Segnalato dall’ Avv. Simonetta Sabato del foro di Catania
In tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all’art. 6 della legge n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. “contratto quadro”, il quale, per taluni aspetti può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art. 1418 primo comma, c.c.., la nullità del cosiddetto “contratto quadro” o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.
Né, infine, pare potersi rinvenire, nello specifico settore dell’intermediazione finanziaria, alcuna diversa intenzione del legislatore di trattare le regole di comportamento dell’intermediario alla stregua di regole di validità degli atti, atteso che quando ha voluto ipotizzare fattispecie di nullità, il legislatore del T.U.F. lo ha espressamente fatto, in nessun caso, però, facendo procedere la sanzione di nullità dalla violazione delle regole di comportamento gravanti sull’intermediario in tema di informazione del cliente e di divieto di operazioni in conflitto d’interessi o inadeguate al profilo patrimoniale del cliente medesimo, situazioni che ha invece tenuto in considerazione per i loro eventuali risvolti risarcitori, laddove ha espressamente posto a carico dell’intermediario l’onere della prova di aver agito con la necessaria diligenza (cfr. art. 23, sesto comma, T.U.F.).
Questi i principi espressi dal Tribunale di Ragusa, Dott.ssa Antonietta Donzella, con la sentenza n. 2 del 02.01.2017.
Nella fattispecie in disamina, un cliente-investitore conveniva in giudizio una Banca al fine di ottenere la declaratoria di nullità, o comunque l’annullamento o la risoluzione, del contratto di acquisto di obbligazioni Lehman Brothers, nonché la condanna dell’intermediaria alla restituzione del capitale investito, oltre interessi maturandi alla scadenza del contratto, e delle addebitate spese di gestione, nonché al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, in misura pari al capitale investito e al mancato guadagno conseguito, oltre interessi.
In particolare, l’investitore denunciava la violazione da parte della Banca degli obblighi informativi prescritti dagli artt. 21 e 28 T.U.F., 26, 28, 29 Reg. Consob n. 11522/1998, 1175, 1176 e 1374 c.c., per avere la stessa mendacemente equiparato, in termini di sicurezza, il proposto acquisto di obbligazioni Lehman Brothers ad un investimento in pronti contro termini e per avere suggerito un operazione complessivamente inadeguata al profilo di rischio del cliente, nonchè per aver mancato di avvisare tempestivamente lo stesso della variazione della rischiosità dell’investimento.
Si costituiva in giudizio la Banca eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva avendo unicamente agito quale intermediaria e non quale venditrice dei titoli in c.d. contropartita diretta, invocando quindi il rigetto delle domande attoree, attesane l’infondatezza e ritenuto il corretto e diligente il suo operato nell’assolvimento dei prescritti obblighi informativi.
Raccolte le prove orali e acquisita C.T.U. volta ad acclarare l’adeguatezza dell’investimento, la causa veniva posta in decisione.
In merito alla richiesta declaratoria di nullità, il Tribunale, rilevata preliminarmente la legittimazione della convenuta – avendo l’attore chiesto l’invalidazione del c.d. contratto quadro di intermediazione e non del mero ordine di acquisto – ha osservato che detta domanda non poteva trovare accoglimento in quanto solo la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità, mentre la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti può essere esclusivamente fonte di responsabilità dell’intermediario.
In particolare il Giudice ha rilevato che in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, nel caso in cui dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del cd. “contratto quadro”, potendosi, invece, configurare responsabilità contrattuale con conseguente risoluzione del contratto, esclusivamente ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”, ma che era in ogni caso da escludersi che la violazione dei menzionati doveri di comportamento potesse determinare, a norma dell’art. 1418 primo comma, c.c., la nullità del contratto oggetto di causa, mancando una esplicita previsione normativa in tal senso.
Nel caso di specie dunque, la invocata nullità non poteva configurarsi nè in base all’ interpretazione letterale dell’art 1418 c.c., né sulla scorta delle invocate disposizioni del T.U.F. in quanto le stesse non prevedono espressamente la nullità come conseguenza del mancato rispetto di dette prescrizioni.
Riguardo la domanda di annullamento del contratto per errore essenziale sulla qualità dell’oggetto della prestazione, fondantesi sull’asserita omessa segnalazione della reale rischiosità dell’investimento, il giudicante ha rilevato che il rischio potenziale di cui l’attore deplorava l’omessa segnalazione era in realtà, benché in termini di remota potenzialità, stato correttamente rappresentato dalla convenuta, come comprovato dal foglio integrativo sottoscritto dal cliente, nonché confermato dal CTU, per cui nessuna falsa rappresentazione della realtà appariva aver viziato il consenso prestato dall’attore all’eseguito investimento.
In merito alla richiesta risoluzione del contratto per inadempimento della intermediaria, il Tribunale siculo osservava che la stessa non poteva trovare fondamento nelle lamentate omissioni informative nella fase antecedente la stipulazione del contratto, ma si sarebbe potuta ravvisare unicamente in caso di violazione del c.d. obbligo informativo continuativo, di cui la Banca si sarebbe resa colpevole ove la stessa non avesse tempestivamente segnalato all’attore la variazione del rischio dell’ investimento al diffondersi delle prime avvisaglie della crisi finanziaria che aveva colpito la Lehman Brothers.
Considerato dunque che, come accertato dal nominato C.T.U., nonostante la negativizzazione dell’ outlook della società emittente nella primavera del 2008, i primi mutamenti di rating non erano stati registrati che a giugno/luglio 2008, rimanendo comunque assai elevati fino al crack del 15 settembre, nessun addebito poteva muoversi alla convenuta, atteso che la stessa aveva tempestivamente dato avviso al cliente, il 16.09.2008, del dissesto finanziario della società e dell’azzeramento del valore nominale dei titoli.
In relazione, infine, alla domanda risarcitoria formulata dall’attore ex artt. 1337 e 2043 c.c. in ragione dell’affermata violazione degli obblighi informativi gravanti sull’intermediaria durante le trattative ed in sede di stipulazione del contratto, per l’asserita equiparazione dell’eseguito investimento con l’investimento di danaro in pronti contro termine, il Tribunale ha rilevato che dalla documentazione in atti emergeva, invero, che la Banca aveva prospettato all’attore, quale alternativa all’investimento realizzato, l’acquisto di obbligazioni a basso rischio rendimento emesse da società provviste di ottime garanzie di solvibilità, proposta coerente ed adeguata al profilo di investitore prudente e non professionale del cliente, per modo che nessun difetto di informazione al riguardo poteva essere ascritto alla convenuta.
In ragione dei suesposti rilievi, il Tribunale di Ragusa ha rigettato integralmente le domande di parte attrice, con condanna al pagamento delle spese di lite e di CTU.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
LEHMAN BROTHERS: NON SUSSISTONO OBBLIGHI DI INFORMAZIONE “CONTINUATIVA” A CARICO DELL’INTERMEDIARIO
INFONDATA LA DOMANDA RISARCITORIA DELL’INVESTITORE
Sentenza | Tribunale di Padova, dott. Silvia Rigon | 31.10.2016 | n.2986
SE IL CLIENTE HA GIÀ INCASSATO CEDOLE, NON PUÒ DOLERSI DELL’ESITO DI UNA SOLA OPERAZIONE SFAVOREVOLE
Sentenza Tribunale di Bari, sez. stralcio di Rutigliano, dott.ssa Marisa Attollino 08-03-2016 n. 1274
LEHMAN BROTHERS: LA VIOLAZIONE DI OBBLIGHI INFORMATIVI NON È CAUSA DI NULLITÀ DEL CONTRATTO
INESISTENTI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE “SUCCESSIVI”, IN RAGIONE DELL’IMPREVEDIBILITÀ DEL DEFAULT
Sentenza | Tribunale di Bari, Dott. Sergio Cassano | 14-10-2015 | n.4350
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