Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Dal difetto delle comunicazioni come previste dal codice delle Assicurazioni, che obbligano la Compagnia ad avvisare l’assicurato con congruo preavviso della imminente scadenza del premio, dal cui mancato pagamento è conseguita la impossibilità per l’assicurato di vedersi risarcito il danno derivante dall’evento furto del bene, deriva la responsabilità solidale contrattuale ed extra contrattuale della stessa Compagnia.
Costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, quello che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio a proprio carico.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Giudice Ivana Antonica, n. 5071 del 08.03.2018.
IL CASO
La società intermediaria esercente attività di locazione finanziaria, aveva agito in sede monitoria sia nei confronti della conduttrice obbligata principale sia nei confronti del garante, al fine di sentirli condannare al pagamento in solido ed in proprio favore, degli importi a credito come derivanti per canoni scaduti e risarcimento del danno, conseguente al furto di una vettura già oggetto del contratto di leasing intercorso tra le parti.
Il Tribunale Ordinario di Roma aveva indi emesso il decreto ingiuntivo per l’importo richiesto dal lessor, oltre interessi come da domanda e spese di procedura.
Avverso il suddetto decreto proponevano opposizione i resistenti, i quali chiedevano preliminarmente la chiamata in giudizio sia della Compagnia Assicuratrice, sia della agenzia della stessa, invocando in via principale la revoca del decreto e, in via subordinata, l’accertamento e la declaratoria della esatta entità delle somme eventualmente dovute da essi opponenti e/o dai chiamati in giudizio; con l’accertamento e la declaratoria, incidenter tantum, della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dei terzi chiamati in causa per “mala gestio” ed inadempimento in relazione al contratto di polizza assicurativa, per avere omesso la comunicazione della scadenza del premio assicurativo ad essi opponenti; per l’effetto condannandoli a manlevare gli stessi da ogni pretesa avanzata dalla società di leasing nei propri confronti. Con la vittoria delle spese di lite.
Si è costituita in giudizio la concedente i beni parte opposta, che ha chiesto in via preliminare la concessione della provvisoria esecuzione del decreto, non essendo l’opposizione fondata su prova scritta né di pronta soluzione ed in via principale il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo.
Autorizzata la chiamata in giudizio, si costituivano i terzi chiamati ed il magistrato designato alla trattazione, in limine litis, concedeva la provvisoria esecuzione del decreto.
Venivano sentiti in sede di interrogatorio libero il legale rappresentante della agenzia assicurativa oltre che il procuratore speciale della stessa.
Respinte le istanze istruttorie avanzate dagli attori opponenti, giacchè ritenute irrilevanti ai fini del decidere e vertenti su circostanze provate e/o da provarsi documentalmente, la causa veniva indi rinviata per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale, ex art. 281 sexies c.p.c.
IL COMMENTO
Il Tribunale di Roma, con la sentenza oggi in commento, ha respinto in primis la contestazione afferente la quantificazione dei canoni di locazione scaduti e non pagati, con la motivazione che l’estratto conto allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, unitamente alla copia del contratto di locazione finanziaria, documentavano e ricostruivano il credito vantato dal lessor nei confronti dei coobbligati, i quali, di contra, non avevano fornito alcuna prova atta a contestare le pretese creditorie, né il proprio adempimento. E’ stato indi richiamato in sentenza, il noto dictum dei giudici della legge a sezioni Unite, (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011) giusta il quale “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’ inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento…”
Nella fattispecie oggi all’esame, la novità è però data dalla corretta motivazione assunta dallo stesso magistrato, per quanto atteneva l’importo relativo al risarcimento del furto dell’autovettura oggetto del contratto di locazione finanziaria; si è osservato infatti che l’art.170 bis del Codice delle Assicurazioni, prevede espressamente che “1. Il contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ha durata annuale o, su richiesta dell’assicurato, di anno più frazione, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato, in deroga all’articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile. L’impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni e a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all’effetto della nuova polizza …1-bis. La risoluzione di cui al comma 1 si applica anche alle assicurazioni dei rischi accessori al rischio principale della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, qualora lo stesso contratto, ovvero un altro contratto stipulato contestualmente, garantisca simultaneamente sia il rischio principale sia i rischi accessori”.
Tanto si è evinto anche dalla lettura della norma specifica contenuta nelle condizioni generali della polizza assicurativa, in cui era previsto l’obbligo della Compagnia di comunicare all’Ente vincolatario, qualsiasi ritardo nel pagamento del premio di assicurazione scaduto, Nel caso di specie, alcuna comunicazione era stata inviata né ai coobbligati, né alla società di leasing proprietaria del bene concesso in locazione, da parte dell’Agenzia assicurativa e/o da parte della Compagnia Assicuratrice stessa, con la conseguenza che in virtù del mancato pagamento del premio e della mancata copertura assicurativa, gli opponenti non avevano potuto ottenere il risarcimento spettante in caso di furto; al contrario, agli stessi era stato richiesto da parte della società di leasing, il pagamento dell’indennizzo derivante dal furto, così come previsto dal dettato contrattuale di riferimento. La circostanza che vi fosse stata, ha osservato il giudice di Roma, la dismissione dell’Agenzia assicuratrice e la liberalizzazione del portafoglio, non incideva sulla responsabilità solidale contrattuale ed extra contrattuale delle due società chiamate in giudizio. Il Tribunale di Roma ha infatti sul punto richiamato ed ancora una volta, i principi derivanti dalle pronunce di legittimità, giusta le quali costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, quello che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio (Cassazione 3462/2007).
A parere di chi scrive e per completezza espositiva, va quindi ben evidenziato che con la pronuncia appena citata, la Suprema Corte fece riferimento ad un contratto di trasporto marittimo di persone, ove rilevò la violazione dell’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza dal comportamento del vettore professionale il quale, nell’impossibilità di affrontare il viaggio di ritorno per le avverse condizioni metereologiche, aveva mancato di accordarsi con altro vettore “pur di non pagare qualche soldo in più rispetto al costo del biglietto pagato dai passeggeri”, non consentendo conseguentemente ai medesimi di rientrare in serata sul continente e di evitare il pernottamento di fortuna nel luogo di destinazione, privo di alberghi.
Sempre la Suprema Corte ( cfr Cassazione civile, sez. III, 05/03/2009, n. 5348) ritenne non fosse stata interpretata secondo il predetto canone della buona fede oggettiva, la clausola di un contratto di mediazione, con cui si era stabilito che non era dovuto alcun compenso al mediatore «ad incarico scaduto in caso di mancata vendita», malgrado il preliminare fosse stato stipulato per l’effettivo ed idoneo intervento del mediatore e il contratto definitivo di vendita non fosse stato concluso per esigenze riconducibili esclusivamente alle parti.
Ancora la Suprema Corte, ( cfr.Cass. civile, sez. III, 09/06/2016, n. 11815) dichiarando in altra fattispecie, corretta l’attribuzione della responsabilità sia in capo al conduttore che in capo al proprietario, allorché nessuno dei due era stato in grado di dimostrare che la causa autonoma ed esclusiva del danno subito dal terzo, fosse da ravvisare nella violazione, da parte dell’altro, dello specifico dovere di vigilanza o custodia su di esso gravante.
La buona fede nell’esecuzione del contratto, giova ancora ribadirlo in questa sede, si sostanzia indi in un generale obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere“, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte, nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico. ( cfr ed ancora Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10182 del 04/05/2009).
Nella fattispecie, la Suprema Corte in accoglimento di un ricorso per revocazione, rigettò il ricorso proposto avverso la sentenza di appello resa in un giudizio di opposizione all’esecuzione, ritenendo legittimo il comportamento di un condominio che, dopo aver richiesto con precetto una somma accertata come giudizialmente dovuta da un condomino, si era rifiutato di ricevere un adempimento parziale e aveva successivamente proceduto, trascorso un congruo lasso di tempo, all’esecuzione individuale, solo dopo aver reiteratamente e inutilmente sollecitato il debitore alla corresponsione anche dell’importo residuo, dovuto per gli accessori, di cui avesse fornito puntuale conteggio.
Possiamo quindi concludere che l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza, costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale – la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica, proprio per il suo rapporto sinergico con il dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., che a quella clausola generale attribuisce forza normativa e ricchezza di contenuti, applicabile, sia in ambito contrattuale, sia in quello extracontrattuale. In questa prospettiva, si è giunti ad affermare che il criterio della buona fede costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi (cfr. Cass. S.U. 15.11.2007 n. 23 726 ed i richiami ivi contenuti). Calato, poi, nell’ambito contrattuale, è principio ormai consolidato quello per cui la buona fede oggettiva, cioè la reciproca lealtà di condotta, debba presiedere all’esecuzione del contratto, così come alla sua formazione ed alla sua interpretazione ed, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase. La buona fede, pertanto, si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte (Cass. 11.1.2006 n. 264; Cass. 7.6.2006 n. 13345). Lo stesso canone della buona fede in senso oggettivo, non impone ai soggetti un comportamento a contenuto prestabilito, ma rileva soltanto come limite esterno all’esercizio di una pretesa, essendo finalizzato al contemperamento degli opposti interessi, componendoli nell’ambito delle rispettive pretese. Diversamente, si assisterebbe ad un contemporaneo abuso, in primis del diritto e, quindi, del processo, intesi come ricorso a forme o strumenti giuridici che, seppure legali, consentono di raggiungere lo scopo eludendo, però, i doveri di correttezza e buona fede. Sotto questo profilo, pertanto, le parti non debbono nell’ambito del rapporto in essere fra le stesse – tenere comportamenti ostruzionistici, volti ad impedire, od a non consentire, la liberazione del debitore, quando questi ha tenuto un comportamento, sia pure non integralmente adempiente, ma, comunque, ha orientato il suo completamento nella direzione desiderata. Soprattutto, – vale la pena di ribadirlo – le parti non debbono tenere un tale comportamento, nella prospettiva di fare ricorso al processo per raggiungere una completa soddisfazione del proprio diritto; e ciò quando, con la loro collaborazione possono ottenere il soddisfacimento della pretesa vantata, attraverso lo spontaneo completamento della esecuzione della prestazione dovuta, da parte del debitore.
Diversamente, anche la semplice minaccia dell’azione esecutiva darebbe luogo ad una attività di esercizio del diritto abusiva, cui va negata legittimità e, quindi, tutela.
Il caso deciso dal Tribunale di Roma con la sentenza oggi in commento, è stato quindi sostanzialmente valutato alla luce dei detti principi. Il giudice ha confermato in toto il decreto ingiuntivo, ma sia la Compagnia di assicurazioni sia la agenzia della stessa, sono state dichiarate tenute a manlevare gli opponenti dal pagamento dell’importo di cui al decreto ingiuntivo confermato relativo al risarcimento “furto”, oltre agli interessi moratori dalla data dell’evento alla data di pubblicazione della sentenza ed agli interessi legali dalla data di emissione della sentenza, sino al soddisfo.
Le spese di lite hanno seguito la soccombenza.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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