Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
Il contratto di leasing, in quanto schema contrattuale atipico, non può essere più ricondotto, alla previsione di cui all’art. 1526 c.c.
In particolare non può ritenersi risolutiva, al fine di determinare la riconducibilità del leasing al negozio di vendita con patto di riservato dominio, la tradizionale distinzione fra leasing di godimento e leasing traslativo, in quanto la società di leasing svolge un ruolo di intermediazione finanziaria, concedendo in uso all’utilizzatore un bene scelto direttamente da quest’ultimo ed acquistato dalla concedente da un terzo soggetto, con il precipuo scopo di assicurarsi una “garanzia” reale per la restituzione del finanziamento erogato.
A questo schema contrattuale è quindi estraneo lo scopo della rivendita del bene all’utilizzatore, come noto condizionata all’opzione di acquisto da parte di quest’ultimo.
Questi i principi come ricavabili dalle conclusioni esposte dalla Procura Generale della Suprema Corte Di Cassazione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis cpc, nella Persona del Pubblico Ministero Dott. Mauro Vitiello.
L’auspicio è quello di trovarsi di fronte ad una imminente storica sentenza nella materia della locazione finanziaria, proprio all’esito della entrata in vigore della Legge. N. 124/17 (Legge sulla concorrenza), che come noto ha finalmente tipizzato il contratto di leasing.
Non può infatti che entusiasmare la disamina della requisitoria svolta dal Pubblico Ministero della procura generale della Suprema Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 375 e 380 bis cpc. all’interno di un ricorso iscritto al ruolo generale dell’anno 2013 di essa Suprema Corte, formulato da una società di leasing avverso provvedimento emesso dal Tribunale di Agrigento, in un giudizio di opposizione allo stato passivo.
Ad avviso e quindi di chi scrive, non ha tanto importanza la fattispecie concreta che fu portata alla disamina dei giudici della legge cinque anni or sono, che come si può immaginare atteneva la mancata ammissione al passivo di crediti maturati alla data di apertura del concorso, quanto le conclusioni cui perviene il Pubblico Ministero in vista della udienza in Camera di Consiglio, come fissata dal Presidente della Sezione Prima Civile al giorno 23 aprile 2018.
Veniamo subito al dunque:
il Pubblico Ministero osserva che il contratto di leasing, in quanto schema contrattuale atipico, non può essere più ricondotto, come invece la pronuncia impugnata faceva, alla previsione di cui all’art. 1526 c.c.; in particolare, prosegue il PM, non potendosi ritenere risolutiva, al fine di determinare la riconducibilità del leasing al negozio di vendita con patto di riservato dominio, la tradizione distinzione fra leasing di godimento e leasing traslativo.
Afferma ancora il PM che la società di leasing svolge un ruolo di intermediazione finanziaria, concedendo in uso all’utilizzatore un bene scelto direttamente da quest’ultimo ed acquistato dalla concedente da un soggetto terzo, con lo scopo preciso di assicurarsi una garanzia reale per la restituzione del finanziamento erogato.
Va senz’altro puntualizzata la espressione utilizzata dal PM come appena descritta, laddove anche ad avviso di chi scrive, ove interpellato su quale sia il fondamento di esso negozio giuridico, altro non risponderebbe che il fondamento del leasing è il bene, che il leasing ruota essenzialmente intorno al concetto di bene, che la garanzia nel contratto di leasing è il bene, e che il verbale di consegna e collaudo, sempre a parere di chi scrive, ha natura di vero e proprio negozio giuridico collegato al contratto principale di locazione finanziaria. Se nel contratto di mutuo fondiario, come disciplinato dal Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. T.U. della Legge Bancaria, è fondamentale l’accertamento incidenter tantum della effettiva erogazione del finanziamento, da parte del mutuante al mutuatario, tale da assurgere a pari natura negoziale l’atto di erogazione e quietanza collegato al contratto principale di mutuo, non può pervenirsi ad una conclusione diversa, nella fattispecie di contratti di locazione finanziaria, ove il contratto si integra con il verbale di consegna e collaudo, e viceversa.
Aggiunge ancora il PM che a questo schema contrattuale, che esalta il ruolo di intermediario finanziario nei confronti ed in favore del lessor, è quindi estraneo lo scopo della rivendita del bene all’utilizzatore, come noto condizionata all’opzione di acquisto da parte di quest’ultimo (gli attenti lettori e cultori della materia, non potranno a questo punto non riflettere sul venir meno della storica discussione sulla opzione di acquisto cosiddetta necessitata e/o eventuale, ad colorandum il discrimen tra locazione finanziaria di godimento e locazione finanziaria traslativa. Autorevole dottrina osservò già all’epoca delle storiche sentenze gemelle del 1989 nn. 5569-5570-5572-5573 e 5574, la circostanza a dir poco apodittica, che si insinuava nel nostro ordinamento, di una indagine di natura psicologica sulla effettiva volontà dei contraenti, alla data di stipulazione del contratto, seppure non trovasse né trova ingresso, de jure condito, l’istituto dei motivi del contratto …rectius affermandosene la totale irrilevanza, fatta eccezione per i casi di cui all’art. 1345 c.c.).
Scrive ancora il PM, che la causa del contratto di leasing non può essere ricondotta semplicemente al trasferimento di proprietà contro l’acquisto di un corrispettivo versato ratealmente, sinallagma che invece caratterizza il contratto di vendita con riserva di proprietà; la funzione economica del contratto di leasing, si legge, va ravvisata prevalentemente nel finanziamento dell’utilizzatore; il concedente si impegna ad acquistare il bene indicatogli dall’utilizzatore e ad immettere quest’ultimo nel possesso del bene, a fronte del pagamento di un canone di locazione periodico, che da un lato integra il corrispettivo per il godimento del bene e dall’altro mira alla ricostituzione del patrimonio della società concedente, con la restituzione del prezzo utilizzato per l’acquisto del bene e la corresponsione degli interessi corrispettivi dello stesso prestito ottenuto, oltre che dalla correlata immobilizzazione della somma impiegata dal concedente per l’acquisto.
Si legge ancora che ad avviso e sempre del Pubblico Ministero, la norma di cui all’art. 72 quater L.F. sia dettata per l’ipotesi specifica in cui lo scioglimento anticipato del contratto consegua alla dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore, evento che tra l’altro, si legge ancora, prescinde da profili inerenti al corretto adempimento dell’obbligazione di versare i canoni alle rispettive scadenze.
Anche in questo caso, l’attento lettore, osserverà che i contenuti della requisitoria appena letti, smentiscono clamorosamente quanto affermato da Cass. con la nota Sentenza n. 2538/16, laddove essa affermò che la disciplina di cui all’art. 72 quater L.F. poteva trovare applicazione solo nel caso in cui il contratto di locazione finanziaria fosse pendente alla data di apertura del concorso nei confronti dell’utilizzatore, mentre al contrario, ove lo stesso contratto fosse stato già risolto in data anteriore al fallimento del lessee, occorreva distinguere a seconda che si trattasse di leasing finanziario di godimento e/o leasing finanziario traslativo. Non pochi problemi sono sorti agli operatori del settore, dopo il pronunciamento della Suprema Corte dell’anno 2016 con la sentenza appena citata, che appariva addirittura in contraddizione con i principi ricavabili dalla sentenza n. 15701/11 e pressoché salvifica, proprio a seguito del pronunciamento della sentenza 2538/16, con gli evidenti intenti nomofilattici in essa contenuti, è stata la entrata in vigore della Legge 4.8.2017 n. 124.
In buona sostanza, il Pubblico Ministero abbandona totalmente il dictum come contenuto all’interno della sentenza 2538/16, evidenziando, sic et sempliciter, che l’art. 72 quater L.F. sia dettato per l’ipotesi specifica in cui lo scioglimento anticipato del contratto consegua alla dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore, senza più porsi alcun problema quanto alle ipotesi di contratti già eventualmente risolti dal lessor alla data di apertura del concorso, i quali rimanevano fuori dalla portata applicativa della norma speciale, inopinatamente accostando alla fattispecie dei contratti già risolti alla data del fallimento, la disciplina di cui all’art. 72 stessa Legge.
Giunge quindi il PM ad affermare che le norme di cui all’art. 72 quater L.F. in sede fallimentare e dell’art. 169 bis applicata alle procedure di concordato preventivo, portino con sé ed ex sè la conseguenza del superamento della tradizionale distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento, concentrandosi sulla più esatta interpretazione, atta a garantire che dallo scioglimento del vincolo contrattuale, da qualunque causa esso dipenda, discendano conseguenze giuridiche che non si risolvano nell’indebito arricchimento dell’una, che piuttosto dell’altra parte.
Sempre su questa stessa rivista, abbiamo più volte evidenziato i compromessi, anche prima della entrata in vigore della legge 124/17, compiuti dalla giurisprudenza, sia di merito, sia di legittimità, a demerito di quei principi che già trenta anni fa erano invece contenuti nella Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988, recepita dallo stato Italiano con legge 14 luglio 1993, n. 259, che meglio di ogni altro richiamo ex art. 12 delle preleggi, avrebbero risolto in radice ogni querelle sul punto. Il principio infatti fondamentale della Convenzione sopra citata, era quello per cui “…il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto”.
Sono particolarmente ispirate le conclusioni cui perviene il PM, laddove afferma da ultimo che la regolamentazione delle conseguenze dell’anticipato scioglimento del contratto di leasing, si debba discostare da quanto previsto dall’art. 1526 c.c. per il contratto tipico della vendita con patto di riservato dominio ed abbia quale obiettivo l’equo contemperamento degli interessi patrimoniali dei contraenti, previa applicazione in via analogica dei principi di cui all’art. 72 quater L.F., al quale ancora il PM dichiara essersi ispirata la Legge 4.08,2017 n. 124, che all’art. 1, commi 138 e 139 disciplinano le conseguenze risarcitorie della risoluzione del contratto di locazione finanziaria.
Di tali principi, si legge, la pronuncia impugnata avrebbe dovuto tenere conto, all’uopo richiedendo l’accoglimento, in Camera di Consiglio, del ricorso come formulato dal lessor.
Ecco sostanzialmente i motivi per i quali, a conferma dell’enfasi introduttiva l’odierno articolo, non possiamo che essere in trepidante attesa, della decisione finale, come sarà emessa dalla Suprema Corte, a breve.
Ancora su questa stessa rivista, infatti, abbiamo già commentato l’ambito di applicazione della Legge 124/17, ai cosiddetti rapporti anche processuali pendenti, osservando la distinzione tra overruling e jus superveniens e dando la giusta prevalenza, ad avviso di chi scrive, del secondo sul primo, tale da non consentire neppure il richiamo all’art. 11 delle preleggi.
Abbiamo cioè evidenziato la presenza di una Legge sul leasing, che andava a sovrapporsi al trattamento fino a quel momento riservato soltanto alle pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità, equiparando la introduzione della Legge 124/17, ai commi 136-140, alla introduzione di un sistema giuridico di civil law, che come tale non poteva non prevalere su un modello giuridico, costruito esclusivamente dalla giurisprudenza, tipico dei sistemi di common law.
L’intuizione svolta da chi scrive, sulla effettiva portata applicativa della Legge n. 124/17 ai rapporti giuridici e processuali pendenti, è stata poi confortata dal Tribunale di Roma con la Sentenza n. 847 del 13.01.2018, all’interno della quale il giudice designato alla trattazione, ha pressoché applicato i principi come derivanti dalla novella, ma a formazione del thema decidendum della lite già chiuso ex art. 183 cpc e quindi a processo civile già iniziato, ovviamente sviluppatosi sul notorio contraddittorio ad oggetto la effettiva qualificazione giuridica del contratto di leasing nel caso concreto portato all’esame, con i noti richiami all’art. 1526 c.c., disciplinante la vendita con riserva della proprietà.
Con il commento alla Sentenza appena citata 847/2018, abbiamo anzi evidenziato, che non erano affatto casuali i richiami sia alla Legge Fallimentare, sia alla Legge di Stabilità, come contenuti all’interno della Legge n. 124/17, al contrario non potendosi che confermare che anche il legislatore della Legge Speciale, con l’introduzione dell’art. 72 quater L.F., aveva inteso escludere, nei rapporti e nella disciplina leasing-fallimento, il richiamo all’art. 1526 c.c., concentrandosi il legislatore del fallimento su di una unica fattispecie di contratto di leasing finanziario, scevra da ogni richiamo alla vendita con riserva alla proprietà; pari esclusione del noto discrimen, si affermava potersi leggere anche all’interno della Legge di Stabilità 2016, riguardante la fattispecie di immobili da adibire ad abitazioni; ciò che deponeva, ad avviso di chi scrive, a sostegno di un percorso volto alla eliminazione di ogni discrimen, che inizia nell’anno 2006, con la introduzione dell’art. 72 quater, si rafforza nell’anno 2015, con la Legge di Stabilità 2016 per culminare, de jure condito, nell’anno 2017.
Se solo per un istante, il Tribunale di Roma con la Sentenza n. 847/2018, avesse considerato l’art. 11 delle preleggi, esso non avrebbe certamente emesso una Sentenza che, contrariamente al principio generale che la Legge vale solo per l’avvenire, ha fatto invece proprio il contenuto integrale della novella, lo si ribadisce, a thema decidendum chiuso.
Sempre con il commento alla Sentenza di prime cure più volte citata, chi scrive ha affermato che in qualunque stato e grado del processo, la Legge 124/17 non poteva che costituire l’unico punto di riferimento, addirittura rilevabile di ufficio in appello (in questo secondo caso e quindi superando il divieto dei nova, ma imponendosi con il richiamo al comma 2 dell’art. 345 c.p.c,) con l’unico limite, che appare però oggi essere superato anch’esso, rappresentato da un giudizio pendente avanti i giudici della Legge, alla data di entrata in vigore della novella.
Si sono certamente compresi, stando così le cose, i motivi della trepidante attesa, nel senso che, disaminate ancora una volta le conclusioni cui è pervenuto il Pubblico Ministero in vista di una udienza camerale avanti la Suprema Corte di Cassazione, ha anch’egli richiamato e fatti propri i principi di cui alla Legge n. 124/17, con la conseguenza che, nella auspicata ipotesi di effettivo accoglimento del ricorso, come suggerito dal medesimo Pubblico Ministero, la decisione farà da spartiacque tra le sentenze lontanissime dell’anno 1989 ed il nuovo corso nella storia della locazione finanziaria; già abbattuto il muro dell’art.11 delle preleggi, all’interno di un giudizio di merito, si abbatterebbe senz’altro il muro anche in seno alla Suprema Corte, per volontà propria.
Sarà ovviamente immediato il commento, alla emittenda sentenza…storica, lo si ribadisce, laddove accolga integralmente il ricorso. Attendiamo !!!
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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