Testo massima
Deve essere riconosciuta ai legittimari la legittimazione ad esperire l’azione di simulazione anche prima della morte del disponente, quando a fondamento della stessa essi deducano che l’atto simulato dissimula, in realtà, una donazione (potenzialmente) lesiva delle loro (future) ragioni quali chiamati alla eredità.
Questo il principio affermato dal Tribunale di Cagliari, dott.ssa Maria Grazia Cabitza con la sentenza del 21 maggio 2014.
La sentenza in rassegna interviene su un argomento legato alla disciplina della azione di riduzione della donazione assicurata ai c.d. legittimari in caso di lesioni dei loro diritti, oggetto nel 2005 di un intervento riformatore del Legislatore mosso dall’esigenza, avvertita nella società, di rimuovere ogni ostacolo alla libera circolazione dei beni per garantire certezza agli atti di provenienza donativa che non potevano, per così dire, considerarsi sicuri fino a quel momento.
È noto, infatti, che attraverso la disciplina codicistica precedente alla riforma, che ha riguardato più propriamente la modifica degli articoli 561 e 563 c.c., prima dell’apertura della successione del donante non era riconosciuta alcuna azione, anche di natura cautelare, ai soggetti rientranti nella categoria dei legittimari, aventi solo una aspettativa di fatto sulla futura eredità che impediva loro qualsiasi iniziativa giudiziale.
Solo dopo la morte del donante, se preteriti o lesi nei loro diritti, erano per appunto legittimati all’azione di riduzione potendo, all’esito positivo della stessa, agire per la restituzione dei beni donati, recuperandoli liberi da ogni peso od ipoteca di cui il donatario poteva averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell’art. 2652 (art. 561 c.c.).
Il carattere reale dell’azione restitutoria permetteva ai legittimari infatti di recuperare il bene, nei confronti di qualsiasi terzo, nelle more diventato proprietario a condizione della trascrizione della domanda di riduzione effettuata prima della scadenza del termine decennale di cui al citato art. 2652 n. 8 c.c.
Nessuna tutela era riconosciuta, in tale ipotesi, al terzo acquirente, ancorché di buona fede, stante le regole del diritto positivo della intangibilità della legittima, del divieto dei patti successori e della irrinunziabilità della azione di riduzione (art. 458 e 557 c.c.) sostanziando la qualcosa una situazione di incertezza, per il timore dell’avente causa di una disposizione donativa di essere esposto alla predetta azione e di dover restituire il bene acquistato dal donatario. Ciò rappresentava di fatto un impedimento, come accennato, alla libera circolazione dei beni e alla possibilità stessa di utilizzarli sul mercato finanziario per ottenere mutui, considerata la giustificabile resistenza degli Istituti di Credito di accordare prestiti di denaro, a fronte di garanzie reali che avrebbero potuto, per le suddette ragioni, rivelarsi del tutto vanificate dall’esito positivo di una azione di riduzione promossa dal soggetto legittimario leso.
Di qui la mini riforma di un sistema intricato, attuata con la modifica degli artt. 561 e 563 c.c. introdotti dall’art. 2 della legge 14.05.2005 n. 80.
Con essa il legislatore ha voluto rendere definitivamente sicuro il diritto del terzo acquirente dopo un certo lasso di tempo, indicato in venti anni dalla trascrizione della donazione, decorso il quale l’azione di restituzione non potrà essere più esercitata nei confronti dell’avente causa dal donatario (art. 563 c.c.).
Così se essa viene richiesta dopo lo stesso termine di 20 anni dalla trascrizione della donazione i beni restituiti non saranno ripuliti da pesi ed ipoteche creati dopo la donazione salvo, in questo caso, l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minore valore dei beni purché la domanda sia stata proposta entro 10 anni dalla apertura della successione (art. 561 c.c.).
Come si legge nella relazione che accompagna la legge di riforma in questione, la soluzione adottata “consiste nel porre al riparo da ogni rischio il detto acquirente trascorsi 20 anni dalla donazione, in modo che quest’ultimo, che è pur sempre acquirente a domino, non riceva dall’ordinamento un trattamento deteriore rispetto all’acquirente a non domino, per il quale il ventennio costituisce comunque il più lungo dei termini per l’usucapione ordinaria”.
In definitiva, nell’ottica della sicurezza della circolazione dei beni, con la prima delle anzidette disposizioni (art. 563 C.C.)” il terzo acquirente fa salvo il proprio acquisto se sono decorsi venti anni dalla donazione e se nel frattempo il legittimario non abbia esercitato vittoriosamente l’azione di riduzione e la conseguente azione restitutoria in caso contrario potrà anche liberarsi dall’obbligazione di restituire in natura il bene donato pagando l’equivalente in denaro.
Con la seconda disposizione soprariportata (art. 561 c.c.) il legislatore ha contemplato l’esigenza di certezza dei traffici giuridici con i diritti dei legittimari mantenendo l’effetto purgativo ma circoscrivendone l’ambito temporale.
Dopo aver previsto il ricordato limite di tempo al diritto di sequela nei confronti del terzo acquirente, il legislatore ha congegnato un sistema al fine di conservare, anche in presenza di terzi aventi causa, la salvaguardia dei diritti dei presunti legittimari (coniuge e parenti in linea diretta). È stato infatti stabilito, nel penultimo comma dell’art. 563 (riformato) del c.c., la possibilità di vanificare la limitazione temporale suddetta mediante la notifica e trascrizione nei confronti del donatario e (dopo l’emendamento della legge 263 del 23.12.2005) del suo avente causa “di un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione”.
Esso ha finalità cautelative e deve essere effettuato per atto pubblico o scrittura privata autenticata in quanto la sua efficienza è subordinata alla trascrizione ex art. 2652 c.c. al pari della notificazione da eseguirsi (secondo la tesi preferibile in dottrina) tramite Ufficiale Giudiziario. In buona sostanza l’atto di opposizione senza la notifica e la trascrizione non produrrà l’effetto sospensivo del termine e, quindi, trattasi di due elementi di una fattispecie a formazione progressiva.
Presupposto per l’applicazione della disposizione in esame è che l’atto provenga dai legittimari (coniuge o parenti in linea retta) ed il possesso di tale qualifica non solo subordina l’esercizio di tale diritto, che appartiene al novero di quelli potestativi, ma giustifica la sua intrasmissibilità anche iure successionis quando il soggetto legittimato muoia prima del decorso del ventennio senza aver esercitato il diritto di opposizione.
Quest’ultima produce effetto solo nei confronti di chi ha esercitato il diritto relativo (a conferma del carattere personale dell’azione) e deve essere rinnovata nella stessa forma e modalità prima della scadenza, a pena di decadenza.
Importante è ricordare che l’opposizione deve avere per oggetto il singolo “atto di donazione” (che deve essere specificamente indicato).
L’esplicito riferimento, contenuto nell’art. 563 c.c., a tale atto ha posto, in dottrina e giurisprudenza, l’interrogativo se il diritto può essere esercitato e quindi trascritto anche in presenza di donazioni indirette o di donazioni simulate.
È su questo ultimo aspetto che interviene, con motivazione articolata e precisa, la sentenza del Tribunale di Cagliari, oggetto del presente elaborato.
Orbene, dopo aver delineato la disciplina della sospensione del termine ventennale, di cui sopra si è accennato, che determina una stabilizzazione dell’acquisto in capo al donatario ed ai terzi ai quali il bene sia stato eventualmente trasferito, il Tribunale di Cagliari condivisibilmente ritiene che, contrariamente alla interpretazione dottrinale, la trascrizione dell’atto d’opposizione, a prescindere dal dato letterale, possa ritenersi ammissibile anche con riguardo alla alienazione del bene avvenuta in forza di contratti nominalmente diversi, quand’anche dissimulanti una donazione.
L’accurato e corretto ragionamento del Tribunale di Cagliari giustifica la risposta positiva all’interrogativo. Ed, invero, il mutato quadro normativo permetta di ritenere, a differenza di quanto poteva opinarsi prima della riforma -in cui l’azione per simulazione o di accertamento della natura indiretta o simulata dell’atto (propedeutica all’esperimento di quella di riduzione) poteva essere esercitata solo dopo l’apertura della successione e quindi in nessun caso poteva rendersi opponibile al terzo avente causa (salvo la trascrizione tardiva dell’atto dispositivo)- che la novella del 2005 abbia reso possibile in vita agire per la declaratoria della simulazione o della natura donativa dell’atto prima della apertura della successione, proprio perché finalizzata e propedeutica all’esercizio del diritto di opposizione.
In buona sostanza, argutamente il Tribunale di Cagliari motiva che la contraria tesi finirebbe per vanificare la funzione cautelare dell’atto di opposizione in quanto i soggetti indicati nell’art. 563 CC subirebbero “un sicuro pregiudizio tutte le volte in cui, pur esperita vittoriosamente l’azione di simulazione dopo l’apertura della successione, per non aver potuto beneficiare dello strumento apprestato dalla disposizioni in commento, sia ormai decorso il termine di venti anni necessario alla stabilizzazione sull’acquisto in capo al donatario ed ai terzi, a cui il bene nel frattempo sia stato alienato”.
La soluzione interpretativa che riconosce ai legittimari di attivarsi giudizialmente per far dichiarare la inefficacia di un negozio traslativo a titolo oneroso che dissimuli una donazione risponde conclusivamente non solo alla esigenza di garantire la sicurezza dei traffici giuridici ma anche quella di assicurare l’effettiva tutela ai soggetti legittimari indicati nell’art. 563 CC.
La decisione del Tribunale di Cagliari trova il suo avallo in una sentenza della Cassazione di poco precedente (Cass. 09/05/2013 n° 11012) da cui emerge l’esattezza del percorso argomentativo del Giudice sardo laddove è affermato, a chiare note, che nella fattispecie “non si tratta di proporre un’azione di simulazione direttamente finalizzata all’esercizio della azione di riduzione, che presuppone secondo l’insegnamento di questa Corte (Cass. 30/07/2014 n° 14562; Cass. 21/02/2007 n° 4021), l’apertura della successione dell’alienante bensì di notificare e trascrivere l’atto di opposizione previsto dal richiamato art. 563, comma 4 CC, che, diversamente dalla prima ipotesi, è preordinato alla sospensione del termine per la eventuale proposizione dell’istanza di riduzione e non richiede quindi la previa lesione dei diritti del legittimario (non a caso il legislatore, diversamente dalle norme contenute negli altri articoli che regolano la materia, non adopera qui il termine di legittimario riferendosi al coniuge ed ai parenti in linea retta del donante”.
Alla luce di detta interpretazione quindi uno dei soggetti (legittimari) indicati dall’art. 563 potrà senz’altro trascrivere l’atto di opposizione dopo aver trascritto la domanda diretta all’accertamento della simulazione o della natura liberale dell’atto formalmente oneroso.
Testo del provvedimento
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