ISSN 2385-1376
Testo massima
Con sentenza n. 16987 del 9 luglio 2013, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio di diritto, già precedentemente enucleato (Cass., 17.01.1998, n. 414), secondo cui, ai fini dell’efficacia del licenziamento per giustificato motivo (soggettivo o oggettivo), non è necessario che la motivazione dello stesso licenziamento sia specificata in tutti i suoi elementi di fatto e di diritto, essendo sufficiente che la fattispecie di recesso sia indicata nelle sue circostanze di fatto essenziali, in modo tale che in sede giudiziale non possa essere invocata una fattispecie totalmente diversa, mentre sia sempre possibile esclusivamente precisare quella dedotta esplicitando elementi di fatto non puntualmente indicati nella motivazione. Ciò in quanto la motivazione del licenziamento risponde all’esigenza di delimitare la materia del contendere, precludendo al datore di lavoro di introdurre in giudizio fatti nuovi o elementi diversi, se non meramente confermativi o precisativi di quelli già esposti.
Il licenziamento è dunque inefficace solo ove il datore di lavoro, a seguito della richiesta del lavoratore licenziato, ometta di comunicargli tempestivamente i motivi del suo recesso, in tal modo violando la prescrizione dettata dall’art. 2 della legge n. 604/1996, così come nell’ipotesi di comunicazione assolutamente generica.
Nella fattispecie in esame, la lavoratrice, a fronte della sentenza di appello che dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimatole, impugnava suddetta sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 604/1966, sostenendo che il licenziamento fosse in realtà inefficace, dal momento che i motivi determinanti il recesso, non intelligibili dalla lettera di licenziamento, non erano stati in alcun modo comunicati dal datore di lavoro a seguito di specifica richiesta in tal senso da parte della lavoratrice medesima. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo che i motivi del recesso, consistenti nella notevole riduzione del carico lavorativo connessa alla perdita di un importante cliente, erano già stati sufficientemente indicati nella lettera di licenziamento, ragion per cui si rendeva superflua una successiva comunicazione degli stessi, pur a seguito di specifica richiesta della lavoratrice.
In definitiva, dalla sentenza della Suprema Corte si evince che la motivazione del licenziamento per giustificato motivo si pone su un piano distinto rispetto a quello della prova, incombente sul datore di lavoro in giudizio, della funzionalità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo a fronteggiare esigenze obiettive e non contingenti, rispetto alle quali sia preclusa ogni diversa collocazione del lavoratore. Su tale ultimo piano l’assolvimento dell’onere probatorio del datore di lavoro è stato nella fattispecie ritenuto carente, ma, in quanto ciò attiene alla fase processuale successiva all’intimazione del licenziamento e non alla fattispecie di recesso in sé considerata, deve ritenersi che il licenziamento sia soltanto illegittimo e non anche inefficace.
Testo del provvedimento
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