Le fonti normative.
La Composizione Negoziata per la Soluzione della Crisi d’Impresa (in appresso CNC) è stata introdotta nel nostro ordinamento con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, riguardante “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”, convertito, con modifiche, con Legge del 21 0ttobre 2021, n. 147. Il D.L., nella sua veste definitiva, dedica alla CNC gli articoli da 2 a 19, commi 1-2-3 e l’art. 23, comma 2.
Il provvedimento si colloca nel filone delle misure di supporto al sistema economico italiano, ideate per fronteggiare gli effetti negativi della crisi pandemica sul mondo delle imprese.
Nelle motivazioni poste a fondamento della decretazione d’urgenza è infatti esplicitata l’urgente “esigenza di introdurre nuovi strumenti che incentivino le imprese ad individuare le alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale e di intervenire sugli istituti di soluzione concordata della crisi per agevolare l’accesso alle procedure alternative al fallimento esistenti”.
La disciplina, in forza di espresso rinvio contenuto nell’art. 3, c. 2 del D.L. n. 118/2021, è completata dal Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia, emanato il 28 settembre 2021, che svolge funzioni di specificazione tecnica del procedimento e di attuazione della norma di legge e fornisce le linee guida operative ai soggetti interessati1, nonché, sempre prevalentemente per aspetti tecnico-attuativi, dagli art. dal 30 ter al 30 sexies del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, riguardante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, convertito, con modifiche, con Legge del 29 dicembre 2021, n. 233[1] .
Uno sguardo di sintesi.
La CNC è un nuovo strumento di governo della crisi d’impresa messo a disposizione dell’imprenditore, sia commerciale che agricolo, per consentirgli di tentare il salvataggio dell’attività aziendale, in un quadro eminentemente privatistico e volontario, in caso di squilibrio economico patrimoniale che possa condurre a, o sia già sfociato in, una situazione di crisi o di insolvenza vera e propria.
Più che una procedura dettagliatamente disciplinata si presenta come una cornice i cui contenuti sono rimessi alla libera volontà delle parti. Ha funzione dichiaratamente preventiva[2], ma la sua applicabilità non risulta certo esclusa in caso di crisi o insolvenza già presenti, purchè siano ravvisabili concrete prospettive di risanamento[3]. E’ pertanto tale prospettiva che funge da scrimine, ineliminabile, per poter ricorrere, da parte dell’imprenditore, alla CNC.
La normativa in argomento anticipa in una certa qual misura le indicazioni della Direttiva UE 2019/1023, riguardante fra l’altro la ristrutturazione preventiva delle imprese in crisi ed il miglioramento dell’efficacia dei relativi processi. Si pone al di fuori del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (in appresso CCII), che pur prevede delle misure di allerta[4], ed in genere dal diritto concorsuale, stante il prevalere della componente negoziale e l’assenza del giudice, il cui intervento è limitato alle sole misure protettive e cautelari (ove richieste) e ad alcune specifiche autorizzazioni. In particolare, neanche in fase inziale si colloca un vaglio, del giudice o di altra autorità, circa la sussistenza di requisiti di accesso alla CNC.
E’ inequivocabile ed evidente il preminente carattere privatistico e volontario che caratterizza la CNC in tutte le sue fasi di tentativo, posto in essere dall’imprenditore, di instaurare una trattativa, con i creditori e/o con controparti comunque interessate/partecipanti al processo produttivo dell’azienda, atta a raggiungere accordi di qualsiasi contenuto, in forma di contratto (anche atipico) o riconducibili (salvi alcuni temperamenti della disciplina) a figure tipizzate dal diritto concorsuale vigente, purchè idonei a scongiurare il rischio di una crisi dell’impresa ovvero a consentirne il risanamento e la continuità produttiva, anche con il ricorso alla cessione, in toto o in parte, dell’azienda. In alternativa, all’esito delle trattative, l’imprenditore potrà eventualmente decidere di accedere agli strumenti tipici del diritto concorsuale vigente, oppure di ricorrere al “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”, procedura liquidatoria espressamente introdotta e disciplinata, anch’essa, dal D.L. n. 118/2021. Nessuno, tuttavia, degli esiti descritti costituisce una via obbligata, bensì una libera scelta dell’imprenditore[5].
Fermo quanto sopra, assume un ruolo centrale nel procedimento di CNC “l’esperto”, figura professionale terza ed indipendente, particolarmente versata in materia di crisi d’impresa, ristrutturazioni e risanamento aziendale[6].
L’esperto non determina ne condiziona le scelte dell’imprenditore e delle altre parti con cui questi interloquisce. Egli “agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento dello squilibrio patrimoniale o economicofinanziario, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa, in funzione di consentire all’impresa di rimanere sul mercato….L’esperto è terzo rispetto a tutte le parti, imprenditore compreso. Non lo assiste, né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata ma ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi. Coadiuva le parti nella comunicazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna… Nello svolgimento delle trattative l’esperto opera in modo professionale, imparziale e indipendente”[7].
L’esperto è altresì il vigile custode dell’effettivo perseguimento e del corretto equilibrio delle finalità che la legge assegna alla CNC, ossia le concrete prospettive di risanamento dell’impresa, la salvaguardia degli interessi dei creditori, in primis, e delle altre parti interessate, il rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte di tutti i protagonisti, tempi stringati per l’espletamento delle trattative.
L’esperto rappresenta l’alfa e l’omega della procedura: l’accettazione dell’incarico da parte sua ne costituisce il momento iniziale, la relazione circa gli esiti delle trattative ovvero l’anticipata richiesta di archiviazione per mancanza ab origine o il venir meno in itinere delle concrete prospettive di risanamento, ne costituiscono il momento finale.
Esame analitico del procedimento.
- Presentazione dell’Istituto.
Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata della CNC seguendo l’articolato del D.L. n. 118 nella parte in cui la riguarda.
La previsione dell’istituto in esame è contenuta nell’art. 2, espressamente intitolato “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”. Il primo comma espressamente recita: “L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, puo’ chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. Pertanto l’accesso alla procedura presuppone un’espressa richiesta, formulata dall’imprenditore in difficoltà, di nomina di un esperto indipendente; come visto non va rivolta ad un giudice, bensì al segretario della camera di commercio.
Il secondo comma spiega che “L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.
Ecco qui già delineate le principali caratteristiche, innovative, della CNC: volontarietà e degiurisdizionalizzazione del procedimento, ruolo preponderante – di facilitatore delle trattative svolto dall’esperto.
- Gli “strumenti” operativi.
La volontà del legislatore è di mettere a disposizione degli imprenditori in difficoltà uno strumento agile, economico e di semplice utilizzo, con tempi di avvio estremamente contenuti. A tali fini l’art.3 istituisce “una piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese attraverso il sito internet istituzionale di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. La piattaforma è gestita dal sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, per il tramite di Unioncamere, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico. Sulla piattaforma sono disponibili una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati, e un protocollo di conduzione della composizione negoziata.
La struttura della piattaforma, la lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico e il contenuto del protocollo” sono stati definiti con il decreto dirigenziale menzionato, il quale ha indicato le linee guida che è possibile seguire[8].
Ancora, l’art. 3 dispone che presso la camera di commercio di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano è formato “un elenco di esperti nel quale possono essere inseriti: gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa; gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati. Possono inoltre essere inseriti nell’elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza”. L’iscrizione nell’elenco è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista dal decreto dirigenziale più volte richiamato. La domanda di iscrizione avviene per il tramite degli Ordini professionali di appartenenza, ovvero direttamente da parte di coloro ai quali la norma in commento consente di svolgere il ruolo di esperto nella CNC, pur non appartenendo, essi, agli albi indicati.
L’art. 3 indica altresì in modo dettagliato la documentazione che ciascuno dovrà produrre a corredo della propria richiesta di inserimento nell’elenco degli esperti. Disciplina infine le modalità di individuazione e nomina dell’esperto per ogni singola procedura di CNC, fissando termini ristrettissimi e imponendo che ciò avvenga tenendo conto delle specifiche competenze e della complessiva esperienza, anche formativa, evidenziate dal curriculum vitae e “secondo criteri che assicurano la rotazione e la trasparenza e avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi
contemporaneamente”.
- Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto; doveri delle parti.
L’art. 4, “Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto e delle parti”, disciplina aspetti di grande rilevanza giuridica, imponendo agli attori della CNC obblighi la cui violazione si ritiene gravida di conseguenze.
Il primo comma impone all’esperto incaricato il possesso di rigidi requisiti di indipendenza, richiamando prioritariamente l’art. 2399 c.c., specificando ed ampliandone l’ambito, in quanto l’esperto designato, inoltre, “non deve essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore ne’ essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa ne’ aver posseduto partecipazioni in essa. Chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata”.
Il secondo comma sottolinea che l’esperto “è terzo rispetto a tutte le parti e opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente”; può avvalersi (a proprie spese) di coadiutori dotati di specifiche competenze, “non legati all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale”. La lettera ed il contesto di tale ultima statuizione lasciano presumere che l’eventuale assenza del requisito di indipendenza in capo al coadiutore comporti una sorta di responsabilità oggettiva per l’esperto, non elidibile con il rispetto – nell’operare la scelta- dei criteri di diligenza e buona fede, che ovviamente si aggiunge alle responsabilità rivenienti dall’eventuale violazione degli obblighi direttamente gravanti su di lui.
Il terzo comma, a conferma dell’obbligo di riservatezza che incombe sull’esperto e a sua maggior tutela, prevede che l’esperto non possa essere chiamato a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni; estende altresì al medesimo
l’applicazione delle disposizioni dell’art. 200 c.p.p. (in tema di deposizioni) e le garanzie previste per il difensore dall’art. 103 c.p.p. (in tema di ispezioni, perquisizioni e sequestri)[9].
Il quarto comma è rivolto invece alle parti della CNC. Introduce le statuizioni “etiche” dell’articolo in esame, ossia quelle afferenti i comportamenti a cui esse parti debbono uniformarsi, facendo loro espresso obbligo di agire secondo buona fede e correttezza[10]. Tale principio, la cui enunciazione sembrerebbe tautologica, trattandosi di un principio generale dell’ordinamento, in realtà è meglio declinato ed assume contorni decisamente più precisi nei commi successivi: Quinto comma. “L’imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori”. Conseguentemente appare lecito ritenere che, ad esempio, anche la semplice reticenza, incompletezza o superficialità nel fornire le informazioni ovvero una gestione poco accorta, ancorché non dolosa, del patrimonio e dell’impresa possano determinare l’insorgere di responsabilità.
Sesto comma. Il primo periodo recita: “Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato”. La statuizione è decisamente innovativa ed è destinata a colpire atteggiamenti purtroppo diffusi, dovuti soprattutto all’elefantiasi strutturale di alcuni creditori istituzionali ed a lentezze burocratiche ad essi interne, incompatibili con le esigenze di pronta gestione della crisi, soprattutto in chiave preventiva. Conseguentemente atteggiamenti contraddistinti da passività o l’asserita mancanza di informazioni/conoscenza approfondita della “pratica” non potranno più essere giustificati, né tantomeno addotti quale giustificazione da tali creditori: da tali atteggiamenti -non conformi al disposto normativo- dipenderà invece specifica responsabilità ascrivibile al creditore inefficiente, laddove il comportamento costituisca ingiustificato ostacolo alla celerità delle trattative o ne pregiudichi l’esito. E’ questo un punto sul quale i creditori bancari, gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti dovranno prestare particolare attenzione, strutturandosi dal
punto di vista organizzativo in modo tale da poter agire efficientemente ed efficacemente, fin da subito, nel rispetto del dettato normativo.
Inoltre, il secondo periodo prevede che “L’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore”[11].
Sostanzialmente, sempre al fine di salvaguardare il principio di correttezza e buonafede che deve governare tutta la fase delle trattative, impedendo che la CNC possa costituire legittimo motivo per la revoca dei fidi viene introdotto il divieto di “approfittare” della notizia fornita spontaneamente dall’imprenditore circa le proprie difficoltà, per anticipare gli altri creditori nella corsa al “si salvi chi può”, dalla quale spesso deriva la definitiva ed irreparabile compromissione di ogni speranza di positiva risoluzione delle criticità in essere.
Settimo comma. “Tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e rispettano l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”. Tale ultimo periodo rappresenta una ulteriore significativa innovazione, estesa a tutte le parti e non riferibile soltanto ad alcuni creditori qualificati. In via generale “il dovere di collaborazione non si traduce nella necessità di prestare consenso alle iniziative dell’imprenditore, ma di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando il contraddittorio. Si spiega pertanto il precetto contenuto nell’ultima parte dell’art. 4, comma 7, che impone alle parti, tutte e dunque anche allo stesso imprenditore, di dare riscontro alle proposte e alle richieste … durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”[12]. Quindi, per quanto concerne i creditori, le mancate risposte protratte nel tempo, le estenuanti liturgie deliberative interne, i dinieghi non adeguatamente motivati comporteranno l’insorgere di responsabilità in capo al creditore inottemperante. Ne consegue che questi dovrà affidare, tempestivamente, la pratica ad una struttura gestionale adeguatamente specializzata, che disponga pertanto di elevati profili professionali, giuridici ed economici, in grado di affrontare a tutto tondo le problematiche giuridico-economiche proprie della crisi d’impresa e del tentativo di risanamento, ed inoltre dovrà calibrare i propri processi deliberativi interni in funzione dell’obbligo di tempestività che la CNC impone.
In estrema sintesi “i creditori non sono più considerati soltanto come titolari di diritti ma diventano, con una chiarezza sinora inedita sul piano normativo, anche destinatari di doveri”[13] . L’ottavo comma, infine, impone al datore di lavoro, che occupi più di 15 dipendenti, laddove preveda che “nel corso della CNC sono assunte rilevanti determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni”, una previa informativa ai sindacati[14].
- Accesso alla procedura e suo funzionamento.
L’art. 5 disciplina l’accesso alla CNC ed il suo funzionamento.
Il primo passo spetta all’imprenditore che intende avvalersi della procedura in esame, il quale deve presentare alla competente camera di commercio[15] “l’istanza di nomina dell’esperto indipendente”[…]”tramite la piattaforma telematica di cui all’art. 3 mediante la compilazione del modello, ivi disponibile, contenente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell’incarico da parte dell’esperto”. Deve essere pertanto, fin dal momento iniziale, tutto improntato alla massima chiarezza e trasparenza, per consentire all’apposita commissione costituita nell’ambito
della camera di commercio l’individuazione dell’esperto con le caratteristiche più confacenti alla situazione concreta (tenendo conto della sua specifica professionalità e delle esperienze maturate) e quindi all’esperto nominato la propria autovalutazione di idoneità in ragione dell’incarico assegnato[16] .
Sempre onde assicurare, fin da subito, la massima trasparenza, anche in ragione delle esigenze di celerità a cui la procedura è improntata, l’istanza dovrà essere corredata da una serie di documenti che forniscano ampia visibilità sulla effettiva situazione dell’impresa e sulle prospettive di risanamento: i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso il registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi d’imposta; una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata; una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che si intendono adottare; l’elenco dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti scaduti ed a scadere e le relative garanzie reali e personali; una dichiarazione sulla pendenza di ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza; una dichiarazione con la quale si attesti di non aver depositato ricorsi per l’ammissione al concordato preventivo o l’omologazione di un accordo per la ristrutturazione dei debiti (anche meramente prenotativi)[17]; il certificato unico dei debiti tributari; la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione; il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi; un estratto aggiornato delle informazioni presenti nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.
Le tappe successive rilevanti per la descrizione del funzionamento della procedura sono le seguenti: Comma 4. “L’esperto, verificati la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell’incarico, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, comunica all’imprenditore l’accettazione e contestualmente inserisce la dichiarazione di accettazione nella piattaforma. In caso contrario ne dà comunicazione riservata al soggetto che l’ha nominato perché provveda alla sua sostituzione”[…] Comma 5. “L’esperto, accettato l’incarico, convoca senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica. L’imprenditore partecipa personalmente e può farsi assistere da consulenti”. Sarebbe opportuno che già in questa fase l’imprenditore fosse in grado di presentare all’esperto un piano articolato e completo, che altrimenti può essere redatto nel corso della composizione negoziata. A tale fine sulla piattaforma informatica è presente la check-list (lista di controllo) particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per l’analisi della sua coerenza, predisposta con il citato Decreto Dirigenziale di attuazione, che contiene utili suggerimenti operativi, a disposizione dell’imprenditore per la redazione di un piano affidabile, nonché dell’esperto per l’analisi di coerenza del piano[18]. “Se ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete l’esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all’esito della convocazione o in un momento successivo, l’esperto ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”. E’ pertanto precipuo dovere dell’esperto, fonte peraltro di responsabilità, non perdere mai di vista il fine vero della CNC, ossia la possibilità effettiva, per l’imprenditore, di conseguire il risanamento dell’impresa raggiungendo accordi con (tutti o alcuni) i creditori e altre parti comunque interessate alla gestione. La prima valutazione, circa l’idoneità, di quanto prospettato o prospettabile, per conseguire il risanamento, viene eseguita nella fase iniziale della procedura: in difetto l’esperto non deve consentire che si intraprendano trattative, che avrebbero mero effetto dilatorio; deve altresì vigilare, per tutta la durata della CNC, sulla permanenza di detta idoneità, ponendo fine senza indugio alla procedura laddove ritenesse che le prospettive di buon esito siano venute meno. Dovrà pertanto prestare costantemente attenzione non solo al dato materiale rappresentato dalla concreta perseguibilità del risanamento, ma anche ai comportamenti tenuti dalle parti, allorquando da questi sia desumibile l’impossibilità di raggiungere un accordo in tempi ragionevoli. In assenza di previsioni di legge più dettagliate, in ipotesi di permanenza dell’attuale contesto normativo, sarà la giurisprudenza a delineare i confini effettivi della responsabilità dell’esperto. Questi sicuramente non potrà essere chiamato a rispondere del raggiungimento degli obbiettivi della CNC, ma sicuramente dovrà prestare attenzione a tutti quegli elementi che ne facciano significativamente dubitare.
Comma 6. Omissis.
Comma 7. “L’incarico dell’esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1. L’incarico può proseguire per non oltre centottanta giorni quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente, oppure quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli 7 e 10”[19] […]. Tale disposizione rimarca la volontà del legislatore di rifuggere da una procedura che possa, surrettiziamente, trasformarsi in strumento meramente dilatorio nelle mani del debitore: i tempi della negoziazione sono stringati e la proroga ha carattere eccezionale e comunque, anche se concordata fra tutte le parti, necessita del consenso dell’esperto, che sarà necessariamente condizionato dalle valutazioni di sua competenza relative alle effettive probabilità di successo della CNC a seguito di proroga del
termine.
Comma 8. “Al termine dell’incarico l’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti”. La relazione appare dovuta a prescindere dall’esito della CNC. Il Decreto Dirigenziale prevede altresì che “alla relazione hanno accesso, per il tramite della Piattaforma Telematica, l’imprenditore, i suoi professionisti e l’organo di controllo ed il revisore legale, se in carica, e, ai soli fini della liquidazione del compenso, il soggetto che ha nominato l’esperto. L’inserimento della relazione finale nella Piattaforma Telematica è necessario ai fini dell’archiviazione del procedimento da parte del segretario generale della camera di commercio competente”. Non è prevista alcuna ipotesi/strumento specifici di impugnazione/contestazione della relazione. Si deve tuttavia ritenere che la stessa possa essere oggetto di critica e produrre eventuali conseguenze in termini di responsabilità dell’esperto secondo gli ordinari principio di diritto.
Comma 8 bis: Omissis….
Comma 8-ter. “In caso di archiviazione dell’istanza di cui all’articolo 2, comma 1, l’imprenditore non può presentare una nuova istanza prima di un anno dall’archiviazione stessa”. Anche tale statuizione, introdotta dalla legge di conversione, ribadisce la volontà del legislatore di evitare un ricorso abusivo, con intenti meramente dilatori, alla procedura di CNC.
- Misure protettive e cautelari. Sospensione degli obblighi conseguenti a riduzioni del capitale
per perdite.
Gli artt. 6 e 7 consentono e regolano l’applicazione, in corso di CNC, di una serie di misure/provvedimenti il cui scopo è permettere il sereno svolgimento delle trattative.
Si è correttamente osservato che “Il d.l. n. 118 del 2021 individua nelle misure protettive e nei provvedimenti cautelari uno strumento di centrale importanza per la prosecuzione ed il buon esito delle trattative, condotte dall’imprenditore (con l’ausilio dell’esperto) nell’ambito della procedura di soluzione negoziata della crisi”[20].
Le misure protettive, peraltro già presenti nella legge fallimentare e previste anche dal CCII, hanno lo scopo di salvaguardare l’imprenditore-debitore dall’aggressione dei creditori.
L’art. 6, comma 1 dispone: “L’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza”, parimenti rivolta al segretario generale della competente camera di commercio, “l’applicazione di misure protettive del patrimonio. L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o
sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono inibiti i pagamenti”[21].
Le misure protettive, in via generale, hanno efficacia erga omnes; nella CNC tuttavia è rimessa alla volontà dell’imprenditore richiedente la possibilità di operare una selezione, sia dal punto di vista oggettivo, indicando quali procedure si voglia bloccare, sia dal punto di vista soggettivo, indicando i creditori destinatari. Egli è pertanto arbitro dell’efficacia che si vuole ad esse attribuire. Si noti in particolare che il debitore, ove lo voglia, può consentire in ogni caso la valida acquisizione di diritti di prelazione a suo carico ed eseguire pagamenti.
Sono espressamente esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.
Nell’ambito delle misure protettive è previsto che dal giorno della pubblicazione dell’istanza per l’applicazione delle misure protettive “e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”[22] .
E’ infine statuito che” i creditori interessati dalle misure protettive” (e qui, ma ancor più esplicitamente nel successivo art. 7, comma 4 [23], troviamo conferma della possibilità di operare una selezione dei destinatari delle misure in argomento) “non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possano anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza” di applicazione delle misure di protezione[24].
Le misure protettive spiegano efficacia per effetto della loro richiesta, ma debbono essere sottoposte al tribunale per l’eventuale conferma, revoca o modifica. “Ciò sta a significare che l’effetto protettivo, pur producendosi immediatamente in forza di una mera espressione di volontà dell’imprenditore (esternata attraverso la pubblicità camerale), ha natura provvisoria, perché destinato a venir meno in mancanza di un intervento dell’autorità giurisdizionale”[25].
Le misure protettive previste dall’art. 6 hanno in genere ad oggetto i beni dell’imprenditore, ma secondo una recente ordinanza del Tribunale di Asti, in data 3 marzo 2022, possono interessare anche beni di terzi, a condizione che essi siano funzionali all’attività d’impresa.
L’art. 7 disciplina il procedimento dinanzi al tribunale ed introduce la previsione di possibili provvedimenti cautelari, sempre finalizzati alla “protezione” delle trattative onde favorirne il buon esito, da richiedere al giudice in aggiunta alla conferma o modifica delle misure protettive.
Recita il primo comma: “Quando l’imprenditore formula la richiesta di cui all’articolo 6, comma 1, con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorre, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative”. L’adozione di provvedimenti cautelari in ambito concorsuale non è nuova ed è finalizzata alla conservazione delle garanzie patrimoniali
facenti capo al debitore, ad impedire sottrazioni o distrazioni di beni; cura pertanto interessi della massa e viene eseguita “nei confronti” del debitore. Nella CNC assistiamo invece ad un rovesciamento di prospettiva: i provvedimenti cautelari posso essere adottati su richiesta del debitore e sono rivolti nei confronti dei creditori o di terzi; l’obiettivo degli stessi è rappresentato, come detto, dalla necessità di assicurare il buon andamento delle trattative e l’auspicato buon esito delle stesse e debbono essere proporzionati avuto riguardo al pregiudizio che gli stessi possono arrecare ai creditori o ai terzi destinatari. Competerà al giudice valutare il giusto bilanciamento fra le varie (e a volte confliggenti) esigenze da tutelare.
Mentre il contenuto delle misure protettive è tipizzato (espressamente individuato dalla norma), quello dei provvedimenti cautelari è atipico e lasciato alla discrezionalità del giudice. La norma si limita a disciplinare il procedimento, richiamando le modalità previste dall’art. 669-bis e ss. c.p.c. (provvedimenti cautelari), dovendosi tuttavia ritenere esclusa, per incompatibilità con le esigenze a cui rispondono gli artt. 6 e 7 del D.L. n. 118/2021, la fase del giudizio di merito; nulla si dice in ordine ai contenuti dei provvedimenti concedibili. Sarà, al riguardo, la giurisprudenza a tracciarne i confini[26].
Il surrichiamato primo comma dell’art. 7 prevede altresì che entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’istanza per le misure di protezione l’imprenditore chieda “la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. L’omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure previste dall’articolo 6, comma 1 del presente decreto e, decorso inutilmente il termine di cui al secondo periodo, l’iscrizione dell’istanza è cancellata dal registro delle imprese”[27].
La norma prosegue poi indicando quale documentazione si debba produrre in allegato al ricorso di cui al primo comma. Detta quindi dei tempi molto stringati per le attività di competenza del tribunale. “Il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l’udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Il decreto è notificato dal ricorrente con le modalità indicate dal tribunale che prescrive, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile, le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento[28]. Il tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara l’inefficacia delle misure protettive senza fissare l’udienza prevista dal primo periodo. Gli effetti protettivi prodotti ai sensi dell’articolo 6, comma 1, cessano altresì se, nel termine di cui al primo periodo, il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza”.
All’udienza il tribunale sentite le parti, l’esperto ed eventuali terzi nel caso in cui le misure richieste incidano anche su di loro, procede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti ed alla conferma, modifica o revoca delle misure protettive, facendosi eventualmente assistere, ove lo ritenga necessario, da un ausiliario con specifiche competenze tecniche; provvede quindi con ordinanza, con la quale stabilisce altresì la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari eventualmente disposti.
La volontà del legislatore, come già accennato, è quella di tenere ben stretti i cordoni della borsa del tempo, per evitare che si possa approfittare della CNC per ottenere, suo tramite, risultati meramente dilatori. Per tale motivo disciplina rigorosamente anche l’eventuale proroga del suddetto termine, disponendo che il giudice possa concederla, su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative, fermo restando che la durata complessiva delle misure non potrà superare i duecentoquaranta giorni complessivi.
“Non essendo preventivabile la durata del giudizio (che in ogni caso deve essere ispirato al principio di celerità), è da ritenersi che la durata delle misure protettive fissata dal tribunale si sommi a quella già decorsa dal momento del deposito nel registro delle imprese, fermo il limite temporale complessivo (a far data dal deposito nel registro delle imprese) di duecentoquaranta giorni, trascorsi i quali, anche se le trattative ancora pendono, le misure protettive perdono di efficacia”[29].
A conferma della volontà di finalizzare la concessione di “protezione” al proficuo svolgimento delle trattative, ferma l’esigenza di bilanciare il tutto con la tutela dei creditori, il legislatore prevede che, su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti possa, “in qualunque momento, sentite le parti interessate, revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”.
Altra norma che appresta tutele in favore dell’imprenditore, il quale intenda ricorrere alla CNC, è l’art. 8. Questo consente infatti all’imprenditore di dichiarare, con l’stanza della nomina dell’esperto o con atto successivamente depositato, che sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza, non si applicano nei sui confronti le norme del codice civile in materia di riduzione del capitale per perdite e di obbligo di scioglimento della società quando il capitale scenda sotto il minimo consentito.
- Gestione dell’impresa in pendenza di CNC e regime di esenzione per alcuni atti
L‘art. 9 espressamente statuisce che “Nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa. L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori”. La procedura in argomento non comporta pertanto limitazioni al potere di gestione dell’impresa che normalmente spetta all’imprenditore. Questi non necessita di autorizzazioni per compiere atti gestionali, ancorchè qualificabili di straordinaria amministrazione, dovrà tuttavia informare “preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento”.
L’esperto, eseguite le sue valutazioni, se ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo comunica all’imprenditore (e all’eventuale organo di controllo). Se l’imprenditore ritiene comunque di compiere l’atto, ne dà pronta notizia all’esperto il quale, “nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese. Quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l’iscrizione è obbligatoria”. Se sono state concesse misure protettive o cautelari l’esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, esegue la segnalazione al tribunale, che può pertanto procedere alla revoca o alla modifica delle misure concesse[30]. In ogni caso tutti gli atti dell’imprenditore rimangono sotta la sua responsabilità, e sono suscettibili di vaglio, a posteriori, a prescindere dalla preventiva comunicazione di cui sopra e dalla manifestazione o meno di dissenso da parte dell’esperto, che non spiega effetti sulla validità e le conseguenze dell’atto.
I commi 2 e 3 dell’art. 12, affrontando il tema della conservazione degli effetti degli atti compiuti dall’imprenditore durante le trattative della CNC in ipotesi di successive, diverse procedure concorsuali, ci dicono invece che non sono soggetti all’azione revocatoria ex art 67 L.F.“gli atti,” (siano essi di ordinaria che di straordinaria amministrazione) “ i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purchè coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti”. Spetterà pertanto al giudice, in sede di revocatoria, valutare detta coerenza e decidere di conseguenza. Di contra “gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 66 e 67 […] L.F. […]., se, in relazione ad essi, l’esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese”[…]
In questo caso il dissenso dell’esperto funge da elemento necessario e sufficiente per qualificare revocabile l’atto/pagamento ed il giudice non deve compiere ulteriori valutazioni.
E’ invece necessario l’intervento autorizzativo del tribunale in casi specificamente previsti dall’art. 10, nei quali, in realtà, l’autorizzazione riguarda più che l’atto in se particolari sue conseguenze. Il tribunale infatti, su espressa istanza dell’imprenditore e previa verifica della funzionalità di quanto richiesto “rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”, può autorizzare l’imprenditore stesso a contrarre finanziamenti, anche dai soci, assistiti da prededucibilità, può autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese a contrarre finanziamenti prededucibili, può autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2 c.c. Inoltre, se l’esperto ritenga che l’esecuzione di un contratto ad esecuzione continuata o periodica o differita sia divenuta eccessivamente onerosa a causa della pandemia SARS-CoV-2, questi può invitare a rideterminarne il contenuto secondo buona fede. In difetto di accordo, sempre ai sensi del menzionato art. 10, l’imprenditore può ricorrere al tribunale che, “acquisito il parere dell’esperto e tenuto conto delle ragioni dell’altro contraente, può rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale. Se accoglie la domanda il tribunale assicura l’equilibrio tra le prestazioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo”[31]. Il già citato art. 12 consente che gli atti autorizzati dal Tribunale conservino “i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa,
l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”… (per quest’ultimo vedi infra).
Per concludere, infine, la rassegna delle esenzioni previste dal menzionato art. 12, si evidenzia che il quinto ed ultimo comma dello stesso esclude l’applicabilità dell’art. 216, terzo comma (bancarotta preferenziale) e 217 (bancarotta semplice) L.F. “ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto in coerenza con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa valutata dall’esperto ai sensi dell’articolo 5, comma 5, nonché ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell’articolo 10”
Si precisa che ogni qualvolta il D.118/2021 prevede l’intervento del tribunale, peraltro limitato a sole due aree, le misure di protezione e cautelari e le autorizzazioni di cui all’art. 10, rinvia, per l’individuazione della competenza, all’art. 9 L.F..
- Conclusione delle trattative e possibili esiti della CNC
L’art. 11, al comma 1, prevede che, quando all’esito delle trattative le parti individuino una soluzione che consenta di superare la situazione di difficoltà, potenziale o già effettiva, riconducibile sia al concetto di crisi che ha quello di insolvenza (purchè risanabili), a causa della quale l’imprenditore si è determinato ad imboccare la strada della CNC, essa possa essere formalizzata ricorrendo, alternativamente, ad una pluralità di strumenti: conclusione di un contratto, con uno o più creditori, il quale, laddove la relazione finale dell’esperto lo ritenga idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni, produrrà altresì determinati benefici fiscali[32]. I contenuti del contratto sono assolutamente liberi e rimessi alla determinazione delle parti, purchè gli effetti concreti dello stesso consentano la rimozione delle cause che possono ingenerare o hanno già ingenerato squilibrio patrimoniale o economicofinanziario all’impresa;
conclusione di una convenzione di moratoria, strumento tipico del diritto concorsuale previsto dall’art. 182 octies L.F.; conclusione di un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che, in virtù della sottoscrizione di quest’ultimo, produce gli effetti del piano attestato[33] pur essendo privo di attestazione. L’esperto sottoscrivendolo non assume il ruolo, con le relative conseguenze giuridiche, dell’attestatore, ma la sua sottoscrizione va intesa come manifestazione di fiducia -qualificata- circa l’idoneità dell’accordo ad affrontare e risolvere la situazione di difficoltà dell’impresa.
Secondo il comma 2 l’imprenditore, all’esito delle trattative, può, altresì, domandare l’omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti -fattispecie tipica prevista dall’art. 182 bis L.F.-, di un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa -fattispecie tipica prevista dall’art. 182 septies L.F.-, di un accordo di ristrutturazione agevolato -fattispecie tipica prevista dall’art. 182 novies L.F:-. Per il caso di accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa, se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto, la percentuale dei creditori aderenti per categoria[34]si riduce al 60%.
Infine, in forza del comma 3, in alternativa, l’imprenditore può decidere di ricorrere a strumenti tipici del diritto concorsuale vigente, quali il piano attestato, il concordato preventivo, il fallimento o, possedendone i requisiti, la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria, per le imprese agricole le procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni disciplinate dalla legge n. 3/2012, ovvero potrà proporre domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, una procedura appositamente introdotta dal D.L. n. 118/2021 per il caso di esito negativo delle trattative poste in essere nell’ambito della CNC.
Concordato semplificato e liquidazione del patrimonio.
L’art. 18 del D.L. introduce un’innovazione rilevante nel campo delle procedure concorsuali c.d. minori, delineando una figura di concordato liquidatorio, che definisce “semplificato”, caratterizzata da maggiore agilità e velocità.
L’istituto assolve una duplice funzione: per un verso accelera il processo di liquidazione dell’impresa, per altro verso costituisce una spinta per i creditori a cercare una soluzione negoziata, nell’ambito della CNC.
Il primo comma dell’articolo in esame recita: “Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 11, commi 1 e 2, non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione” dell’avvenuto deposito della relazione finale, “una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 161, secondo comma, lettere a), b), c) e d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi”.
La domanda di concordato semplificato ha pertanto come presupposto l’esperimento da parte dell’imprenditore di un serio tentativo di definire la situazione di difficoltà della propria impresa per mezzo del procedimento di CNC, formalmente intrapreso ma fallito.
L’esperto deve quindi poter attestare che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede. Questo punto merita una riflessione. E’ infatti legittimo ritenere che la correttezza e buona fede debbano contraddistinguere il comportamento dell’imprenditore e non necessariamente anche quello di tutte le altre parti; ciò a motivo della ritenuta funzione di stimolo svolta dal concordato semplificato, nei confronti del creditore, per un buon esito della CNC. Infatti, in difetto di buon esito può profilarsi il ricorso da parte del debitore a tale nuovo istituto concorsuale, che, come stiamo per vedere, può comportare una maggior compressione dei diritti del ceto creditorio rispetto al concordato classico. Laddove si richiedesse un comportamento qualificato a tutte le parti, il creditore, non rispettando i canoni di buona fede e correttezza richiesti dalla norma potrebbe, paradossalmente, escludere l’applicabilità di uno strumento per lui meno favorevole, venendo così avvantaggiato, anziché penalizzato, dal proprio comportamento non conforme alla legge.
L’imprenditore chiede l’omologazione del concordato in questione con ricorso presentato al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale. Il tribunale “valutata la ritualità delle proposta” e acquisiti la relazione finale dell’esperto e il suo parere, quest’ultimo “con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte”, nomina un ausiliario, ai sensi dell’art. 68 c.p.c.[35], per le successive incombenze. “Con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell’ausiliario e alla relazione finale e al parere dell’esperto, venga comunicata a cura del debitore ai creditori[36], “specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa l’udienza per l’omologazione” […] “I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata”.
All’udienza per l’omologazione il tribunale, assumendo ove occorra, “i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio”, verificata:
– la regolarità del contraddittorio e del procedimento,
– il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione,
– la fattibilità del piano di liquidazione,
– che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare,
– che comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore, omologa, con decreto motivato provvisoriamente esecutivo, il concordato.
Di immediata evidenza le novità principali che contraddistinguono il concordato semplificato.
Manca la “fase di apertura della procedura”[37], con verifiche e statuizioni ad essa inerenti, prevista per il concordato dall’art. 163 L.F.[38], manca soprattutto l’espressione del voto da parte dei creditori, per i quali è prevista esclusivamente la possibilità di opporsi all’omologa contestando la sussistenza degli elementi di cui sopra.
Il tribunale valuta la proposta, anche per quanto riguarda il merito, per la prima volta nella fase di omologa, esercitando la propria discrezionalità ad ampio raggio e con ampi poteri, potendo disporre i mezzi istruttori anche d’ufficio.
Ovviamente ne deriva una notevole semplificazione della struttura procedimentale del concordato ed un significativo accorciamento dei tempi di ingresso effettivo della procedura.
Inoltre il concordato semplificato non deve rispettare percentuali minime di pagamento per i creditori chirografari, previste invece dalla normativa concorsuale[39], ed è sufficiente che comunque assicuri “un’utilità a ciascun creditore”, che pertanto potrebbe anche essere rappresentata non da un pagamento in denaro.
Da tutto quanto precede emerge, nel concordato semplificato, un profilo -complessivamente- di maggior compressione del ruolo e delle aspettative del creditore, la qual cosa rafforza l’ipotesi che la procedura in argomento voglia anche fungere da stimolo/incentivo per il creditore ad aderire a soluzioni negoziate proposte nell’ambito della CNC[40].
Avvero il decreto di omologa del concordato potrà essere proposto reclamo alla Corte d’Appello, che deciderà parimenti con decreto, ricorribile per Cassazione.
Estremamente stringata è la disciplina della liquidazione del patrimonio nell’ambito del concordato semplificato. Al riguardo l’art. 19 del D.L. prevede (i) che il tribunale, con il decreto di omologa, nomini un liquidatore; (ii) quando il piano di liquidazione presentato dal debitore “comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, dell’azienda o di uno o piu’ rami d’azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta”; (iii) “quando il piano di liquidazione prevede che l’offerta debba essere accettata prima della omologazione, all’offerta dà esecuzione l’ausiliario, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato[…]previa autorizzazione del tribunale”.
Il gruppo di imprese e la CNC.
L’art. 13 del D.L. detta alcune regole specifiche per disciplinare l’accesso alla CNC di più imprese appartenenti ad un medesimo gruppo.
La norma in primo luogo ridisegna il concetto civilistico di gruppo di imprese, inserendo nei parametri, in aggiunta alle società ed enti, anche persone fisiche ed imprese non societarie. Procede quindi prevedendo una gestione unitaria della CNC per tutte le imprese richiedenti appartenenti al gruppo. A tal fine detta i criteri per l’individuazione della camera di commercio competente per la nomina dell’esperto e del Tribunale competente per le misure protettive e cautelari; dispone che l’esperto assolva ai propri compiti in modo unitario per tutte le imprese richiedenti, “salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In tal caso può decidere che le trattative si svolgano per singola impresa”; consente la riunificazione delle procedure “quando le imprese appartenenti ad un medesimo gruppo presentano più istanze”; indica l’ulteriore documentazione da presentare con l’istanza di nomina dell’esperto, in ragione della peculiarità rappresentata dall’appartenenza delle imprese istanti ad un unico gruppo; esclude, in deroga agli artt. 2467 e 2497 quinques c.c., la postergazione per i finanziamenti eseguiti in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo, semprechè l’imprenditore abbia preventivamente informato l’esperto e questi non abbia iscritto il proprio dissenso; prevede infine che, al termine delle trattative, le imprese del gruppo possano “stipulare, in via unitaria, uno dei contratti di cui all’art. 11, comma 1,” (v. supra)”ovvero accedere separatamente alle soluzioni di cui all’art. 11” (ivi incluse quelle previste dal comma 1).
Imprese sotto soglia.
L’art. 17 estende la possibilità di ricorrere alla CNC anche agli imprenditori c.d. “sotto soglia”, ossia coloro i quali che, per espresso disposto dell’art. 1 del R.D. n. 267/1942, “non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo”[41].Il disposto dell’art. 17, comma 1, al riguardo è chiaro: “L’imprenditore commerciale e agricolo che
possiede congiuntamente i requisiti di cui all’articolo 1, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere la nomina dell’esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”. La disciplina è poi quella ordinaria, prevista per la CNC, salve alcune semplificazioni e modifiche necessitate dall’esigenza di adeguarla alle peculiarità del soggetto interessato ed agli strumenti previsti dalla L. n. 3/2012 per quanto applicabile.
In punto di semplificazioni, la messe documentale generalmente richiesta a corredo dell’istanza di nomina dell’esperto è limitata a: (i) i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l’ufficio del registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell’istanza; (ii) l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell’esistenza di diritti reali e personali di garanzia.
L’istanza può essere presentata all’organismo di composizione della crisi oppure al segretario generale della camera di commercio competenti per l’ambito territoriale in cui si trova la sede legale dell’impresa.
Il quarto comma prevede: “Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui al comma 1, le parti possono, alternativamente: a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi idoneo ad assicurare la continuità aziendale oppure con il contenuto dell’articolo 182-octies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;” (al riguardo sorge spontanea una prima riflessione: stante l’inciso “privo di effetti nei confronti dei terzi”, il richiamo dell’art. 182-octies dovrebbe intendersi al solo contenuto della convenzione di moratoria, con esclusione dell’estensione di efficacia ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima classe.
E’ probabile tuttavia che sul punto possano sorgere contrasti interpretativi, che spetterà alla giurisprudenza dirimere); “b) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, idoneo a produrre gli effetti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 [il c.d. piano attestato]; in tal caso non occorre l’attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d); c) proporre l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 7 della legge 27 gennaio 2012, n. 3; d) chiedere la liquidazione dei beni ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3;” (Ci si può interrogare sul senso della collocazione nel comma 4 di tale esito. Ebbene la risposta potrebbe essere trovata nella volontà del legislatore di consentire un previo accordo anche in ordine ad una procedura liquidatoria, legata tuttavia al beneficio dell’esdebitazione); “e) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18 del presente decreto”. (Anche su tale punto, o meglio sulla sua collocazione nel comma n. 4, sono legittime delle perplessità, attesi il presupposto – mancato esito positivo delle trattative o impraticabilità delle soluzioni individuate- e la natura prettamente liquidatoria dell’istituto che parimenti mal si concilia con l’assunto iniziale: “quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui al comma 1”.
Quanto precede a meno che non si voglia interpretare la norma in senso restrittivo, ossia come possibilità di un concordato semplificato che comprenda necessariamente un’offerta di acquisto di azienda, o di suoi rami, da parte di un terzo, così che sia consentita la continuità -oggettiva- dell’attività imprenditoriale).
Se invece all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo il sesto comma prevede che l’imprenditore possa accedere ad una qualsivoglia delle procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012.
Miscellanea.
Per completezza si ritiene opportuno evidenziare, infine, che il legislatore prevede la concessione di misure premiali, relative ai debiti tributari, in favore delle imprese che intendono avvalersi della CNC[42] Disciplina inoltre, minuziosamente, (i) le modalità di calcolo del compenso dell’esperto, senza perdere di vista l’obiettivo del contenimento dei costi, (ii) il procedimento di liquidazione di detto compenso, (iii) i privilegi -processuale[43] e sostanziale[44]– che lo assistono[45].
Conclusioni
A sette mesi circa dal suo effettivo avvio, la CNC stenta ancora a decollare. Al 10 di maggio 2022 risultavano presentate 208 istanze di composizione negoziata. Gli esperti iscritti negli appositi elenchi, dopo un momento di carenza iniziale, probabilmente dovuta alla necessità di assolvere agli obblighi formativi previsti, sommavano invece a 2.133, di cui circa il 55% iscritti negli elenchi di Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto, con una prevalenza assoluta di commercialisti (83% circa) ed una fetta molto più ridotta di avvocati (15% circa). Gli incarichi assegnati agli esperti ammontavano a 140[46].
E’ comunque legittimo nutrire aspettative sui futuri sviluppi, in termini di numeri, di questo nuovo strumento che il D.L. n. 115/2021 ha messo a disposizione delle imprese in stato di squilibrio patrimoniale, economico e finanziario, sempre che il legislatore italiano non muti significativamente il quadro complessivo delle procedure dedicate alla prevenzione e cura della crisi/insolvenza delle imprese, apportandovi modifiche, anche riguardanti il nuovo CCII, già con il recepimento della direttiva UE n. 1023/2019.
Conseguentemente la crescita numerica delle procedure di composizione negoziata, in considerazione delle peculiarità in punto di obblighi per i creditori introdotti dal D.L. in esame, spingerà i creditori stessi, in particolare quelli c.d. qualificati (banche, intermediari finanziari, loro mandatari e cessionari di crediti) ad organizzare adeguatamente le proprie attività di recupero crediti, affidando la trattazione delle CNC a strutture specializzate, che sappiano muoversi con grande celerità, consapevolezza e professionalità per evitare che il creditore incorra nelle insidiose responsabilità derivanti da una gestione lenta, disinformata ed inefficiente dell’interlocuzione con l’imprenditore/debitore.
Roma, 19 giugno 2022
Avv. Massimo Ferrari, responsabile del Centro Studi di Intrum taly S.p.A
Note:
[1] L’art. 30-quinquies introduce altresì un subprocedimento alternativo, nel caso in cui l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non superi l’importo di 30.000 euro e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma per l’esecuzione del test pratico di cui alla nota precedente, tale debito risulti sostenibile. In tal caso la norma prevede che il programma elabori un piano di rateizzazione, che “l’imprenditore comunica ai creditori interessati dalla stessa, avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intenderà approvato e sarà eseguito secondo le modalità e i tempi nello stesso indicati. Resta salva l’applicazione delle disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali”.
[2] D.L. n. 118/2021, art. 2, comma 1 “L’imprenditore commerciale o agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza …”
[3] Art. 9, comma 1 “[…] L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento […]“.
[4] Della cui sorte peraltro, stante l’ulteriore rinvio – al 31/12/2023 – della loro entrata in vigore è ormai lecito dubitare, anche alla luce della citata Direttiva UE, in particolare avuto riguardo al carattere “obbligatorio” delle stesse ed agli effetti giuridici conseguenti, che potrebbero portare a delle rigidità di sistema non in linea con la direttiva stessa.
[5] L’unico obbligo di facere grava sull’organo di controllo societario, al quale l’art. 15 impone di segnalare, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla CNC e, in pendenza di trattative, di esercitare la vigilanza sul loro andamento. La tempestiva segnalazione e la vigilanza sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c..
[6] I criteri di individuazione, selezione e formazione dell’ Esperto sono dettagliatamente disciplinati nel D.L. n. 118/2021 e nel relativo Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021.
[7] Paragrafo 8 dell’allegato al Decreto Dirigenziale, cit. che sostanzialmente ribadisce il contenuto dell’art. 2, c. 2 del D.L. n. 118.
[8] Il decreto ribadisce sistematicamente che si tratta di “suggerimenti” e non di precetti, il cui scopo è quello di semplificare l’iter di accesso alla procedura da parte dell’imprenditore e di fornire all’esperto dei criteri di valutazione circa la fondatezza, nei singoli casi di specie, delle prospettive di risanamento.
[9] Identiche statuizioni sono previste dal CCII, art. 5 comma 4 per i componenti degli organismi e dei collegi preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi.
[10] Identiche statuizioni sono previste dal CCII, art. 5 comma 4 per i componenti degli organismi e dei collegi preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi.
[11] Identica statuizione è contenuta nel CCII, art. 12, comma 3 ed è ivi relativa alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi.
[12] L. Panzani, “Il D.L. Pagni ovvero la lezione (positiva) del covid”, 25 agosto 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[13] Niccolò Abriani, “Concordato preventivo e ristrutturazione dell’impresa dopo il D.L. n. 118/2021: Que reste-t-il?, 16 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.
[14] Il Decreto Dirigenziale di attuazione declina tali determinazioni che impongono la consultazione in: “modifiche organizzative; la modifica dell’inquadramento; la revisione del sistema premiale; la revisione del sistema retributivo; la valutazione preliminare su eventuali piani di riordino e/o riduzione dei dipendenti, anche tramite incentivi all’esodo, evidenziando le modalità di attuazione (ad es. contratto di espansione) nel rispetto della normativa vigente”.
[15] Il criterio per l’individuazione è contenuto nell’art. 2, comma 1, del D.L. 118/2021.
[16] L’esperto dovrà infatti previamente verificare il possesso da parte sua dei requisiti di indipendenza e terzietà e delle effettive capacità di affrontare la specifica situazione, onde evitare di incorrere in gravose responsabilità.
[17] In tali casi, come pure in presenza di ricorso per l’accesso alle procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti o liquidazione dei beni ex artt. 7 e 14 ter della L. n. 3/2012, l’art. 23, comma 2 del D.L. n. 118/2021 prevede il divieto di presentare l’istanza per la CNC.
[18] Documento Allegato al decreto dirigenziale direttore generale degli affari interni 28 settembre 2021, Sez. II. “È utile, anche se non imprescindibile, che l’imprenditore, nel momento in cui decide di intraprendere il percorso di risanamento, abbia già redatto un piano. In ogni caso occorre che lo rediga, in tempi brevi, nel corso della composizione negoziata per individuare le proposte da formulare alle parti interessate e la soluzione idonea per il superamento della crisi. Le risposte alle domande contenute nella presente check-list costituiscono le indicazioni operative per la redazione del piano. Esse debbono intendersi come recepimento delle migliori pratiche di redazione dei piani d’impresa e non come precetti assoluti. Gli effettivi contenuti del singolo piano dipenderanno infatti da una serie di variabili, e vi influiranno, tra le altre cose, la tipologia dell’impresa e dell’attività svolta, la dimensione e la complessità dell’impresa e le informazioni disponibili. Il contenuto della presente check-list dovrebbe consentire all’imprenditore che intende accedere alla composizione negoziata di redigere un piano di risanamento affidabile. La check-list servirà poi all’esperto per l’analisi di coerenza del piano. La redazione del piano di risanamento è un ‘processo’. Esso presuppone la presenza di minimi requisiti organizzativi (par. 1 della presente Sezione) e la disponibilità di una situazione economico patrimoniale aggiornata (par. 2 della presente Sezione). Il piano di risanamento deve muovere dalla situazione in cui versa l’impresa e dalle sue cause (par. 3 della presente Sezione), individuate in modo realistico. Le strategie di intervento devono attagliarsi ad essa e consentire di rimuovere le difficoltà in essere”.
[19] Ossia quando l’imprenditore si rivolge al Tribunale per le misure protettive e cautelari ovvero per le autorizzazioni e rinegoziazioni dei contratti espressamente previsti dagli articoli in argomento ed i tempi del Tribunale non consentano di esaurire la CNC entro i 180 giorni.
[20] Laura Baccaglini e Francesco De Santis, “Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziala della crisi: profili processuali”,12 ottobre 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[21] Non è prevista, come invece lo è nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, l’inefficacia/non computabilità delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti
[22] Art. 6, comma 4.
[23] “Su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto, le misure possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori”.
[24] Art. 6, comma 5.
[25] L. Baccaglini e F. De Santis, op. cit..
[26] Si evidenzia che il Tribunale di Milano, con ordinanza del 19 febbraio 2022, si è pronunciato, fra l’altro, circa la richiesta di un provvedimento cautelare con cui il ricorrente mirava a far dichiarare inefficace il recesso da un contratto di apertura di credito notificato dalla banca prima della richiesta di avvio della CNC. Osserva il tribunale come il ricorrente miri ad ottenere “la riattivazione delle linee di credito già cessate al momento della proposizione dell’istanza”, mentre “l’apparato normativo sembra [….] escludere la possibilità di un sindacato sul merito di un recesso intervenuto al momento della introduzione della procedura negoziata” (ancorchè le trattative fossero già iniziate in precedenza). Peraltro “l’imposizione in via cautelare della riapertura delle linee di credito mirerebbe a costringere il creditore, ad un facere pressoché infungibile che, nel caso di mancato spontaneo adempimento, potrebbe essere presidiato solo attraverso la previsione di penali, non garantendo l’effetto immediato auspicato dal debitore”. Conseguentemente il Tribunale non ha concesso quanto richiesto.
[27] Il Tribunale di Trani, con ordinanza del 21 marzo 2022, ha ritenuto che la mancata pubblicazione del numero di RG nei trenta giorni dia luogo ad una mera irregolarità, non andando direttamente a compromettere l’efficacia delle misure protettive, sempre che il ricorso sia tempestivo.
[28] Si segnala sul punto un’interessante analisi svolta dagli avvocati Luciana Cipolla e Luca Scaccaglia nella Newsletter dello Studio La Scala, di Milano, del 31/1/2022, circa i destinatari della notifica del decreto di fissazione di udienza: “Nulla viene detto [nella norma] con riguardo ai soggetti ai quali tale provvedimento deve essere notificato. Astrattamente i soggetti interessati potrebbero essere: i creditori che hanno già intrapreso azioni esecutive o cautelari; i creditori che alla data di avvio della composizione negoziata, pur non avendo ancora avviato azioni esecutive, abbiano notificato l’atto di precetto e, quindi, sono in procinto di avviare tali azioni; i soli dieci creditori più rilevanti, visto che, tra i documenti che l’imprenditore deve depositare con il ricorso, vi è l’elenco dei 10 creditori maggiormente esposti (c.d. top-ten); tutti i creditori, indistintamente. Chi sono pertanto i creditori che devono essere sentiti e ai quali deve essere notificato il ricorso e il decreto di fissazione udienza ai fini dell’integrazione del contraddittorio? Sul punto il Tribunale di Firenze, con il provvedimento del 29 dicembre 2021, ha affermato che, se le misure protettive richieste nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa non riguardano soggetti determinati ma si rivolgono alla generalità dei creditori, la notifica del decreto di fissazione dell’udienza può essere effettuata ai soli creditori che abbiano promosso azioni esecutive o cautelari o richiesto la dichiarazione di fallimento. Tale orientamento pare oggi confermato anche da altri Tribunali. E infatti il Tribunale di Roma, con provvedimento del 24 dicembre 2021, ha affermato che il ricorso di cui all’art. 7 D.L. n. 118/2021, volto ad ottenere la conferma delle misure protettive e cautelari, deve essere notificato dall’imprenditore all’esperto, ai creditori (diversi dai lavoratori) che abbiano promosso procedure esecutive o cautelari nei suoi confronti o siano intervenuti nei relativi procedimenti nonché agli eventuali destinatari di specifiche misure cautelari formanti oggetto del procedimento. Ancora il Tribunale di Bergamo, con provvedimento del 19 gennaio 2021, ha affermato che il contraddittorio del procedimento deve comprendere tutti i soggetti le cui sfere giuridiche patrimoniali e processuali possano essere attinte dal provvedimento richiesto (nel caso in esame le parti di una procedura esecutiva immobiliare pendente avanti al Tribunale di Bergamo). Da segnalare invece un ulteriore decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 7, co. 3 del Tribunale di Perugia che, con provvedimento del 12 gennaio 2022, si è limitato a prevedere che il ricorso e il decreto devono essere notificati a tutti i creditori e ai terzi interessati dalle trattative lasciando così all’imprenditore l’onere di individuare i propri contraddittori. In proposito vale la pena precisare che, se è vero che solo i creditori ai quali verrà notificato il provvedimento saranno parti del giudizio è anche vero che l’art. 7, comma 6, del D.L.n. 118/2021 prevede che i creditori (anche quelli ai quali non è stato notificato il provvedimento e non hanno quindi preso parte al giudizio) possono, in qualunque momento, adire il Tribunale per chiedere la revoca o la modifica delle misure protettive. Allo stato pare comunque che l’orientamento della giurisprudenza di merito sia quello per cui il contraddittorio debba essere instaurato con i creditori che sono direttamente interessati dalle misure protettive, e dunque nei confronti di coloro che hanno iniziato una procedura esecutiva e nei confronti di coloro che hanno depositato una istanza per la dichiarazione di fallimento. Del resto, sono questi i creditori nei cui confronti effettivamente la richiesta di applicazione o conferma delle misure inciderà direttamente”.
[29] L. Baccaglini e F. De Santis, op. cit..
[30] Art. 7 comma 6 del D.L. n. 118/2021.
[31] La norma, per sua espressa previsione, non si applica alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente.
[32] V. art. 14 del D.L. n. 118/2021.
[33] Art. 67, comma 3, lettera d) L.F..
[34] Art. 182 septies, comma 2, lettera c) L.F..
[35] Art. 68 c.p.c.: “Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorga necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo. Il giudice può commettere a un notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge. Il giudice può sempre richiedere l’assistenza della forza pubblica.”
[36] Si fa riferimento ai creditori risultanti dall’elenco depositato dall’imprenditore a corredo dell’istanza di nomina dell’esperto per l’apertura della CNC.
[37] L. Panzani, op. cit., pag. 36.
[38] Ovvero la fase che può portare alla dichiarazione di inammissibilità della proposta ai sensi dell’art. 162 L.F..
[39] Ai sensi dell’art. 160, comma 4, L.F. il concordato, che non sia con continuità aziendale, deve assicurare ai creditori chirografari una percentuale minima del 20%; il CCII, art. 84, ferma la percentuale di soddisfazione minima del 20%, dispone altresì che nel concordato liquidatorio ci sia un apporto di risorse esterne che incrementi “almeno del 10%, rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, il soddisfacimento dei creditori chirografari”.
[40] Così anche Panzani, cit.: “I creditori, infatti, debbono essere consapevoli che all’esito negativo l’imprenditore potrà liberarsi delle sue obbligazioni con un concordato liquidatorio che deve rispettare soltanto le cause di prelazione e che non lo vincola a riconoscere ai creditori più di quanto essi potrebbero ottenere in caso di fallimento. Essi sono pertanto stimolati a recedere da posizioni attendiste o da pretese eccessive”.
[41] Sono tali coloro che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
[42] Art. 14.
[43] Il provvedimento costituisce prova scritta idonea a norma dell’articolo 633, primo comma, numero 1), del codice di procedura civile nonché titolo per la concessione dell’esecuzione provvisoria ai sensi dell’articolo 642 del codice di procedura civile.
[44] Il compenso dell’esperto è prededucibile ai sensi dell’articolo 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
[45] Art. 16.
[46] Fonte dati: “Il Sole 24 Ore, lunedì 16 maggio 2022 -n. 133”.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno