Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LE MASSIME
Qualora il corrispettivo contrattuale sia solo apparentemente periodico, come nel caso dei contratti di locazione finanziaria nel senso che esso consista in una prestazione unitaria che la parte è tenuta ad eseguire per intero, pur se l’esecuzione possa essere frazionata nel tempo, il termine di prescrizione è quello decennale, applicabile in genere alle azioni contrattuali ed in particolare alle azioni di adempimento o di responsabilità.
Per individuare il termine di prescrizione applicabile, occorre avere riguardo alla prestazione concretamente dedotta in giudizio, non alla natura, tipica o atipica, del contratto da cui la prestazione deriva.
Sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale invece i corrispettivi degli affitti o delle locazioni (art. 2948 c.c., n. 3), così come gli interessi e tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi (art. 2948 c.c., n. 4), sempre che si tratti di prestazioni che maturano con il decorso del tempo e che pertanto divengono esigibili solo alle scadenze convenute, venendo a rappresentare i corrispettivi della prestazione resa, per i periodi a cui i singoli pagamenti si riferiscono.
Questi i principi espressi dalla sentenza del Tribunale di Roma, Giudice Antonella Di Tullio n. 20875 resa in data 6 novembre 2017.
IL CASO
Con il caso in commento, i coobbligati si opponevano ad un decreto ingiuntivo ad essi notificato, in qualità di fideiussori, per il pagamento dei canoni di locazione relativi a contratti di leasing, risolti per morosità, oltre che della penale contrattuale per l’anticipata risoluzione degli stessi.
Una delle parti opponenti deduceva di non avere mai sottoscritto la fideiussione, mentre l’altra eccepiva la prescrizione del diritto di credito e, comparsa personalmente all’udienza, deduceva che l’atto di fideiussione depositato dall’opposta in sede di ricorso monitorio era falso in quanto “frutto dell’assemblaggio di pagine di atti diversi”.
Si costituiva la convenuta la quale instava per il rigetto dell’opposizione in quanto infondata, chiedendo altresì la verificazione della sottoscrizione, depositando i documenti originali.
All’esito della predetta produzione documentale, il magistrato disponeva indi l’espletamento di una ctu grafica e fissava per la discussione ex art. 281 sexies cpc altra udienza, dove la causa veniva riservata in decisione.
Il Tribunale di Roma in merito all’opposizione dell’altra parte attrice, la quale aveva dichiarato in udienza che “..l’atto di fideiussione era falso”, ha rilevato che, dedotta in giudizio la falsità materiale di un documento del quale non si sia disconosciuta la sottoscrizione, al fine di fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione deve essere proposta la querela di falso (Cass.6534/13; 5383/99), ma che detta querela, non era stata formulata.
Gli opponenti, inoltre, eccepivano la prescrizione del credito reclamato dalla opposta società di leasing, ma anche detta eccezione è stata respinta dal medesimo Giudice, sulla base del rilievo per cui la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, nn. 3 e 4, cod. civ., concernente, tra le altre ipotesi, il corrispettivo delle locazioni, riguarda prestazioni che maturano con il decorso del tempo e che, pertanto, divengono esigibili solo alle scadenze convenute e che detta prescrizione si giustifica sia in ragione della continuità del rapporto, sia perché l’eventuale prescrizione di una singola prestazione non pregiudica il diritto all’adempimento delle rimanenti, per le quali la prescrizione non sia compiuta; da ciò consegue che là dove il corrispettivo contrattuale sia solo apparentemente periodico, nel senso che esso consiste in una prestazione unitaria, pur eseguibile frazionatamente nel tempo, come nel caso di leasing, il termine di prescrizione è quello decennale.
Infine, in merito alla eccezione di disconoscimento sollevata dall’altro fideiussore, il Magistrato ha osservato che il ctu aveva confrontato le sottoscrizioni apposte in calce al contratto di fideiussione, con quelle apposte in calce ai moduli di consenso informato non oggetto di disconoscimento e dunque ammesse come scritture di comparazione, accertandone l’autografia, mentre aveva constatato la mancanza di tale identità tra le medesime e quelle tratte dal saggio grafico e dalla procura alle liti.
Orbene, le conclusioni della consulenza grafica sono state condivise dall’organo giudicante, per ragionevolezza e coerenza, tenuto conto degli oggettivi elementi di prova che emergevano dal confronto delle sottoscrizioni in verifica e quelle apposte in calce al modulo del consenso informato, non espressamente disconosciute, tenuto conto che nel procedimento di falso, l’idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione, richiede non già il dato negativo della mancanza di un formale disconoscimento nei tempi e nei modi di cui agli artt. 214 e 215 cpc bensì quello positivo del riconoscimento, espresso o tacito (per non essere, cioè, mai stata contestata l’autenticità della scrittura), atteso che, dovendo fungere da fonte di prova della verità di altro documento, è indispensabile che sia certa la provenienza della scrittura da colui al quale quel documento viene attribuito.
Il fatto, invece, che le firme in verifica non dovevano ritenersi riconducibili alla opponente, se confrontate con le firme tratte dal saggio grafico e dalla procura alle liti, non era sufficiente all’accoglimento dell’opposizione, potendo ragionevolmente ritenersi la dissimulazione ad opera di essa attrice della propria grafia sia nella procura rilasciata a margine dell’atto di opposizione con il quale disconosceva la sottoscrizione in calce alla fideiussione, sia nel saggio grafico; e ciò allo scopo di alterare il proprio grafismo in modo da sviare il ctu e portarlo a conclusioni erronee. A ciò aggiungendosi la circostanza che essa stessa attrice prima della notifica del decreto ingiuntivo, mai aveva contestato di avere sottoscritto la fideiussione, nonostante la concedente le avesse intimasse il pagamento, in qualità di fideiussore.
Per tali ragioni l’opposizione è stata rigettata e gli opponenti condannati a pagare le spese di lite.
IL COMMENTO
Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma ha richiamato, quanto alla eccezione di prescrizione del credito del lessor come sollevata dagli opponenti, la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 2086/08, ove ai giudici della legge era stata portata all’esame di legittimità, la violazione nel caso concreto dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 1323 c.c., e art. 2948 c.c., n. 3; ciò per avere la Corte distrettuale in parte qua, ritenuto applicabile al contratto di leasing la prescrizione decennale, anzichè quella quinquennale, tipica delle locazioni, senza avere previamente accertato se, nella specie, gli elementi tipici dei contratti di vendita o dei contratti di finanziamento fossero effettivamente prevalenti su quelli che caratterizzano la locazione e i contratti di concessione del mero godimento del bene.
Orbene la Suprema Corte ritenne del tutto infondato il motivo, condividendo la tesi della corte di appello secondo cui, anche ammesso che, nel caso di specie, si trattasse di un leasing di mero godimento, il contratto presentava caratteristiche tali per cui le rate del leasing – di cui era stato chiesto il pagamento con il decreto ingiuntivo opposto – erano da considerare soggette alla prescrizione decennale, considerata ( diremmo oggi ratione temporis visto l’intervento della legge 124/17 che finalmente tipizza la locazione finanziaria), la natura atipica del contratto di leasing e la sua funzione di finanziamento.
Con l’occasione sempre i giudici della legge integrarono e precisarono la motivazione dei giudici di appello.
In primo luogo evidenziando che per individuare il termine di prescrizione applicabile, occorre avere riguardo alla prestazione concretamente dedotta in giudizio, non alla natura, tipica o atipica, del contratto da cui la prestazione deriva, come aveva invece ritenuto la corte distrettuale, se non nei limiti in cui tale natura si riverberi sulla prestazione controversa (anche e cioè al contratto tipico di locazione, precisando che si applica il termine di prescrizione decennale, qualora la domanda proposta in giudizio abbia per oggetto ad esempio la risoluzione per inadempimento, anzichè il pagamento dei canoni).
In secondo luogo, precisando ancora la Suprema Corte, che sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale i corrispettivi degli affitti o delle locazioni (art. 2948 c.c., n. 3), così come gli interessi e tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi (art. 2948 c.c., n. 4), sempre che si tratti di prestazioni che maturano con il decorso del tempo e che pertanto divengono esigibili solo alle scadenze convenute, venendo a rappresentare i corrispettivi della prestazione resa, per i periodi a cui i singoli pagamenti si riferiscono.
In questi casi, giustificandosi l’applicazione della prescrizione abbreviata di cui alle citate norme, sia perchè la continuità del rapporto richiede e consente che si accerti in tempi relativamente brevi l’avvenuta esecuzione delle singole prestazioni, sia perchè l’eventuale prescrizione di una singola prestazione, non pregiudica il diritto all’adempimento delle rimanenti, per le quali la prescrizione non sia compiuta.
Qualora, per contro, il corrispettivo contrattuale sia solo apparentemente periodico, nel senso che esso consista in una prestazione unitaria, che la parte è tenuta ad eseguire per intero, pur se l’esecuzione possa essere frazionata nel tempo (si pensi al prezzo della compravendita, eventualmente pagabile a rate; alla restituzione in più soluzioni della somma mutuata, ecc.), il termine di prescrizione è quello decennale, applicabile in genere alle azioni contrattuali ed in particolare alle azioni di adempimento o di responsabilità.
Ciò premesso, i giudici della legge rilevarono agevolmente che nel contratto di leasing la prestazione del concedente ha sempre e comunque per oggetto un finanziamento, di cui è prevista la restituzione per intero, con l’aggiunta degli interessi e degli utili di impresa.
Si tratti di leasing traslativo o di leasing di godimento, l’operazione contrattuale concordata presupponeva e richiedeva che comunque l’utilizzatore fosse tenuto a restituire, entro il termine stabilito, l’intera somma concordata con il concedente – cioè l’importo del finanziamento, le spese di contrattazione, gli interessi sull’anticipazione, gli utili di impresa, ecc. – pur se l’esecuzione della prestazione fosse stata suddivisa in più soluzioni, dilazionate nel tempo.
I cosiddetti canoni di leasing non sono stati cioè equiparati a prestazioni destinate a maturare con il passare del tempo, in diretta correlazione con il protrarsi del godimento dell’utilizzatore. E’ dilazionata nel tempo solo l’esigibilità delle singole rate, ma la prestazione che l’utilizzatore si impegnava ad eseguire, era concepita e concordata dalle parti come prestazione unitaria.
In questa chiave furono quindi esaminati e risolti con la sentenza 2086/08, i problemi di disciplina, ivi incluso quello della prescrizione del diritto del concedente al pagamento: diritto che, pur con riguardo alle singole rate, era da ritenere soggetto alla prescrizione decennale.
Il ricorso fu quindi rigettato.
Gioverà infine il richiamo, proprio sulle considerazioni espresse dalla Suprema Corte con la sentenza 2086/08, ad altro precedente sul tema ad opera dei giudici della legge con la sentenza 30/08/2002 n.12707, afferente il contratto di mutuo.
Anche in questo caso affermando la Suprema Corte che all’obbligo di restituire la somma ricevuta a titolo di mutuo, che costituisce un debito unico ancorchè frazionato nel tempo, attesa la previsione della rateizzazione in più versamenti periodici, non si applica la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., relativa ai debiti che debbono soddisfatti periodicamente ad anno, o in termini più brevi.
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