Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Nella fattispecie di contratto di locazione finanziaria (leasing), allorquando il concedente, all’esito della comminata risoluzione contrattuale per inadempimento del lessee, lamenti la inesatta consegna della cosa, tale da consentirgli la eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., le valutazioni del giudice di merito sul fondamento o meno della eccezione sono rimesse al rispetto del principio di proporzione tra il preteso inadempimento di una parte e l’inadempimento all’obbligazione principale dell’altra, con la conseguenza che neppure l’ipotesi di esercizio di una cosiddetta “autotutela”, consistente in astratto nel pagamento tempo per tempo di un canone ridotto, per una quota percentuale pari alla porzione della cosa non consegnata, cede il campo alla legittima comminatoria di una risoluzione contrattuale, ove esercitata dal lessor nel rispetto del dettato di riferimento.
Questo il principio espresso dalla Corte di Appello di Roma, sez. terza, Pres. Verde – Rel. Sterlicchio, con sentenza n. 5089 pubblicata in data 25 agosto 2016.
IL CASO
Nel caso di specie, l’appellante impugnava in appello l’ordinanza emessa dal giudice di prime cure con la quale aveva dichiarato risolto il contratto di locazione finanziaria immobiliare intercorso con la controparte, causa l’inadempimento al pagamento dei canoni di locazione, condannandola quindi al rilascio dell’immobile concesso in leasing.
L’intero atto d’appello era fondato sull’assunto che il Tribunale non avrebbe esattamente qualificato la difesa della convenuta come una eccezione di inadempimento ex art. 1460, cc (per mancata consegna di una porzione dell’immobile) ma, piuttosto, come richiesta formulata ex art. 1578 cc, di riduzione del canone per i vizi dell’immobile locato, che ne avevano diminuito in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito.
La Corte ha osservato che non risultava alcun errore commesso dal primo giudice, quanto alla individuazione esatta del modello di eccezione sollevata dalla appellante. Dall’esame, infatti, della comparsa di costituzione in primo grado, risultando che la difesa di parte convenuta eccepiva che per effetto della mancata messa a disposizione alla società utilizzatrice, di una porzione di immobile di almeno circa 92 mq, rispetto ai 597 mq oggetto della locazione finanziaria, parte resistente aveva diritto ad una proporzionale riduzione del canone di locazione finanziaria, con obbligo di restituzione in capo alla concedente attrice di tutte le somme aggiuntive ingiustificatamente versate dalla utilizzatrice, dall’inizio del rapporto contrattuale.
Aggiungeva, ancora, la convenuta, che proprio in considerazione della lamentata eccezione, nessuna risoluzione contrattuale della locazione finanziaria in parola doveva ritenersi mai prodotta, in quanto nessun inadempimento al pagamento del canone risultava essere stato perpetrato dalla società utilizzatrice. In buona sostanza, alla data della comminata risoluzione, risultava che a fronte di un vantato credito scaduto di € 31.214,34 oltre interessi di mora, sussisteva un controcredito della società resistente di € 85.709,96 (oltre interessi già corrisposti), dovuto per proporzionale riduzione del canone conseguente alla mancata messa a disposizione di una porzione dell’immobile ceduto, pari almeno a mq 92.
Ha, quindi, rilevato la Corte, che l’utilizzatrice dell’immobile non aveva inteso difendersi con l’autotutela rappresentata dall’eccezione d’inadempimento, ma con l’eccezione di compensazione tra il credito per canoni della controparte e quello vantato a titolo di ripetizione d’indebito che, comunque, non riguardava una obbligazione contrattuale. Pertanto il motivo di appello si appalesava infondato.
In ogni caso, precisava la Corte che quand’anche l’appellante avesse sollevato l’eccezione di inadempimento, questa sarebbe stata comunque infondata, in quanto contraria a buona fede. Stando, infatti, al disposto dell’art. 1460 cc, era evidente il difetto di proporzione tra il preteso inadempimento del locatore e l’inadempimento della appellante all’obbligazione principale del conduttore, che è quella di pagare il corrispettivo della locazione, essendo pacifico tra le parti che la medesima conduttrice aveva avuto la disponibilità dell’immobile per l’intero periodo.
Era palese, infatti, la sproporzione tra l’assunto inadempimento del locatore all’obbligo di consegnare ulteriori 92 metri quadrati dell’immobile e quello del conduttore che, nonostante l’obbligazione principale di consegnare la cosa sia stata adempiuta relativamente alla superficie di 500 metri quadrati, non aveva corrisposto – per intero – alcune mensilità di canone. Diverso sarebbe stato se il conduttore avesse versato un canone ridotto in percentuale pari alla porzione d’immobile non consegnata, vertendosi in ipotesi di una consistenza che – seppure ridotta – aveva assolto la funzione per la quale era stata locata.
Tale forma di autotutela riconosciuta al debitore della prestazione di un contratto, come quello in esame, a prestazioni corrispettive, non può quindi trovare applicazione al caso di specie, ai sensi dell’art. 1460 cc.
L’inadempimento del conduttore alla sua obbligazione principale, protrattosi per alcuni mesi, aveva importato correttamente la risoluzione del contratto, in presenza della dichiarazione del locatore di volersi valere della clausola risolutiva espressa.
Il principio ricavabile dalla sentenza in commento si riferisce alla differenza sostanziale tra l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c, e quella di cui all’art.1578 c.c.; nella seconda ipotesi, prevedendosi che se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.
Il locatore in questo secondo caso, è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna. In tal caso, l’azione di riduzione del corrispettivo della locazione, di cui all’art. 1578 c.c., ha natura di azione costitutiva, in quanto tende a determinare una modificazione del regolamento contrattuale.
In buona sostanza non può essere confusa l’eccezione di cui all’art. 1578 c.c, con l’eccezione di inesatto adempimento di cui all’art. 1460 c.c., la quale tende solo a paralizzare la pretesa di adempimento della controparte, alla prestazione ad essa riservata.
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