L’ordine di liberazione rientra nel novero dei provvedimenti sommari, esecutivi – ora “auto-esecutivi” – inidonei al giudicato, mediante i quali la legge attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere di definire questioni insorte fra le parti in grado di pregiudicare la realizzazione del diritto riconosciuto dal titolo azionato nell’ambito della procedura, al fine di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale esecutiva.
Le migliori prassi adottate dai Tribunali prevedono, infatti, l’emissione dell’ordine di liberazione al momento in cui è disposta la vendita del bene, per consentirne una più agevole e fruttuosa alienazione coattiva con la possibilità, per gli interessati, di visitare l’immobile subastato libero da persone e cose.
La liberazione deve essere disposta con ordinanza, revocabile e modificabile secondo l’art. 487 del codice di procedura civile, e deve contenere l’ordine al debitore e a qualsiasi occupante di rilasciare immediatamente al custode l’immobile pignorato, libero da persone e vuoto da cose.
Le fattispecie in cui l’ordine può, o deve, essere emesso sono disciplinate dall’ art. 560 comma terzo del codice di procedura civile e riguardano le ipotesi in cui il giudice dell’esecuzione ritenga di dover negare o revocare l’autorizzazione al debitore a continuare ad abitare l’immobile oppure provveda all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile.
Se la seconda ipotesi è espressione di un potere “vincolato”, la prima presuppone l’esercizio di un potere discrezionale che comporta il contemperamento dell’interesse del debitore a continuare ad abitare l’immobile con le ulteriori esigenze del processo ed è funzionale alla soddisfazione dei crediti del procedente e degli intervenuti mediante la vendita del bene pignorato al “miglior prezzo” (quello di mercato) e nel più breve tempo possibile.
La liberazione deve avvenire senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, con spese – quindi – anticipate dai creditori della procedura.
È bene però aggiungere che, quando l’immobile sia stato aggiudicato e la liberazione non sia stata ancora eseguita o portata a termine, è prassi che lo stesso aggiudicatario esoneri il custode dalla prosecuzione delle attività volte ad attuare l’ordine, per poi avvalersi dell’ordinaria procedura di esecuzione per rilascio, avendone titolo in virtù dello stesso decreto di trasferimento.
Il medesimo comma terzo dell’art. 560 del codice di procedura civile riconosce espressamente la facoltà di impugnare il provvedimento di liberazione con l’opposizione agli atti esecutivi, per la quale legittimati all’impugnazione sono, oltre al debitore esecutato, anche il soggetto titolare di un diritto di godimento, opponibile alla procedura, sul cespite pignorato.
L’opposizione agli atti esecutivi deve essere proposta dalle parti del processo esecutivo entro venti giorni dalla comunicazione del provvedimento, secondo le regole generali; per i terzi che vantino la titolarità di un diritto di godimento opponibile alla procedura, invece, il termine di venti giorni decorre dalla notificazione dell’ordine di liberazione.
FOCUS
L’emissione dell’ordine di liberazione favorisce la collocazione sul mercato dei beni oggetto del pignoramento, facilita l’acquisto e rende più agevole il compito degli aggiudicatari dell’immobile pignorato.
Le prassi dei tribunali talvolta divergono, ma sovente accade che si proceda ad un primo “ciclo” di vendita senza disporre la liberazione – salvi casi particolari – per poi valutare successivamente di adottare l’ordine se questo può rendere più agevoli e redditizi i successivi tentativi di vendita.
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