ISSN 2385-1376
Testo massima
LA TUTELA DEL TERZO POSSESSORE AD USUCAPIONEM DI UN BENE IMMOBILE SOTTOPOSTO AD ESPROPRIAZIONE
L’acquisto a titolo originario, rimane insensibile al pignoramento, prevalendo su qualsiasi trascrizione
Capita spesso nelle aule dei Tribunali di assistere a procedimenti esecutivi in cui i beni pignorati in danno del loro formale intestatario in realtà appartengono ad un terzo, al quale la legge appresta una particolare tutela al fine di scongiurare la vendita del compendio staggito.
Tratteremo dunque il tema della opponibilità alla procedura esecutiva dell’acquisto dei beni pignorati, con particolare riferimento a quello a titolo originario, derivato da un possesso ultraventennale del bene, idoneo all’usucapione.
Alla morte di Tizio, il quale aveva avuto un terreno assegnatogli da un Ente di Riforma Agraria, con patto di riservato dominio ma non ancora riscattato, solo il primo dei due eredi (Caio e Sempronio), possiede i requisiti per subentrare nel rapporto di assegnazione, in quanto coltivatore diretto.
Nell’asse ereditario vi sono altri beni che Caio e Sempronio dividono bonariamente con l’intesa che il terreno, non ancora riscattato, sarebbe stato assegnato a Caio e poi frazionato e diviso fra entrambi all’esito del riscatto.
Essendo questa la volontà delle parti e del de cuius, Caio e Sempronio senza attendere il riscatto del terreno di quattro ettari, provvedono, fin dopo la morte del padre, a dividerlo in due parti, di due ettari ciascuno. Caio e Sempronio così cominciano a possedere il proprio appezzamento, di fatto diviso, in via esclusiva e separata coltivandolo, recintandolo, costruendovi fabbricati per il ricovero degli attrezzi agricoli, impiantando vigneti e coltivandolo ad ortaggi. E così per circa trenta anni finchè Caio, formale proprietario del bene, nelle more riscattato, si vede espropriare l’intero fondo, di cui fa parte quello posseduto da Sempronio, ma purtroppo ancora indiviso, da parte di un noto Istituto di credito, che vanta un consistente credito insoddisfatto nei confronti di Caio medesimo.
Sempronio viene a sapere del pignoramento e si rivolge ad un legale per veder tutelati i propri diritti sull’appezzamento di terreno posseduto da oltre trenta anni in modo esclusivo, pacifico, incontestato ed ininterrotto, per scongiurare il pericolo che il bene stesso venga aggiudicato nell’imminente incanto.
Il problema è chiaro e dovendo l’interprete orientarsi in ragione della vicenda, così come rappresentata nei suoi elementi fattuali, il quesito può essere così formulato: “Il pignoramento effettuato in danno di chi risulta formale proprietario del bene è opponibile a colui che si trova nelle condizioni di usucapire il bene staggito?”.
È evidente che lo strumento che può essere offerto a Sempronio, nella fattispecie scrutinata, è quello di cui all’art. 619 c.p.c., cioè la opposizione di terzo alla esecuzione, ossia di un soggetto esterno alla procedura esecutiva, ma titolato nel senso di poter vantare la proprietà del bene pignorato per acquisto fattone a titolo originario.
L’opposizione di terzo è lo strumento per far valere anche un acquisto a titolo derivativo, rendendolo opponibile al pignoramento alle condizioni infra indicate.
In buona sostanza, con l’opposizione di terzo, quest’ultimo contesta non tanto la fondatezza dell’azione spiegata quanto piuttosto la estraneità del bene alla responsabilità patrimoniale del debitore escusso.
La distinzione è importante perché dalla natura dell’acquisto dipende l’ammissibilità e fondatezza della opposizione.
Ed, invero, è di tutta evidenza, in primo luogo, che l’atto di acquisto dall’esecutato effettuato e trascritto prima della trascrizione del pignoramento rimane insensibile alla espropriazione a differenza dell’ipotesi in cui la proprietà del bene sia stata trasferita con atto trascritto successivamente. Nel qual caso prevarrà senz’altro il pignoramento a meno che la trascrizione di quest’ultimo risulti essere viziata per essere stata eseguita erroneamente a favore di soggetto diverso dal creditore procedente. È quest’ultimo un caso di scuola, esaminato da Cass. 04.04.2013 n. 8205 la quale, nell’enunciare il principio testè indicato, ha avuto modo di sottolineare la natura della opposizione di terzo de qua, con cui, per l’appunto, il medesimo non contesta l’an dell’esecuzione ossia il titolo fondante il credito (denunciabile con il diverso strumento dell’art. 615 c.p.c., riservato al debitore esecutato) ma piuttosto la opponibilità al pignoramento del suo titolo di acquisto, idoneo a sottrarlo all’esecuzione, nella specie, in quanto la trascrizione risulta nulla ex art. 2841 c.c. Disposizione, questa invero, prevista in tema di iscrizione ipotecaria ma applicabile, per la sua valenza generale, anche alla trascrizione del pignoramento laddove, nel titolo o nelle note riprodotte nei registri risultano inesattezze tali da escludere la possibilità di individuare con certezza l’indicazione ivi effettuata.
Una diversa disciplina è invece dettata allorchè sul bene pignorato il terzo possa vantare un possesso utile all’usucapione.
In questo caso, il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall’art. 2644 c.c., in relazione agli atti indicati dall’art. 2643, risolve il conflitto unicamente fra più atti di acquisto a titolo derivativo ma non fra acquisto a titolo derivativo ed a titolo originario, come l’usucapione (v. ex multis, Cass. 03.02.2005 n. 2161).
In altro senso, la disciplina generale che regola i rapporti tra pignoramento ed atti dispositivi e che riconosce la prevalenza al primo se anteriormente trascritto, si riferisce agli atti con cui si dispone il diritto di proprietà e non anche a quei fatti che caratterizzano invece la vicenda dell’acquisto per usucapione.
Quest’ultimo, proprio in quanto avviene a titolo originario, rimane insensibile al pignoramento, prevalendo su qualsiasi trascrizione, ancorchè effettuata prima della maturazione del termine ad usucapiendum ed addirittura prima della domanda svolta o del suo giudiziale accertamento (sentenza).
Per le stesse ragioni, non è opponibile all’usucapione il decreto di trasferimento del bene pignorato all’esito della aggiudicazione all’asta, trattandosi pur sempre di un acquisto derivativo, da parte dell’aggiudicatario, perfezionatosi in via coattiva (cfr. Cass. 22.09.10 n. 20037).
Tale ricostruzione è stata, per così dire, scolpita in due chiarissime ordinanze della Cassazione (30.12.09 n. 27668 e 25.05.10 n. 12790 ma si veda anche Cass. 06.12.00 n. 15503) in cui è stato enunciato il seguente principio:” In tema di opposizione di terzo ad esecuzione immobiliare, la norma dell’art. 619 c.p.c. legittima il terzo a far valere la proprietà od altro diritto reale sul bene pignorato senza esigere che tali situazioni siano state giudizialmente accertate, con la conseguenza che lo stesso terzo le può far valere rispetto ad un bene che assume di aver acquistato al momento della opposizione per effetto di usucapione e chieda di provare tale situazione nel giudizio di opposizione di terzo, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto la esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo il termine ventennale, utile a consolidarlo, venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo”. È questa una importante sottolineatura, non mancando chi ritiene che l’opponibilità dell’usucapione sarebbe possibile solo con la maturazione, al momento del pignoramento, del termine utile per l’acquisto a tale titolo.
Si parla, a tal proposito, della c.d. retroattività reale dell’usucapione in ragione della quale (e non a causa di una presunta usucapio libertatis), si produce l’effetto estintivo della trascrizione del vincolo pignoratizio (per un precedente contrario v. Trib. Latina 18.04.2007). Come si evince dai provvedimenti appena ricordati, il possesso ad usucapionem potrebbe essere domandato ed accertato nello stesso giudizio di opposizione del terzo de quo.
A questo punto sorgono spontanee due domande.
La prima riguarda il termine utile per proporre la opposizione del terzo, la seconda le conseguenze della mancata sospensione della esecuzione, che è d’uopo richiedere per evitare la vendita coattiva del bene asseritamente usucapito, disciplinata dal combinato disposto degli artt. 619 e 624 c.p.c.
Orbene, quanto alla prima questione, invero dibattuta, una recente sentenza della Cassazione (04.04.13 n. 8205) ha chiarito, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 619, 1° co. c.p.c., letto in relazione all’art. 620, che l’opposizione di terzo può essere proposta sino a che la vendita non sia avvenuta (v. Trib. Roma 22.08.98; in dottrina v. CORSARO BOZZI, Manuale dell’esecuzione forzata, Giuffrè, pag. 427 e segg), cioè quando non sia stata perfezionata attraverso l’aggiudicazione del bene pignorato.
È pur vero che il termine finale per proporre l’opposizione in questione è individuato, dall’art. 619 prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione ma è altrettanto vero che il successivo art. 620 c.p.c. definisce tardiva l’opposizione proposta dopo la vendita stessa.
È di tutta evidenza, allora, che le due disposizioni normative debbano leggersi in modo combinato dacchè deve concludersi che la opposizione ex art. 619 c.p.c. può essere introdotta anche successivamente alla udienza in cui sono disposte le vendite del bene (in dottrina v. Corsaro Bozzi, Manuale della Esecuzione Forzata, Giuffrè, pag. 427 e segg; in senso contrario, v. Trib. Latina 28.01.91 il quale ha ritenuto tardiva l’opposizione di terzo alla esecuzione immobiliare proposta successivamente alla udienza di fissazione della vendita).
In merito al secondo quesito, deve condividersi la opinione della dottrina (v. es. Anna Maria Soldi – Manuale Esecuzione Forzata, Cedam 2011; Bruno Capponi Manuale Diritto della Esecuzione Civile, Giampichelli 2010; Castoro Il Processo di esecuzione, Giuffrè, pag. 693), e della giurisprudenza (v. ad es. Trib. Bari 12.01.2006 n. 2561), secondo i quali l’ambito elettivo di applicazione dell’art. 620 è quello della espropriazione mobiliare, considerato che detta norma è speculare all’art. 2920 c.c., mentre nel caso della espropriazione immobiliare resterebbe ferma la norma di cui all’art. 2921 c.c.
Il primo prevede espressamente: “Se soggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall’esecuzione, non possono farle valere nei confronti dell’acquirente di buona fede, né possono ripetere dai creditori la somma distribuita. Resta ferma la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni e per le spese“.
Il secondo: “L’acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l’evizione, può ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese e, se la distribuzione è già avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l’eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese“.
Non senza rilievo è poi la considerazione che nella espropriazione immobiliare i diritti dei terzi sui beni immobili prevalgano sempre su quelli dell’aggiudicatario quando siano opponibili ex art. 2915.c.c.
E come sopra si è visto, la posizione dell’usucapiente è quella di colui che ha proceduto ad un acquisto a titolo originario ditalchè le vicende successive (pignoramento/assegnazione) appaiono incompatibili con detto principio.
Testo del provvedimento
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