Il giudicato derivante dal decreto ingiuntivo non opposto, produce l’effetto di rendere incontroverso il rapporto giuridico dedotto. In sede di opposizione dichiarata inammissibile, tale inammissibilità impedisce di dare luogo a qualsiasi procedimento che su di essa si fondi, sicché anche la domanda riconvenzionale dell’opponente resta travolta dall’inammissibilità dell’opposizione.
L’art. 1526 c.c. non è applicabile ai contratti di leasing anche se stipulati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 124/20I7, in quanto si tratta di disciplina ad esso estranea. Il leasing, nella sua evoluzione giuridica, si è infatti man mano tipizzato assumendo forme del tutto peculiari e tipiche, sino all’introduzione della L. n. 124/2017, che ha dettato una compiuta disciplina relativa a presupposti, effetti e conseguenze della risoluzione per inadempimento, oltre a norme di coordinamento con altre disposizioni che richiamano tale fattispecie contrattuale. Sono dovuti, pertanto, i canoni scaduti insoluti maturati sino alla data di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore.
Questo i principi espressi dal Tribunale di Ancona, Giudice Sergio Casarella, con la sentenza n. 1457 del 19.08.2019.
LA VICENDA PROCESSUALE
Con decreto ingiuntivo, emesso ad istanza di una società di leasing, veniva ingiunto alla debitrice il pagamento di una somma di denaro, in relazione all’inadempimento della debitrice del pagamento dei canoni pattuiti in relazione al contratto di leasing stipulato fra le parti. Con atto di citazione, l’ingiunta proponeva opposizione e conveniva in giudizio la concedente, chiedendo al giudice adito, in via principale, di accertare l’inesigibilità o l’inesistenza del diritto di credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto e, in via riconvenzionale, concludendo per la condanna della società creditrice alla restituzione della somma di euro 1.000.000, per effetto della ritenuta applicazione, alla fattispecie, dell’art. 1526, comma 1 c.c., e dell’asserita qualificazione del negozio in leasing traslativo.
Si costituiva ritualmente in giudizio la Società di leasing, contestando l’opposizione della debitrice, in quanto tardiva, inammissibile ed infondata, unitamente alle domande riconvenzionali avanzate dall’opponente.
LA DECISIONE
Il Tribunale di Ancona, nella pronuncia in oggetto, dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla debitrice, poiché proposta tardivamente e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto. Dichiarava, altresì, l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall’opponente e condannava quest’ultima alla rifusione integrale delle spese di lite.
Il Giudice precisava, comunque, che la domanda riconvenzionale proposta dalla debitrice era da ritenersi generica ed infondata, in quanto la pretesa di pagamento dei canoni scaduti ed insoluti avanzata dalla società di leasing, era da ritenersi legittima, non potendosi applicare l’art. 1526 c.c. alla fattispecie e non potendosi qualificare, il contratto, quale di leasing traslativo.
Tale soluzione veniva motivata dal Giudice sulla base della rinnovata ricostruzione unitaria del contratto di leasing, avallata, oltre che dalla più recente giurisprudenza di legittimità, anche dal legislatore, con l’introduzione dell’art. 1, commi 136-139 della Legge per il mercato e la concorrenza del 4 agosto 2017, n. 124.
Tale norma, infatti, nel regolare la disciplina della risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, non fa alcuna distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, ma ripropone su un piano normativo la prassi negoziale uniforme socialmente tipica della locazione finanziaria: per tale ragione, nessuna applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. è oggi possibile in riferimento al leasing risultando, tale norma, applicabile ai soli contratti di vendita a rate con patto riservato di dominio.
In ogni caso, il Giudice specificava che anche in caso di applicazione dell’art. 1526 c.c., come invocato dalla debitrice, la Società di leasing aveva, comunque, il diritto di vedere acquisiti al proprio patrimonio tutti i canoni maturati, sino alla data di risoluzione del contratto, in forza di una specifica pattuizione in tal senso prevista dalle parti sul piano negoziale, ritenuta compatibile con il comma 2 della norma sopra richiamata.
Tale specifica disposizione, infatti, riconosce alle parti di accordarsi affinché, in caso di anticipata risoluzione del contratto di vendita a rate, con riserva di proprietà, le rate già versate dal compratore inadempiente restino acquisite al venditore.
Tale indennità, riducibile dal Giudice se eccessivamente onerosa, veniva ritenuta congrua, anche in ragione della genericità delle eccezioni della debitrice.
Alla luce di quanto esposto, la somma oggetto di ingiunzione veniva confermata, avendo la società di leasing il pieno diritto di richiedere, e non ripetere, i canoni maturai per il godimento dell’immobile da parte dell’utilizzatrice.
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