti alla situazione concreta (tenendo conto della sua specifica professionalità e delle esperienze maturate) e quindi all’esperto nominato la propria autovalutazione di idoneità in ragione dell’incarico assegnato[28].
Sempre onde assicurare, fin da subito, la massima trasparenza, anche in ragione delle esigenze di celerità a cui la procedura è improntata, l’istanza dovrà essere corredata da una serie di documenti che forniscano ampia visibilità sulla effettiva situazione dell’impresa e sulle prospettive di risanamento: i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l’ufficio del registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi d’imposta; una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell’istanza; un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13 e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che si vogliono adottare; l’elenco dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti scaduti ed a scadere e le relative garanzie reali e personali; una dichiarazione sulla pendenza di ricorsi per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza; una dichiarazione con la quale si attesti di non aver depositato ricorsi per l’acceso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale (anche meramente prenotativi) o istanze per la concessione di misure protettive nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione[29]; il certificato unico dei debiti tributari; la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione; il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi; un estratto aggiornato delle informazioni presenti nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia[30].
Le tappe successive rilevanti per la descrizione del funzionamento della procedura sono le seguenti:
Comma 4. “L’esperto, verificati la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell’incarico, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, comunica all’imprenditore l’accettazione e contestualmente inserisce nella piattaforma la dichiarazione di accettazione e una dichiarazione” sostitutiva dell’atto di notorietà “sul possesso dei requisiti di indipendenza” In caso contrario ne dà comunicazione riservata al soggetto che l’ha nominato perchè provveda alla sua sostituzione”…
Comma 5. “L’esperto, accettato l’incarico, convoca senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica. L’imprenditore partecipa personalmente e può farsi assistere da consulenti”.
Le valutazioni verranno eseguite sulla base del progetto di piano di risanamento, presentato dall’imprenditore. A tale fine sulla piattaforma informatica è presente la lista di controllo particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per l’analisi della sua coerenza, predisposta con il citato Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, che contiene utili suggerimenti operativi, a disposizione dell’imprenditore per la redazione di un piano affidabile, nonché dell’esperto per l’analisi di coerenza del piano. Le indicazioni non si devono tuttavia ritenere tassative, né tantomeno immutabile il progetto iniziale di piano, che potrà invece essere eventualmente modificato ed integrato in itinere, anche in base alle valutazioni e proposte che formulerà l’esperto ed al progredire delle trattative[31].
“Se ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete l’esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all’esito della convocazione o in un momento successivo, l’esperto ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata entro i successivi cinque giorni lavorativi”.
È pertanto precipuo dovere dell’esperto, fonte peraltro di responsabilità, non perdere mai di vista il fine vero della CNC, ossia la possibilità effettiva, per l’imprenditore, di conseguire il risanamento dell’impresa raggiungendo accordi con (tutti o alcuni) i creditori e altre parti comunque interessate alla gestione.
La prima valutazione, circa l’idoneità, di quanto prospettato o prospettabile, per conseguire il risanamento, viene eseguita nella fase iniziale della procedura: in difetto l’esperto non deve consentire che si intraprendano trattative, che avrebbero mero effetto dilatorio; deve altresì vigilare, per tutta la durata della CNC, sulla permanenza di detta idoneità, ponendo fine senza indugio alla procedura laddove ritenesse che le prospettive di buon esito siano venute meno.
In tale contesto (e per tali fini) si prevede che “nel corso delle trattative l’esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni”.
Pur in assenza di uno strumento di coercizione della volontà delle parti, si ritiene che un comportamento delle stesse ritenuto contrario a buona fede possa ingenerare responsabilità in capo alle medesime per eventuali conseguenze dannose dallo stesso prodotte in caso di fallimento delle trattative.
Stante quanto sopra l’esperto dovrà prestare costantemente attenzione non solo al dato materiale rappresentato dalla concreta perseguibilità del risanamento, ma anche ai comportamenti tenuti dalle parti, allorquando da questi sia desumibile l’impossibilità di raggiungere un accordo in tempi ragionevoli.
In assenza di previsioni di legge più dettagliate, in ipotesi di permanenza dell’attuale contesto normativo, sarà la giurisprudenza a delineare i confini effettivi della responsabilità dell’esperto.
Questi sicuramente non potrà essere chiamato a rispondere del raggiungimento degli obbiettivi della CNC, ma sicuramente dovrà prestare attenzione a tutti quegli elementi che ne facciano significativamente dubitare.
Comma 6. Omissis.
Comma 7. “L’incarico dell’esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di cui all’articolo 12, comma 1.
L’incarico può proseguire per non oltre centottanta giorni quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente, oppure quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli 19 e 22”[32]
Tale disposizione rimarca la volontà del legislatore di rifuggere da una procedura che possa, surrettiziamente, trasformarsi in strumento meramente dilatorio nelle mani del debitore: i tempi della negoziazione sono stringati e la proroga ha carattere eccezionale e comunque, anche se concordata fra tutte le parti, necessita del consenso dell’esperto, che sarà necessariamente condizionato dalle valutazioni di sua competenza relative alle effettive probabilità di successo della CNC a seguito di proroga del termine.
Comma 8. “Al termine dell’incarico l’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 18 e 19, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti. Eseguiti gli adempimenti di cui al primo periodo, l’esperto ne dà comunicazione al segretario generale della camera di commercio per l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”. La relazione appare dovuta a prescindere dall’esito della CNC.
Il Decreto Dirigenziale prevede altresì che “alla relazione hanno accesso, per il tramite della Piattaforma Telematica, l’imprenditore, i suoi professionisti e l’organo di controllo ed il revisore legale, se in carica, e, ai soli fini della liquidazione del compenso, il soggetto che ha nominato l’esperto.
L’inserimento della relazione finale nella Piattaforma Telematica è necessario ai fini dell’archiviazione del procedimento da parte del segretario generale della camera di commercio competente”. Non è prevista alcuna ipotesi 0 strumento specifici di impugnazione/contestazione della relazione.
Si deve tuttavia ritenere che la stessa possa essere oggetto di critica e produrre eventuali conseguenze in termini di responsabilità dell’esperto secondo gli ordinari principi di diritto.
Comma 9. In caso di archiviazione dell’istanza “l’imprenditore non può presentare una nuova istanza prima di un anno dall’archiviazione. Se l’archiviazione è richiesta dall’imprenditore con l’istanza depositata entro due mesi dall’accettazione dell’esperto, il termine [di cui sopra] è ridotto,
per una sola volta, a quattro mesi”. Anche tali statuizioni, ribadiscono la volontà del legislatore di evitare un ricorso abusivo, con intenti meramente dilatori, alla procedura di CNC.
Comma 10. Omissis.
5. Misure protettive e cautelari. Sospensione degli obblighi conseguenti a riduzioni del capitale per perdite.
Gli artt. 18 e 19 consentono e regolano l’applicazione, in corso di CNC, di una serie di misure/provvedimenti il cui scopo è permettere il sereno svolgimento delle trattative.
Già con riferimento al D.L. n. 118 del 2021 si era correttamente osservato che questo “individua nelle misure protettive e nei provvedimenti cautelari uno strumento di centrale importanza per la prosecuzione ed il buon esito delle trattative, condotte dall’imprenditore (con l’ausilio dell’esperto) nell’ambito della procedura di soluzione negoziata della crisi”[33].
Le misure protettive, peraltro già presenti nella vecchia legge fallimentare e previste anche dal CCII, hanno lo scopo di salvaguardare l’imprenditore-debitore dall’aggressione dei creditori.
L’art. 18, comma 1 dispone: “L’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza”, parimenti rivolta al segretario generale della competente camera di commercio, “l’applicazione di misure protettive del patrimonio. L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono inibiti i pagamenti”[34].
Le misure protettive, in via generale, hanno efficacia erga omnes; nella CNC tuttavia è espressamente rimessa alla volontà dell’imprenditore richiedente la possibilità di operare una selezione, sia dal punto di vista oggettivo, indicando quali procedure si voglia bloccare, sia dal punto di vista soggettivo, indicando i creditori destinatari[35].
Egli è pertanto arbitro dell’efficacia che si vuole ad esse attribuire. Si noti in particolare che il debitore, ove lo voglia, può consentire in ogni caso la valida acquisizione di diritti di prelazione a suo carico ed eseguire pagamenti.
Sono espressamente esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.
Nell’ambito delle misure protettive è previsto che dal giorno della pubblicazione dell’istanza per l’applicazione delle misure protettive “e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive”[36].
È infine statuito che” i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possano anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza” di applicazione delle misure protettive stesse[37].
Al riguardo è tuttavia consentito un temperamento, in quanto “i medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza… [per l’applicazione delle misure protettive]fino alla conferma [da parte del tribunale] delle misure richieste”.
Le misure protettive, salvo quanto sopra, spiegano efficacia per effetto della loro richiesta, ma debbono essere sottoposte al tribunale per l’eventuale conferma, revoca o modifica. “Ciò sta a significare che l’effetto protettivo, pur producendosi immediatamente in forza di una mera espressione di volontà dell’imprenditore (esternata attraverso la pubblicità camerale), ha natura provvisoria, perché destinato a venir meno in mancanza di un intervento dell’autorità giurisdizionale”[38].
Le misure protettive hanno in genere ad oggetto i beni dell’imprenditore, ma secondo una recente ordinanza del Tribunale di Asti, in data 3 marzo 2022, possono interessare anche beni di terzi, a condizione che essi siano funzionali all’attività d’impresa[39].
L’art. 19 disciplina il procedimento dinanzi al tribunale ed introduce la previsione di possibili provvedimenti cautelari, sempre finalizzati alla “protezione” delle trattative onde favorirne il buon esito, da richiedere al giudice in aggiunta alla conferma o modifica delle misure protettive.
Recita il primo comma: “Quando l’imprenditore formula la richiesta di cui all’articolo 18, comma 1, con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell’articolo 27, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorre, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative”.
L’adozione di provvedimenti cautelari in ambito concorsuale non è nuova, essendo già prevista dalla legge fallimentare, dove è in genere finalizzata (i) alla conservazione delle garanzie patrimoniali facenti capo al debitore, (ii) ad impedire sottrazioni o distrazioni di beni. Cura pertanto interessi della massa e viene eseguita “nei confronti” del debitore.
Nella CNC, originariamente introdotta, come sappiamo, con il D.L. n. 118/2021, abbiamo assistito, invece, ad un rovesciamento di prospettiva rispetto all’assetto precedente fondato sulla legge fallimentare, tuttavia meno dissonante con la visione più ampia che emerge dall’art. 54 del CCII (all’epoca già redatto ma non ancora in vigore): i provvedimenti cautelari posso essere adottati su richiesta del debitore e sono rivolti nei confronti dei creditori o di terzi; l’obiettivo degli stessi è rappresentato, come detto, dalla necessità di assicurare il buon andamento delle trattative e l’auspicato buon esito delle stesse e debbono essere proporzionati avuto riguardo al pregiudizio che gli stessi possono arrecare ai creditori o ai terzi destinatari. Competerà al giudice valutare il giusto bilanciamento fra le varie (e a volte confliggenti) esigenze da tutelare.
Mentre il contenuto delle misure protettive è tipizzato (espressamente individuato dalla norma), quello dei provvedimenti cautelari è atipico e lasciato alla discrezionalità del giudice.
La norma si limita a disciplinare il procedimento, richiamando le modalità previste dall’art. 669-bis e ss. c.p.c. (provvedimenti cautelari), con espressa esclusione, per incompatibilità con le esigenze a cui rispondono gli artt. 18 e 19, della fase del giudizio di merito; nulla si dice in ordine ai contenuti dei provvedimenti concedibili. Sarà, al riguardo, la giurisprudenza a tracciarne i confini[40].
Il surrichiamato primo comma dell’art. 19 prevede altresì che entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’istanza per le misure di protezione l’imprenditore chieda “la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. L’omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure previste dall’articolo 18, comma 1, e, decorso inutilmente il termine di cui al secondo periodo, l’iscrizione dell’istanza è cancellata dal registro delle imprese”[41].
La norma prosegue poi indicando quale documentazione si debba produrre in allegato al ricorso di cui al primo comma[42].
Detta quindi dei tempi molto stringati per le attività di competenza del tribunale. “Il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Il ricorso, unitamente al decreto, è notificato dal ricorrente, anche all’esperto, con le modalità indicate dal tribunale che prescrive, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile, le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento[43].
Il tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara con decreto motivato l’inefficacia delle misure protettive senza fissare l’udienza prevista dal primo periodo. Gli effetti protettivi prodotti ai sensi dell’articolo 18, comma 1, cessano altresì se, nel termine di cui al primo periodo, il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza”. L’inefficacia per violazione di detti termini non preclude, tuttavia, la riproposizione dell’istanza da parte dell’imprenditore.
All’udienza il tribunale sentite le parti, eventuali terzi nel caso in cui le misure richieste incidano anche su di loro “e chiamato l’esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative”, procede, “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”, agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti ed alla conferma, modifica o revoca delle misure protettive, facendosi eventualmente assistere, ove lo ritenga necessario, da un ausiliario con specifiche competenze tecniche; nell’esercizio della propria discrezionalità può assumere informazioni dai creditori risultanti dall’elenco che l’imprenditore istante è richiesto di produrre in allegato al ricorso; provvede quindi con ordinanza, con la quale stabilisce altresì la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari eventualmente disposti. Dovrà in tale sede tener conto di eventuali provvedimenti cautelari già assunti a fronte di un’ipotetica precedente istanza per l’apertura di procedura di liquidazione giudiziale, sospesa a seguito dell’istanza di nomina dell’esperto. Si ritiene al riguardo che il tribunale, in tal caso, debba, altresì, renderli coerenti con la mutata situazione e conseguente esigenza di assicurare protezione alle trattative. Con l’ordinanza il tribunale, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, potrà, sentito l’esperto, “limitare le misure a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori”.
La volontà del legislatore, come già accennato, è quella di tenere ben stretti i cordoni della borsa del tempo, per evitare che si possa approfittare della CNC per ottenere, suo tramite, risultati meramente dilatori. Per tale motivo disciplina rigorosamente anche l’eventuale proroga del suddetto termine, disponendo che il giudice possa concederla, su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative, fermo restando che la durata complessiva delle misure non potrà superare i duecentoquaranta giorni complessivi.
“Non essendo preventivabile la durata del giudizio (che in ogni caso deve essere ispirato al principio di celerità), è da ritenersi che la durata delle misure protettive fissata dal tribunale si sommi a quella già decorsa dal momento del deposito nel registro delle imprese, fermo il limite temporale complessivo (a far data dal deposito nel registro delle imprese) di duecentoquaranta giorni, trascorsi i quali, anche se le trattative ancora pendono, le misure protettive perdono di efficacia”[44].
A conferma della volontà di finalizzare la concessione di “protezione” al proficuo svolgimento delle trattative, ferma l’esigenza di bilanciare il tutto con la tutela dei creditori, il legislatore prevede che, su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti possa, “in qualunque momento, sentite le parti interessate, e in ogni caso a seguito dell’archiviazione dell’istanza ,revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”. La norma precisa infine che, a seguito di revoca o cessazione delle misure protettive, il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore viene meno dalla data della revoca o cessazione.
Altra norma che appresta tutele in favore dell’imprenditore, il quale intenda ricorrere alla CNC, è l’art. 20. Questo consente infatti all’imprenditore di dichiarare, con l’istanza di nomina dell’esperto o con atto successivamente depositato, che sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza, non si applicano nei suoi confronti le norme del codice civile in materia di riduzione del capitale per perdite e di obbligo di scioglimento della società quando il capitale scenda sotto il minimo consentito.
L’istanza o la dichiarazione sono pubblicate nel registro delle imprese e gli effetti decorrono, automaticamente, da tale data. La norma tuttavia precisa che “se l’imprenditore ha chiesto anche l’applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi degli articoli 18 e 19, la sospensione degli obblighi e delle cause di scioglimento cessa a partire dalla pubblicazione nel registro delle imprese del provvedimento con il quale il tribunale dichiara l’inefficacia delle misure richieste o ne dispone la revoca”.
6. Gestione dell’impresa in pendenza di CNC e regime di esenzione per alcuni atti
L‘art. 21 espressamente statuisce che “Nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa. L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori”.
La procedura in argomento non comporta pertanto limitazioni al potere di gestione dell’impresa che normalmente spetta all’imprenditore. Questi non necessita di autorizzazioni per compiere atti gestionali, ancorché qualificabili di straordinaria amministrazione, dovrà tuttavia informare “preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento”.
L’esperto, eseguite le sue valutazioni, se ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo comunica all’imprenditore (e all’eventuale organo di controllo). Se l’imprenditore ritiene comunque di compiere l’atto, ne dà pronta notizia all’esperto il quale, “nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese. Quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l’iscrizione è obbligatoria”. Se sono state concesse misure protettive o cautelari l’esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, esegue la segnalazione al tribunale, che può pertanto procedere alla revoca o alla modifica delle misure concesse[45]. In ogni caso tutti gli atti dell’imprenditore rimangono sotta la sua responsabilità, e sono suscettibili di vaglio, a posteriori, a prescindere dalla preventiva comunicazione di cui sopra e dalla manifestazione o meno di dissenso da parte dell’esperto, che non spiega effetti sulla validità e le conseguenze dell’atto.
I commi 2 e 3 dell’art. 24, affrontando il tema della conservazione degli effetti degli atti compiuti dall’imprenditore durante le trattative della CNC in ipotesi di successivo subentro di procedure concorsuali, ci dicono invece che non sono soggetti all’azione revocatoria ex art 166, c. 2 “gli atti,” (siano essi di ordinaria che di straordinaria amministrazione) “ i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purchè coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti”. Spetterà pertanto al giudice, in sede di revocatoria, valutare detta coerenza e decidere di conseguenza. Di contra “gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 165 e 166, se, in relazione ad essi, l’esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese”….
In questo caso il dissenso dell’esperto funge da elemento necessario e sufficiente per qualificare revocabile l’atto/pagamento ed il giudice non deve compiere ulteriori valutazioni.
É invece necessario l’intervento autorizzativo del tribunale in casi specificamente previsti dall’art. 22 nei quali, in realtà, l’autorizzazione riguarda più che l’atto in sé particolari sue conseguenze. Il tribunale infatti, su espressa istanza dell’imprenditore e previa verifica della funzionalità di quanto richiesto “rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”, può autorizzare l’imprenditore stesso a contrarre finanziamenti, anche dai soci, assistiti da prededucibilità, può autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese a contrarre finanziamenti prededucibili, può autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2 c.c. “Al riguardo il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”. Il già citato art. 24 consente che gli atti autorizzati dal Tribunale conservino “i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione proposto ai sensi dell’art. 64-bis omologato, l’apertura della liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”… (per quest’ultimo vedi infra).
Per concludere, infine, la rassegna delle esenzioni previste dal menzionato art. 24, si evidenzia che il quinto ed ultimo comma dello stesso esclude l’applicabilità dell’art. 322, c. 3 (bancarotta preferenziale) e 323 (bancarotta semplice) “ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto in coerenza con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa valutata dall’esperto ai sensi dell’articolo 17, comma 5”, purchè l’esperto non abbia effettuato iscrizione del proprio dissenso, nonché “ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell’articolo 22”.
Si precisa che ogni qualvolta, in relazione alla CNC, si prevede l’intervento del tribunale, peraltro limitato a sole due aree, le misure protettive e cautelari (artt. 18 e 19) e le autorizzazioni di cui all’art. 22, le norme di riferimento richiamano, per l’individuazione della competenza, l’art. 27. Stesso rinvio è previsto per le -residuali- competenze del tribunale indicate nel comma 2 dell’art. 10 del D.L. n. 118/2021, unica norma sopravvissuta all’integrale abrogazione della parte del citato D.L. afferente alla CNC (v. precedente nota n. 3).
7. Conclusione delle trattative e possibili esiti della CNC
L’art. 23, al comma 1, prevede che, quando all’esito delle trattative le parti individuino una soluzione che consenta di superare la situazione a causa della quale l’imprenditore si è determinato ad imboccare la strada della CNC, essa possa essere formalizzata ricorrendo, alternativamente, ad una pluralità di strumenti: conclusione di un contratto, con uno o più creditori, il quale, laddove la relazione finale dell’esperto lo ritenga idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni, produrrà altresì determinati benefici fiscali[46]. I contenuti del contratto sono assolutamente liberi e rimessi alla determinazione delle parti, purchè gli effetti concreti dello stesso consentano la rimozione delle cause che possono ingenerare o hanno già ingenerato squilibrio patrimoniale o economico- finanziario all’impresa;
conclusione di una convenzione di moratoria, strumento tipico del diritto concorsuale previsto dall’art. 62; conclusione di un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, il quale con la propria sottoscrizione “dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza”. Detto accordo produce gli effetti esimenti propri del piano attestato: non revocabilità (anche con revocatoria ordinaria) degli atti, pagamenti e garanzie posti in essere[47], non configurabilità, relativamente agli stessi, dei reati di bancarotta preferenziale e bancarotta semplice[48].
L’esperto sottoscrivendolo non assume il ruolo, con le relative conseguenze giuridiche, dell’attestatore e non certifica i dati in esso contenuti, ma il suo giudizio prognostico implica pur sempre, di fatto, anche una verifica, e pertanto una valutazione, circa la non manifesta infondatezza di quanto rassegnato.
Il comma 2 prevede che se all’esito delle trattative non è individuata una soluzione tra quelle sopra indicate, l’imprenditore può, in alternativa: predisporre il piano attestato di risanamento ex art. 56; domandare l’omologazione di una accordo di ristrutturazione, anche nelle versioni agevolata e ad efficacia estesa ( in tale ultimo caso se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto, la percentuale dei creditori aderenti per categoria si riduce al 60%)[49]; accedere ad uno degli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti dal CCII o dalle leggi in tema di Amministrazione straordinaria[50] e, se imprenditore agricolo, al concordato minore, alla liquidazione controllata dei beni ed agli accordi di ristrutturazione[51]; ovvero potrà proporre domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, una procedura appositamente prevista dall’art. 25-sexies per il caso di esito negativo delle trattative poste in essere nell’ambito della CNC. Concordato semplificato e liquidazione del patrimonio.
L’art. 25-sexies conferma l’introduzione[52] di un’innovazione rilevante nel campo delle procedure concorsuali c.d. minori, rappresentata da una figura di concordato liquidatorio, definito “semplificato”, connessa inscindibilmente alla CNC che ne costituisce il presupposto necessario, caratterizzata da particolare agilità e velocità.
L’istituto assolve una duplice funzione: per un verso accelera il processo di liquidazione dell’impresa, per altro verso costituisce una spinta per i creditori a cercare una soluzione negoziata, nell’ambito della CNC.
Il primo comma dell’articolo in esame recita: “Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili[53], l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione” dell’avvenuto deposito della relazione finale, “una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi”.
La domanda di concordato semplificato ha pertanto – come già accennato- quale presupposto l’esperimento da parte dell’imprenditore di un serio tentativo di definire la situazione di difficoltà della propria impresa per mezzo del procedimento di CNC, formalmente intrapreso ma fallito.
L’esperto deve quindi poter attestare che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede.
Questo punto merita una riflessione. È infatti legittimo ritenere che la correttezza e buona fede debbano contraddistinguere il comportamento dell’imprenditore e non necessariamente anche quello di tutte le altre parti; ciò a motivo della ritenuta funzione di stimolo svolta dal concordato semplificato, nei confronti del creditore, per un buon esito della CNC. Infatti, in difetto di buon esito può profilarsi il ricorso da parte del debitore a tale nuovo istituto concorsuale, che, come stiamo per vedere, può comportare una maggior compressione dei diritti del ceto creditorio rispetto al concordato classico.
Laddove si richiedesse un comportamento qualificato a tutte le parti, il creditore, non rispettando i canoni di buona fede e correttezza richiesti dalla norma potrebbe, paradossalmente, escludere l’applicabilità di uno strumento per lui meno favorevole, venendo così avvantaggiato, anziché penalizzato, dal proprio comportamento non conforme alla legge.
L’imprenditore chiede l’omologazione del concordato in questione con ricorso presentato al tribunale del luogo in cui l’impresa ha il proprio centro degli interessi principali. “Il ricorso è comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese il giorno successivo alla data del deposito in cancelleria”. Il tribunale “valutata la ritualità delle proposta” e acquisiti la relazione finale dell’esperto e il suo parere, quest’ultimo “con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte”, nomina un ausiliario, ai sensi dell’art. 68 c.p.c.[54], per le successive incombenze. “Con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell’ausiliario e alla relazione finale e al parere dell’esperto, sia comunicata a cura del debitore ai creditori[55], “specificando dove possono essere reperiti i dati stazione e fissa l’udienza per l’omologazione” “I creditori e qualsiasi interessato
possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata”.
All’udienza per l’omologazione il tribunale, assumendo ove occorra, “i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio”, verificata:
- la regolarità del contraddittorio e del procedimento,
- il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione,
- la fattibilità del piano di liquidazione,
- che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare,
- che comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore,
omologa, con decreto motivato provvisoriamente esecutivo, il concordato.
Di immediata evidenza le novità principali che contraddistinguono il concordato semplificato.
Manca la “fase di apertura della procedura”[56], con verifiche e statuizioni ad essa inerenti, prevista per il concordato dall’art. 47, manca soprattutto l’espressione del voto da parte dei creditori, per i quali è prevista esclusivamente la possibilità di opporsi all’omologa contestando la sussistenza degli elementi di cui sopra.
Il tribunale valuta la proposta, anche per quanto riguarda il merito, per la prima volta nella fase di omologa, esercitando la propria discrezionalità ad ampio raggio e con ampi poteri, potendo disporre i mezzi istruttori anche d’ufficio.
Ovviamente ne deriva una notevole semplificazione della struttura procedimentale del concordato ed un significativo accorciamento dei tempi di ingresso effettivo della procedura.
Inoltre il concordato semplificato non deve rispettare percentuali minime di pagamento per i creditori chirografari e obblighi di apporto di risorse esterne – previsti invece dall’art 84, c. 4 per il concordato liquidatorio – ed è sufficiente che comunque assicuri “un’utilità a ciascun creditore”, che pertanto potrebbe anche essere rappresentata non da un pagamento in denaro.
Da tutto quanto precede emerge, nel concordato semplificato, un profilo -complessivamente- di maggior compressione del ruolo e delle aspettative del creditore, la qual cosa rafforza l’ipotesi che la procedura in argomento voglia anche fungere da stimolo/incentivo per il creditore ad aderire a soluzioni negoziate proposte nell’ambito della CNC[57].
Avverso il decreto di omologa del concordato potrà essere proposto reclamo alla Corte d’Appello, che deciderà, parimenti, con decreto, ricorribile per Cassazione.
Estremamente stringata è la disciplina della liquidazione del patrimonio nell’ambito del concordato semplificato. Al riguardo l’art. 25-septies prevede (i) che il tribunale, con il decreto di omologa, nomini un liquidatore; (ii) quando il piano di liquidazione presentato dal debitore “comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta”; (iii) “quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all’offerta dà esecuzione l’ausiliario, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato previa autorizzazione del tribunale”.
Il gruppo di imprese e la CNC.
L’art. 25 detta alcune regole specifiche per disciplinare l’accesso alla CNC di più imprese appartenenti ad un medesimo gruppo.
Si evidenzia in primo luogo che il CCII all’art. 2, c. 1, lettera h) ridisegna, ai fini dell’applicazione del CCII stesso, il concetto civilistico di gruppo di imprese, inserendo nei parametri, in aggiunta alle società ed enti, anche persone fisiche ed imprese non societarie.
Ciò premesso l’art. 25 prevede una gestione unitaria della CNC per tutte le imprese richiedenti appartenenti al gruppo. A tal fine detta i criteri per l’individuazione della camera di commercio competente per la nomina dell’esperto e del tribunale competente per le misure protettive e cautelari; dispone che l’esperto assolva ai propri compiti in modo unitario per tutte le imprese richiedenti, “salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In tal caso può svolgere le trattative per singole imprese”; consente la riunificazione delle procedure “quando le imprese appartenenti ad un medesimo gruppo presentano più istanze”; indica l’ulteriore documentazione da presentare con l’istanza di nomina dell’esperto, in ragione della peculiarità rappresentata dall’appartenenza delle imprese istanti ad un unico gruppo; esclude, in deroga agli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c., la postergazione per i finanziamenti eseguiti in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo, semprechè l’imprenditore abbia preventivamente informato l’esperto e questi non abbia iscritto il proprio dissenso; prevede infine che, al termine delle trattative, le imprese del gruppo possano “stipulare, in via unitaria, uno dei contratti, convenzioni o accordi, di cui all’art. 23, comma 1,” (v. supra) “ovvero accedere, separatamente o in via unitaria, alle soluzioni di cui all’art. 23”.
Imprese sotto soglia.
L’art. 25-quater estende la possibilità di ricorrere alla CNC anche agli imprenditori c.d. “sotto soglia”, ossia coloro i quali, per il combinato disposto delle lettere c) e d) dell’art. 2, c. 1, sono soggetti alle specifiche procedure previste per il sovraindebitamento[58].
Il disposto del primo comma dell’articolo in argomento al riguardo è chiaro: “L’imprenditore commerciale e agricolo che presenta congiuntamente i requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d) e che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere la nomina dell’esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”.
La disciplina è poi quella ordinaria, prevista per la CNC, salve alcune modifiche/integrazioni per lo più necessitate dall’esigenza di adeguarla alle peculiarità, in punto di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, previsti per il sovraindebitamento.
La documentazione da produrre a corredo dell’istanza di nomina dell’esperto è la stessa richiesta per le imprese, per così dire, sopra soglia, con l’esclusione del “progetto di piano di risanamento” di cui all’art. 17, c. 3, lettera b).
L’istanza per la nomina dell’esperto è presentata al segretario generale della camera di commercio competente per l’ambito territoriale in cui si trova la sede legale dell’impresa. La nomina “avviene ad opera del segretario generale al quale è presentata l’istanza”.
Il terzo comma prevede: “Se all’esito delle trattative è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui al comma 1, le parti possono, alternativamente:
“a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi idoneo ad assicurare la continuità aziendale;”
“b) concludere un accordo avente il contenuto dell’articolo 62” (al riguardo sorge spontanea una prima riflessione: stante la diversa formulazione rispetto a quella dell’art. 23, c. 1, lettera b) che invece prevede di “concludere la convenzione di moratoria di cui all’art. 62”, il richiamo dovrebbe intendersi al solo contenuto della convenzione di moratoria, con esclusione dell’estensione di efficacia ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima classe.
È probabile tuttavia che sul punto possano sorgere contrasti interpretativi, che spetterà alla giurisprudenza dirimere); “c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, idoneo a produrre” alcuni effetti premiali in materia fiscale, con la cui sottoscrizione “l’esperto da atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi e dell’insolvenza”.
Il quarto comma prevede invece che se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo, l’imprenditore può ricorrere, in alternativa, a due strumenti specifici riferibili al sovraindebitamento quali il concordato minore e la liquidazione controllata, oppure proporre la domanda di concordato semplificato e, “per la sola impresa agricola” (anche pertanto se avesse le caratteristiche di “impresa minore”[59]), “domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61”.
Miscellanea
Per completezza si ritiene opportuno evidenziare, infine, che il legislatore prevede la concessione di misure premiali, relative ai debiti tributari, in favore delle imprese che intendono avvalersi della CNC[60]. Disciplina inoltre, minuziosamente, all’art. 25-bis, (i) le modalità di calcolo del compenso dell’esperto, senza perdere di vista l’obiettivo del contenimento dei costi, (ii) il procedimento di liquidazione di detto compenso, (iii) i privilegi -processuale[61] e sostanziale[62]– che lo assistono. Fa carico alle banche ed agli altri intermediari finanziari vigilati, “nel momento in cui comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti”, di darne notizia anche agli eventuali organi di controllo societario[63].
Conclusioni
Ad otto mesi circa dal suo effettivo avvio, la CNC stenta ancora a decollare. Al 10 di maggio 2022 risultavano presentate 208 istanze di composizione negoziata. Gli esperti iscritti negli appositi elenchi, dopo un momento di carenza iniziale, probabilmente dovuta alla necessità di assolvere agli obblighi formativi previsti, sommavano invece a 2.133, di cui circa il 55% iscritti negli elenchi di Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto, con una prevalenza assoluta di commercialisti (83% circa) ed una fetta molto più ridotta di avvocati (15% circa). Gli incarichi assegnati agli esperti ammontavano a 14064.
È comunque legittimo nutrire aspettative sui futuri sviluppi, in termini di numeri, di questo nuovo strumento che il legislatore, dapprima con il D.L. n. 115/2021e poi, definitivamente, con il D. Lgs. n. 83/2022 che lo ha trasferito nel CCII, ha messo a disposizione delle imprese in stato di squilibrio patrimoniale, economico e finanziario.
Conseguentemente la crescita numerica delle procedure di composizione negoziata, in considerazione delle peculiarità in punto di obblighi per i creditori introdotti dal D.L. in esame, spingerà i creditori stessi, in particolare quelli c.d. qualificati (banche, intermediari finanziari, loro mandatari e cessionari di crediti) ad organizzare adeguatamente le proprie attività di recupero crediti, affidando la trattazione delle CNC a strutture specializzate, che sappiano muoversi con grande celerità, consapevolezza e professionalità per evitare che il creditore incorra nelle insidiose responsabilità derivanti da una gestione lenta, disinformata ed inefficiente dell’interlocuzione con l’imprenditore/debitore.
Roma, 14 luglio 2022
Avv. Massimo Ferrari, responsabile del Centro Studi di Intrum Italy S.p.A
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
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[1] Trattasi sostanzialmente di un documento composto da cinque sezioni – rispettivamente concernenti Sezione I “Test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento” disponibile on line, Sezione II “Check list (lista di controllo) particolareggiata per la redazione del piano di risanamento per la analisi della sua coerenza”, Sezione III “Protocollo di conduzione della composizione negoziata”, Sezione IV “La formazione degli esperti”, Sezione V “La piattaforma” e tre allegati, a loro volta concernenti Allegato 1 “Indicazioni per la formulazione delle proposte alle parti interessate”, Allegato2 “Istanza on line”, Allegato 3 “Dichiarazione di accettazione della nomina di esperto di composizione negoziata”.
[2] In particolare, l’art. 30-quinquies prevedeva la messa a disposizione, sulla piattaforma di accesso alla CNC, di un programma informatico in grado di elaborare i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito e consentire all’imprenditore di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento; introduceva altresì un subprocedimento alternativo, nel caso in cui l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non superasse l’importo di 30.000 euro e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma per l’esecuzione del test pratico di cui alla nota precedente, tale debito risultasse sostenibile. In tal caso la norma prevedeva che il programma elaborasse un piano di rateizzazione, che “l’imprenditore comunica ai creditori interessati dalla stessa, avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intenderà approvato e sarà eseguito secondo le modalità e i tempi nello stesso indicati. Resta salva l’applicazione delle disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali”. Dette previsioni sono ora contenute nell’art. 25-undecies del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
[3] In particolare, l’art. 30-quinquies prevedeva la messa a disposizione, sulla piattaforma di accesso alla CNC, di un programma informatico in grado di elaborare i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito e consentire all’imprenditore di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento; introduceva altresì un Del precedente impianto normativo rimangono in vigore i soli commi 2 e, con modifiche, 3 dell’art. 10 D.L. n. 118/2021, i quali prevedono che la rideterminazione “dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero differita se la prestazione è diventata eccessivamente onerosa per effetto della pandemia SARS-CoV-2”, in mancanza di accordo fra le parti possa essere demandata, su istanza dell’imprenditore che ha ritenuto di accedere alla CNC, al tribunale.
[4] La CNC ha preso il posto che secondo la precedente versione del CCII – quella del D.L. n. 14/2019 versione pre D. Lgs. n. 83/2022 – era occupato dalle “Procedure di allerta e di composizione della crisi”, le quali pertanto sono state eliminate dal codice e soppiantate dalla CNC.
[5] M. Ferro, “Il Codice della crisi e dell’insolvenza è legge: qualche novità”, 4 luglio 2022, in www.altalex.com/crisi-di-impresa.
[6] CCII, art. 12, comma 1 “L’imprenditore commerciale o agricolo” ……… “ quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza ….”.
[7] CCII, art. 21, comma 1 “….L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento”……… “. Ed inoltre, art. 23, c.1, lettera c) “…il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza”.
[8] Il D.L. n. 118/2021 aveva, in una certa qual misura, anticipato in parte i contenuti imposti della direttiva UE, la cui formale attuazione è intervenuta ad opera del D. Lgs. n. 83/2022.
[9] V. Zanichelli, “Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G.U. il 1 luglio 2022”, 1 luglio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.
[10] È il caso, ad esempio, dell’accordo di cui all’art. 23, c. 1, lettera c) del CCII.
[11] Per esempio art. 23, c. 1, lettera b) del CCII.
[12] Art. 12, c. 2 del CCII.
[13] Artt. 25-sexies e 25-septies del CCII.
[14] L’unico obbligo di facere grava sull’organo di controllo societario, al quale l’art. 25-octies impone di segnalare, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla CNC e, in pendenza di trattative, di esercitare la vigilanza sul loro andamento. La tempestiva segnalazione e la vigilanza sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c.. Per completezza si evidenzia analogo obbligo imposto dall’art. 25-novies a soggetti, tuttavia, esterni all’impresa, ossia i creditori pubblici qualificati (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrateriscossione).
[15] I criteri di individuazione, selezione e formazione dell’Esperto sono dettagliatamente disciplinati nell’art. 13 del CCII e nell’ivi richiamato Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021.
[16] In tal senso anche V. Zanichelli, op. cit.: “L’insistenza del legislatore è volta ad evitare che siano attribuite all’esperto responsabilità pari a quelle [dell’] attestatore come quella di attestare la veridicità dei dati aziendali”.
[17] Paragrafo 8 dell’allegato al Decreto Dirigenziale, cit. che sostanzialmente ribadiva il contenuto degli ex art. 2, c. 2 e 4, c. 2, primo periodo del D.L. n. 118/2021, ora transitato rispettivamente negli artt. 12, c. 2 e 16, c. 2 del CCII.
[18] “Iniziativa del pubblico ministero.
- Il pubblico ministero presenta il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza.
- L’autorità giudiziaria che rileva l’insolvenza nel corso di un procedimento lo segnala al pubblico ministero.
- Il pubblico ministero può intervenire in tutti i procedimenti diretti all’apertura di una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
- Il rappresentante del pubblico ministero intervenuto in uno dei procedimenti di cui al comma 3, instaurato dinanzi al tribunale di cui all’articolo 27, può chiedere di partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello. La partecipazione e’ disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale”.
[19] “Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti [quelli relativi all’azienda ceduta] anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
[20] V. Zanichelli, cit..
[21] Il decreto ribadisce sistematicamente che si tratta di “suggerimenti” e non di precetti, il cui scopo è quello di semplificare l’iter di accesso alla procedura da parte dell’imprenditore e di fornire all’esperto dei criteri di valutazione circa la fondatezza, nei singoli casi di specie, delle prospettive di risanamento.
[22] Art. 15 del CCII.
[23] Art. 4, c. 4 del CCII: “I creditori hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite”.
[24] L. Panzani, “Il D.L. Pagni ovvero la lezione (positiva) del covid”, 25 agosto 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[25] N. Abriani, “Concordato preventivo e ristrutturazione dell’impresa dopo il D.L. n. 118/2021: Que reste-t-il?”, 16 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.
[26] Il Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021 (di attuazione del D.L. n. 118/2021) declina tali determinazioni che impongono la consultazione in: “modifiche organizzative; la modifica dell’inquadramento; la revisione del sistema premiale; la revisione del sistema retributivo; la valutazione preliminare su eventuali piani di riordino e/o riduzione dei dipendenti, anche tramite incentivi all’esodo, evidenziando le modalità di attuazione (ad es. contratto di espansione) nel rispetto della normativa vigente”.
[27] Il criterio per l’individuazione è contenuto nell’art. 12, comma 1, del CCII.
[28] L’esperto dovrà infatti previamente verificare il possesso da parte sua dei requisiti di indipendenza e terzietà e delle effettive capacità di affrontare la specifica situazione, onde evitare di incorrere in gravose responsabilità.
[29] In tali casi, oltre che in quello di formulazione di proposta di concordato minore -ricorrendone i presupposti- l’art. 25- quinquies del CCII prevede il divieto di presentare l’istanza per la CNC.
[30] Prevede al riguardo l’art. 13, c. 7 del CCII che “In caso di incompletezza dell’istanza di nomina o della documentazione, il…… segretario generale della camera di commercio ove è stata presentata] invita l’imprenditore a integrare le informazioni o la documentazione mancante entro un termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale l’istanza non è esaminata e l’imprenditore può riproporla”.
[31] Documento Allegato al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 2021, Sez. II. “Le risposte alle domande contenute nella presente check-list costituiscono le indicazioni operative per la redazione del piano. Esse debbono intendersi come recepimento delle migliori pratiche di redazione dei piani d’impresa e non come precetti assoluti. Gli effettivi contenuti del singolo piano dipenderanno infatti da una serie di variabili, e vi influiranno, tra le altre cose, la tipologia dell’impresa e dell’attività svolta, la dimensione e la complessità dell’impresa e le informazioni disponibili. Il contenuto della presente check-list dovrebbe consentire all’imprenditore che intende accedere alla composizione negoziata di redigere un piano di risanamento affidabile. La check-list servirà poi all’esperto per l’analisi di coerenza del piano. La redazione del piano di risanamento è un ‘processo’. Esso presuppone la presenza di minimi requisiti organizzativi (par. 1 della presente Sezione) e la disponibilità di una situazione economico patrimoniale aggiornata (par. 2 della presente Sezione). Il piano di risanamento deve muovere dalla situazione in cui versa l’impresa e dalle sue cause (par. 3 della presente Sezione), individuate in modo realistico. Le strategie di intervento devono attagliarsi ad essa e consentire di rimuovere le difficoltà in essere”.
[32] Ossia quando l’imprenditore si rivolge al tribunale per le misure protettive e cautelari ovvero per le autorizzazioni espressamente previste dagli articoli in argomento ed i tempi del tribunale non consentano di esaurire la CNC entro i 180 giorni.
[33] L. Baccaglini e F. De Santis, “Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziala della crisi: profili processuali”,12 ottobre 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[34] Non è prevista, come invece lo è nel concordato preventivo l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti.
[35] Art. 18, c. 3 del CCII: “Con l’istanza di cui al comma 1, l’imprenditore può chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori”.
[36] Art. 18, comma 4 del CCII.
[37] Art. 18, comma 5 del CCII.
[38] L. Baccaglini e F. De Santis, op. cit..
[39] Il provvedimento è stato emesso nella vigenza del D.L. n. 118/2021, ma il nuovo assetto normativo del D. Lgs. N. 83/2022 non ha modificato, al riguardo, il quadro di riferimento.
[40] Si evidenzia che, nella vigenza del D.L. n. 118/2021, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 19 febbraio 2022, si è pronunciato, fra l’altro, circa la richiesta di un provvedimento cautelare con cui il ricorrente mirava a far dichiarare inefficace il recesso da un contratto di apertura di credito notificato dalla banca prima della richiesta di avvio della CNC. Osserva il tribunale come il ricorrente miri ad ottenere “la riattivazione delle linee di credito già cessate al momento della proposizione dell’istanza”, mentre “l’apparato normativo sembra […] escludere la possibilità di un sindacato sul merito di un recesso intervenuto al momento della introduzione della procedura negoziata” (ancorchè le trattative fossero già iniziate in precedenza). Peraltro “l’imposizione in via cautelare della riapertura delle linee di credito mirerebbe a costringere il creditore, ad un facere pressoché infungibile che, nel caso di mancato spontaneo adempimento, potrebbe essere presidiato solo attraverso la previsione di penali, non garantendo l’effetto immediato auspicato dal debitore”. Conseguentemente il tribunale non ha concesso quanto richiesto.
[41] Il Tribunale di Trani, con ordinanza del 21 marzo 2022, ha ritenuto che la mancata pubblicazione del numero di RG nei trenta giorni dia luogo ad una mera irregolarità, non andando direttamente a compromettere l’efficacia delle misure protettive, sempre che il ricorso sia tempestivo.
[42] La documentazione richiesta coincide con la quasi totalità di quella richiesta a corredo dell’istanza per la nomina dell’esperto.
[43] Si segnala sul punto un’interessante analisi svolta dagli avvocati Luciana Cipolla e Luca Scaccaglia nella Newsletter dello Studio La Scala, di Milano, del 31/1/2022, circa i destinatari della notifica del decreto di fissazione di udienza: “Nulla viene detto [nella norma] con riguardo ai soggetti ai quali tale provvedimento deve essere notificato. Astrattamente i soggetti interessati potrebbero essere: i creditori che hanno già intrapreso azioni esecutive o cautelari; i creditori che alla data di avvio della composizione negoziata, pur non avendo ancora avviato azioni esecutive, abbiano notificato l’atto di precetto e, quindi, sono in procinto di avviare tali azioni; i soli dieci creditori più rilevanti, visto che, tra i documenti che l’imprenditore deve depositare con il ricorso, vi è l’elenco dei 10 creditori maggiormente esposti (c.d. top-ten); tutti i creditori, indistintamente. Chi sono pertanto i creditori che devono essere sentiti e ai quali deve essere notificato il ricorso e il decreto di fissazione udienza ai fini dell’integrazione del contraddittorio? Sul punto il Tribunale di Firenze, con il provvedimento del 29 dicembre 2021, ha affermato che, se le misure protettive richieste nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa non riguardano soggetti determinati ma si rivolgono alla generalità dei creditori, la notifica del decreto di fissazione dell’udienza può essere effettuata ai soli creditori che abbiano promosso azioni esecutive o cautelari o richiesto la dichiarazione di fallimento. Tale orientamento pare oggi confermato anche da altri tribunali. E infatti il Tribunale di Roma, con provvedimento del 24 dicembre 2021, ha affermato che il ricorso di cui all’art. 7 D.L. n. 118/2021, volto ad ottenere la conferma delle misure protettive e cautelari, deve essere notificato dall’imprenditore all’esperto, ai creditori (diversi dai lavoratori) che abbiano promosso procedure esecutive o cautelari nei suoi confronti o siano intervenuti nei relativi procedimenti nonché agli eventuali destinatari di specifiche misure cautelari formanti oggetto del procedimento. Ancora il Tribunale di Bergamo, con provvedimento del 19 gennaio 2021, ha affermato che il contraddittorio del procedimento deve comprendere tutti i soggetti le cui sfere giuridiche patrimoniali e processuali possano essere attinte dal provvedimento richiesto (nel caso in esame le parti di una procedura esecutiva immobiliare pendente avanti al Tribunale di Bergamo). Da segnalare invece un ulteriore decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 7, co. 3 del Tribunale di Perugia che, con provvedimento del 12 gennaio 2022, si è limitato a prevedere che il ricorso e il decreto devono essere notificati a tutti i creditori e ai terzi interessati dalle trattative lasciando così all’imprenditore l’onere di individuare i propri contraddittori. In proposito vale la pena precisare che, se è vero che solo i creditori ai quali verrà notificato il provvedimento saranno parti del giudizio è anche vero che l’art. 7, comma 6, del D.L.n. 118/2021 prevede che i creditori (anche quelli ai quali non è stato notificato il provvedimento e non hanno quindi preso parte al giudizio) possono, in qualunque momento, adire il tribunale per chiedere la revoca o la modifica delle misure protettive. Allo stato pare comunque che l’orientamento della giurisprudenza di merito sia quello per cui il contraddittorio debba essere instaurato con i creditori che sono direttamente interessati dalle misure protettive, e dunque nei confronti di coloro che hanno iniziato una procedura esecutiva e nei confronti di coloro che hanno depositato una istanza per la dichiarazione di fallimento. Del resto, sono questi i creditori nei cui confronti effettivamente la richiesta di applicazione o conferma delle misure inciderà direttamente”. Inoltre una ordinanza del Tribunale di Pescara, in data 5 maggio 2022, (in Newsletter dello studio La Scala del 29 giugno 2022, con commento di L. Dell’Oro) si è soffermata “a indagare quale sia il concetto di parte utilizzato dal legislatore con riferimento al procedimento per la conferma o revoca delle misure protettive e cioè chi debba necessariamente partecipare a detto procedimento”: “secondo il Tribunale di Pescara, nel procedimento per la revoca o la conferma delle misure protettive nell’ambito della composizione negoziata, occorre instaurare il contraddittorio con tutti i creditori che potrebbero mettere a rischio la prosecuzione delle trattative”.
[44] L. Baccaglini e F. De Santis, op. cit..
[45] Art. 19 comma 6 del CCII.
[46] Quelli previsti dall’art. 25-bis, c. 1 del CCII.
[47] Espresso richiamo all’art. 166, comma 3, lettera d) del CCII.
[48] Espresso richiamo all’art. 324 del CCII.
[49] Artt. 57, 60 e 61 del CCII.
[50] D. Lgs. N. 270/1999 e D.L. n. 347/2003 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/2004.
[51] È espressamente richiamato, al riguardo, l’art. 25-quater, c. 4 che a sua volta rinvia agli art. 74, 268, 57,60, 61 e 25-sexsies del CCII.
[52] Operata originariamente dall’art. 18 del D.L. n. 118/2021.
[53] Il riferimento è relativo alle quattro figure negoziali previste quale esito delle trattative, stranamente non è richiamato anche il piano attestato, che ha pari natura.
[54] Art. 68 c.p.c.: “Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorga necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo. Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge. Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.”
[55] Si fa riferimento ai creditori risultanti dall’elenco depositato ai sensi dell’art. 39, c.1 del CCII.
[56] L. Panzani, op. cit., pag. 36.
[57] Così anche Panzani, cit.: “I creditori, infatti, debbono essere consapevoli che all’esito negativo l’imprenditore potrà liberarsi delle sue obbligazioni con un concordato liquidatorio che deve rispettare soltanto le cause di prelazione e che non lo vincola a riconoscere ai creditori più di quanto essi potrebbero ottenere in caso di fallimento. Essi sono pertanto stimolati a recedere da posizioni attendiste o da pretese eccessive”.
[58] Sono tali i titolari di un’impresa (art. 2, c. 1, lettera d))“che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila”.
[59] Si rammenta al riguardo che, in via generale, l’art. 57 del CCII prevede che “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore”.
[60] Art. 25-bis del CCII..
[61] Il provvedimento costituisce prova scritta idonea a norma dell’articolo 633, primo comma, numero 1), del codice di
procedura civile nonché titolo per la concessione dell’esecuzione provvisoria ai sensi dell’articolo 642 del codice di procedura civile.
[62] Il compenso dell’esperto è prededucibile ai sensi dell’articolo 6 del CCII.
[63] Art. 25-decies del CCII.
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Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno