ISSN 2385-1376
Testo massima
La sottoscrizione del Presidente dopo il deposito in cancelleria è nulla in quanto il vizio procedurale è insanabile.
È questo il principio affermato dalla sezione staccata di Brescia della Commissione tributaria Regionale di Milano che, con sentenza 313/67/2013, ha accolto le istanze dell’Agenzia delle Entrate che sosteneva la nullità della sentenza di primo grado emessa dalla commissione tributaria provinciale di Mantova perché non sottoscritta dal Presidente prima del deposito dell’atto.
La sentenza, in verità, era stata firmata dal Presidente, ma solo in un momento successivo al suo deposito in cancelleria, quando cioè l’atto viziato si era ormai “cristallizzato” e quindi a nulla è potuto valere il tentativo di sanatoria. Il provvedimento presentava, oltre alla firma del relatore, anche la sottoscrizione del segretario di sezione con timbro tondo e timbro personale, nonché il timbro attestante la comunicazione del provvedimento giudiziario alle Entrate.
Nelle sue controdeduzioni, la difesa ha prodotto copia della sentenza che presentava la sottoscrizione postuma del presidente al fine di ottenere la conservazione del provvedimento a se favorevole, ma la firma apportata successivamente al deposito non è stato ritenuto dalla corte di secondo grado elemento sufficiente a provocarne la sanatoria.
Il Ctr Lombardia ha dichiarato che tale nullità rientra in una delle ipotesi di restituzione degli atti al giudice di primo grado, chiamato tra l’altro a valutare se procedere alla rinnovazione della sentenza-documento o riavviare l’intero procedimento.
Questa decisione del Ctr Lombardia aderisce perfettamente alla posizione presa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n.14978 del 29 marzo 2013. Col sopra menzionato provvedimento gli ermellini hanno statuito, infatti, che la mancata sottoscrizione del presidente di collegio (non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo) configura una nullità relativa della sentenza e la restituzione degli atti affinchè si provveda alla santoria mediante nuova redazione della sentenza-documento.
In conclusione la Commissione tributaria ha annullato la sentenza per vizio di forma e disposto la restituzione degli atti alla commissione tributaria provinciale di Mantova.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI MILANO SEZ. STACCATA DI BRESCIA
SEZIONE 67
ha emesso la seguente
SENTENZA
– sull’appello n. 3655/12
depositato il 02/07/2012
– avverso la sentenza n. 75/2/12
emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di MANTOVA
proposto dall’ufficio:
AG. ENTRATE
appellante
(omissis) S.P.A.
appellato
Atti impugnati:
DINIEGO RIMBORSO n. 20888 DEL 2.05.2011 IRES – ALTRO 2006
(omissis) spa impugna con ricorso 21/7/11 il rifiuto espresso dalla Agenzia delle entrate al riconoscimento della deducibilità di interessi passivi, deducendone la illegittimità sotto una serie di profili.
Disattendendo le controdeduzioni della Agenzia, la Commissione tributaria di Mantova, “non potendo che premiare la solerzia del contribuente”, accoglie il ricorso, salva la compensazione delle spese “per il contrasto giurisprudenziale in materia”.
La richiamata Agenzia delle entrate propone appello, deducendo in via pregiudiziale – o comunque in via principale – la nullità della sentenza di primo grado in quanto non sottoscritta dal Presidente, così come documentalmente provato da una fotocopia allegata all’atto di appello, che riporta la data del deposito (19/03/12), la sottoscrizione – con timbro tondo e timbro personale – del segretario della sezione dott. V. M., ed infine il timbro attestante la comunicazione della sentenza stessa, nella medesima data, alla agenzia delle entrate di Mantova (con protocollo di ricevuta 12580): il documento di cui sopra riporta la sottoscrizione del relatore/estensore P. F., mentre è priva di sottoscrizione del Presidente.
Nelle sue controdeduzioni sul punto specifico, la difesa (omissis) produce una copia della sentenza che riporta invece “regolarmente” anche la sottoscrizione del presidente Maria B. M.: senza che ci si debba “allargare” ad ipotizzare un classico caso di “falso materiale per addizione”, è comunque gioco forza prendere atto che la sentenza è stata depositata in un momento “x” priva della sottoscrizione del presidente, il quale avrebbe provveduto alla sottoscrizione solo in un momento successivo, quando però il provvedimento doveva ritenersi perfetto nella sua procedura di deposito in cancelleria, e dunque “congelato” (e poco importa se destinato all’inevitabile annullamento in caso di impugnazione, o suscettibile della procedura di correzione dell’errore materiale).
Il dato che si pone oggi come insuperabile è che si verte in una ipotesi di nullità della sentenza, per come eccepita dalla agenzia delle entrate, e che tale nullità corrisponde ad una delle ipotesi tassative di restituzione degli atti al primo giudice (chiamato anche a valutare quali siano le strade che gli si aprono davanti, e cioè se possa procedere alla rinnovazione della sentenza-documento, o se debba ripercorrere l’iter della trattazione del procedimento).
Le considerazioni appena svolte assorbono ovviamente ogni valutazione sul merito della controversia, sul contenuto della sentenza, sul contenuto dell’atto di appello e infine sulle controdeduzioni della società contribuente.
P.Q.M.
Dichiara la nullità della sentenza impugnata perché priva di sottoscrizione del
Presidente, e dispone la restituzione degli atti alla commissione tributaria provinciale di Mantova.
Brescia, 25/11/13
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Numero Protocolo Interno : 98/2013