Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LE MASSIME
A seguito dell’introduzione dell’art. 72 quater L.F. per effetto del d. lgs. n. 5/2006, come modificato dal d. lgs. n. 169/2007, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, non può essere più seguita.
L’introduzione, per effetto del d. lgs. n. 169/2007, di una differente disciplina avente ad oggetto la vendita con patto di riservato dominio in ipotesi di scioglimento di rapporto pendente comporta la necessità di applicare l’intera disciplina di cui all’art. 72 quater L.F. a tutte le ipotesi di leasing, anche a quelle eventualmente già risolte prima del fallimento.
A conforto della tesi, anche il sistema garantista di cui alla legge n. 124/17.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Milano, Giudice Anna Carbone, con la sentenza n. 10848 del 26 ottobre 2018.
IL CASO
Una società di capitali in concordato preventivo adiva in giudizio una società di leasing, invocando la declaratoria e l’accertamento del proprio diritto alla restituzione di tutti i canoni corrisposti al lessor in costanza di rapporto, fino al momento della risoluzione contrattuale, oltre interessi maturati dai singoli pagamenti al saldo, decurtati del solo “equo compenso” fino alla data di restituzione del bene, per come sarebbe risultato quantificato in giudizio, a seguito di apposita C.T.U.; per l’effetto, invocando la condanna del medesimo lessor al pagamento del tantundem, per importo da determinarsi, in ogni caso, quantificando il canone mensile di riferimento, decurtato dagli interessi convenzionali applicati, attesa l’eccezione di nullità delle relative clausole; parte attrice dava atto sia della intervenuta risoluzione di diritto del contratto, sia della avvenuta riconsegna del bene immobile, tale da legittimarla alla richiesta di restituzione dei canoni di locazione finanziaria, in applicazione della norma di cui all’art. 1526 c.c., assumendo la natura traslativa del leasing.
Si costituiva la società di leasing invocando il rigetto delle domande attoree e, in via subordinata, reclamando, ove riconosciuta una diversa qualificazione giuridica al rapporto contrattuale portato all’esame, il pagamento dell’equo compenso ex art. 1526 c.c., nella misura pari all’importo periodico convenuto contrattualmente per l’utilizzo del bene fino alla data della risoluzione contrattuale, oltre agli ulteriori importi per l’uso del medesimo cespite sine titulo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1591 cc., quantificati sempre con riferimento al corrispettivo mensile contrattualmente convenuto; infine, chiedeva, il risarcimento dei danni derivanti dal mancato rispetto delle obbligazioni a carico del lessee, da liquidarsi in via equitativa, avuto riguardo all’indennizzo previsto in contratto.
Essendo stata ammessa nel frattempo parte attrice al concordato preventivo, la concedente aveva avanzato domanda di rivendica ex art. 160 l.f.
COMMENTO
Orbene il Tribunale di Milano, con la sentenza in commento, ha, in primis, evidenziato che dalla documentazione prodotta, emergeva che l’immobile non risultava mai essere stato riconsegnato dall’utilizzatore, alla concedente. In atti non vi era infatti alcun verbale di riconsegna del cespite.
A conferma della mancata riconsegna del cespite, vi era inoltre la domanda di rivendica avanzata dalla parte convenuta, che ovviamente mai sarebbe stata formulata se il lessee fosse rientrato nel possesso del cespite, anteriormente all’avvio della procedura di concordato.
Parte convenuta nel costituirsi in giudizio, aveva inoltre contestato l’applicabilità in via analogica al contratto di leasing, della disciplina prevista per la vendita con riserva di proprietà ai sensi dell’art. 1526 c.c., atteso che il caso in esame rientrava nella disciplina dell’art. 72 quater l.f., mentre parte attrice aveva ritenuto che la giurisprudenza di legittimità, considerava ancora attuale la distinzione fra leasing traslativo e leasing di godimento e, nonostante la vigenza della disciplina dell’art. 72 quater l.f., continuava ad applicare al contratto di leasing traslativo, l’art. 1526 c.c., che pertanto, secondo la propria tesi difensiva, doveva essere applicato al caso in esame. Sul punto il giudice di Milano ha quindi chiarito in primis che la risoluzione di diritto del contratto, era avvenuta in epoca anteriore alla data di apertura del concordato preventivo della società attrice e che essa ultima era stata ammessa a tale procedura nell’anno 201; consequentialiter, richiamato l’art. 22 del Dlgs 169/2007, ai sensi del quale “Le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonche’ alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore”, esso giudice ha ritenuto applicabile al caso in esame, la disciplina prevista dall’art. 72 quater l.f. il quale al II comma prevede che: “ In caso di scioglimento del contratto – anteriore alla apertura della procedura concorsuale, altrimenti si applicherebbe l’art. 72 l.f. che attribuisce al curatore la facoltà di scegliere se proseguire il contratto, ancora efficace fra le parti, o sciogliersi dallo stesso- il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a).”.
Il giudicante ha quindi ritenuto che sebbene attualmente ancora sostenuta sia in dottrina che in giurisprudenza, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, non potesse detta tesi essere più seguita, a seguito dell’introduzione e proprio dell’art. 72 quater L.F. per effetto del d. lgs. n. 5/2006, come modificato dal d. lgs. n. 169/2007. E’ stata opinione del giudicante, che tale opzione ermeneutica, certamente valida ed utilizzabile in assenza di una qualsivoglia disciplina specifica in materia di “caducazione” del contratto di leasing a seguito dell’intervenuto fallimento di una delle parti, potesse indi essere rivista e ripensata, proprio a seguito della introduzione dell’art. 72 quater L.F., per effetto del d. lgs. n. 5/2006 (norma secondo la quale, in caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggior somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale), non essendo più rinvenibile, alla attualità, l’esigenza di ripristinare il sinallagma contrattuale ed evitare l’ingiustificato arricchimento della società di leasing, una volta riformulate le clausole contrattuali relative alla determinazione della penale di risoluzione, nelle quali si prevede espressamente l’imputazione a favore dell’utilizzatore inadempiente, di quanto eventualmente ricavato dalla successiva riallocazione del bene.
Ancora il Tribunale di Milano osservando che la pur confermata esistenza di diversi modelli di leasing finanziario, soggetti a differenti regimi legali, non conduce necessariamente sul piano pratico, a conseguenze a tal punto divergenti, da giustificare la preoccupazione che nei casi in cui si ritenga applicabile l’art. 1458 c.c., il concedente realizzi sempre un indebito arricchimento in danno dell’utilizzatore. Ciò in quanto l’indirizzo che individuava nell’art. 1526 c.c. una norma di carattere inderogabile analogicamente applicabile anche al leasing traslativo, era pienamente giustificabile in un momento in cui nei contratti di leasing oggetto di accertamento giudiziale, erano previste clausole, in ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, che consentivano al concedente di ottenere la restituzione del bene (che, per definizione, in caso di leasing traslativo poteva aver conservato un ingente valore di scambio), l’intero ammontare dei canoni pattuiti scaduti nonché, a titolo di risarcimento del danno (anche quale “lucro cessante“), i canoni a scadere, il prezzo di riscatto e le spese, con un’evidente vantaggio per la società di leasing e conseguente “disequilibrio” tra le contrapposte prestazioni contrattuali incombenti sulle parti. Trattandosi e quindi all’epoca di figura contrattuale “atipica“, non ancora definita né in alcun modo disciplinata dal legislatore, la giurisprudenza, nell’ipotesi, per l’appunto, di solo leasing traslativo, aveva così ritenuto di applicare in via analogica l’art. 1526 c.c., in quanto unica norma che presentava nel panorama legislativo allora vigente, significative analogie con il contratto di leasing, sebbene anche le differenze non fossero, in realtà, così poco significative atteso che, mentre in tale ultima figura il passaggio della proprietà era solo eventuale, dipendendo da un’ulteriore manifestazione di volontà dell’utilizzatore e dal versamento di un corrispettivo ben determinato, nel contratto di vendita con riserva della proprietà ,il trasferimento del bene in favore dell’acquirente, avveniva automaticamente, per effetto del semplice pagamento dell’ultima rata del prezzo pattuito.
Il contratto di locazione finanziaria, ha correttamente motivato il giudice in sentenza, può invece oggi ritenersi tipizzato, atteso che il legislatore con la disciplina introdotta dalla legge 4 agosto 2017, n. 124 (commi da 136 a 140), ha offerto la definizione legale di tale contratto e regolato le conseguenze dell’inadempimento, con particolare riferimento alla vendita o ricollocazione del bene. L’art. 1 comma 138 ha disciplinato gli effetti della risoluzione del contratto e testualmente prevede: “In caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento dell’utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell’utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene è inferiore all’ammontare dell’importo dovuto dall’utilizzatore a norma del periodo precedente”. Tale disposizione normativa, spiega il Magistrato di Milano, ricalca quanto qualche anno prima il legislatore aveva previsto in caso di sottoposizione di uno dei due contraenti, ad una procedura concorsuale. Alla luce di tali novità normative, la giudicante ha quindi ritenuto che l’introduzione in sede fallimentare di una disciplina speciale delle sorti di tale contratto, nell’ipotesi di fallimento dell’una o dell’altra parte, unitamente all’introduzione per effetto del d. lgs. n. 169/2007, di una differente disciplina speciale avente specificamente ad oggetto la vendita con patto di riservato dominio in ipotesi di scioglimento di rapporto pendente , comporti imprescindibilmente la necessità di rivedere la posizione tradizionale, nell’ottica di applicare, sempre in via analogica ovviamente, non già l’art. 1526 c.c. bensì l’intera disciplina di cui all’art. 72 quater L.F. a tutte le ipotesi di leasing, anche a quelle eventualmente già risolte prima del fallimento per inadempimento dell’utilizzatore o prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo, come non era in alcun modo contestato essere avvenuto, nel caso di specie. Con l’introduzione dell’art. 72 quater L.F., motiva ancora il Tribunale, il legislatore dettando una regolamentazione degli effetti dello scioglimento del contratto, sostanzialmente unitaria, non distinguendo affatto tra leasing traslativo e leasing di godimento, bensì riconducendo ad unità le due figure e dando prevalenza alla loro causa di “finanziamento” rispetto alla causa di “scambio“; in tal modo dimostrando di voler definitivamente superare l’indirizzo giurisprudenziale tradizionale, fondato sulla atavica distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo.
Per siffatta ragione, dovendosi ritenere del tutto inconciliabile con tale fattispecie negoziale un meccanismo analogo a quello contenuto nell’art. 1526 c.c., dettato per la risoluzione della vendita con riserva della proprietà ed applicato in passato, solo in quanto mancava del tutto per il leasing finanziario, una normativa analoga a quella oggi prevista dall’art. 72 quater L.F. Detta norma speciale, potendo indi essere applicata in via generale in sede fallimentare, a seguito dello scioglimento del rapporto intervenuto prima della dichiarazione di fallimento o prima dell’ammissione al concordato preventivo.
Stando così le cose, il Tribunale di Milano ha concluso per il rigetto di tutte le domande di parte attrice, con conseguente condanna al pagamento delle spese e dei compensi della lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LEASING: LA LEGGE N. 124/17 TROVA APPLICAZIONE ANCHE DOPO LA FORMAZIONE DEL THEMA DECIDENDUM ED A PROCESSO GIÀ INIZIATO.
VIENE MENO IL DOGMA DELLA NATURA ATIPICA DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE FINANZIARIA
Sentenza | Tribunale Di Roma, Dott. Simone Antonio Castelnuovo | 13.01.2018 | n.847
LEASING IMMOBILIARE: AZIONE PER LA RICONSEGNA DEL BENE
AMMESSA EX L. 124/17 LA POSSIBILITÀ CHE LA CONCEDENTE POSSA TRATTENERE I CANONI PERCEPITI E PRETENDERE IL PAGAMENTO DEL CAPITALE RESIDUO AL NETTO DEL VALORE DEL BENE
Sentenza | Tribunale di Brescia, Giudice Gianluigi Canali | 15.10.2018 | n.2733
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/leasing-immobiliare-azione-per-la-riconsegna-del-bene
LEASING: LA L. 124/2017 È APPLICABILE ANCHE AI CONTRATTI RISOLTI PRIMA DELLA SUA ENTRATA IN VIGORE.
È NECESSARIO CHE GLI EFFETTI DELLA RISOLUZIONE NON SI SIANO ANCORA REALIZZATI
Sentenza | Tribunale di Bergamo, Giudice Cesare Massetti | 12.12.2017 | n.3169
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