ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di intermediazione finanziaria, il declassamento dei titoli, intervenuto successivamente alla compravendita degli stessi, non determina automaticamente la responsabilità contrattuale della Banca verso l’investitore, dovendo concretamente dimostrare che la banca disponeva di inequivoche informazioni significative del rischio, non trasmesse all’investitore.
Ed invero, l’obbligo di informativa sussistente in capo all’intermediario va riferito alla condotta dello stesso AL MOMENTO DELLA PRESENTAZIONE DEL SERVIZIO DI INVESTIMENTO con riferimento ai criteri di diligenza, correttezza, trasparenza e adeguata informazione e tale disciplina è stata demandata alla Consob ove all’art.28 comma 40 del regolamento è previsto l’obbligo di informazione per iscritto solo in ipotesi di affidamento della gestione del portfoglio titoli.
Dunque, L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE SUCCESSIVA PRESUPPONE UN CONTRATTO DI GESTIONE PATRIMONIALE O DI CONSULENZA.
E’ questo il principio di diritto che emerge dalla sentenza n.898 pronunziata in data 08/11/2013 dal Tribunale di Pordenone, in persona della dott.ssa Martina Gasparini, in materia di responsabilità contrattuale.
Nel caso di specie, la sentenza trae origine dall’azione promossa da due investitori volta ad ottenere la risoluzione, ovvero l’annullamento, dell’ordine di acquisto di obbligazioni Lehman Brothers Holding dagli stessi sottoscritto con una Banca attesa l’inadeguatezza ed inappropriatezza dell’investimento consigliato loro dall’istituto di credito, la mancata informativa e l’omessa segnalazione del conflitto di interessi.
Costituitasi la Banca, contestava integralmente le ragioni della domanda attorea evidenziando l’assoluta imprevedibilità del default Lehman Brothers sulla base dei bilanci e del rating alla stessa attribuito fino al 2008, nonché la piena compatibilità dell’operazione di investimento eseguita dagli attori con il profilo operativo degli stessi e con le loro caratteristiche professionali e personali.
Ebbene, il Tribunale di Pordenone, chiamato a pronunziarsi in ordine alla domanda di annullamento, ha preliminarmente richiamato il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo il quale “in tema di intermediazione finanziaria, le informazioni che devono essere preventivamente fornite dall’intermediario, a norma dell’art.6 della previgente legge n.1/1991, non riguardano direttamente la natura e l’oggetto del contratto, ma gli elementi utili per valutare la convenienza dell’operazione e non sono quindi idonee ad integrare l’ipotesi di mancanza di consenso; deve, pertanto, essere esclusa non solo la nullità del contratto per mancanza di uno dei requisiti fondamentali previsti ex art.1325 cc, ma anche la sua annullabilità per errore, come nel caso in cui l’investitore si dolga di aver acquisito non un titolo diverso, o con caratteristiche diverse da un altro, ma un titolo privo del positivo andamento sperato, così prospettando una valutazione che rimane confinata nel campo dei motivi”.
In particolare, il Giudice ha rigettato le domande attoree atteso che gli investitori non sono riusciti a provare l’esistenza di un conflitto di interessi della Banca e, dunque, la conseguente violazione del divieto di operare da parte dell’istituto di credito.
Il Tribunale ha, altresì, evidenziato come dall’istruttoria svolta è emerso che gli attori fossero stati adeguatamente informati sulle caratteristiche dell’investimento, che appariva adeguato alle loro caratteristiche soggettive, qualificandosi gli stessi come investitori consapevoli ed autonomi nelle scelte, disponendo già di un deposito amministrato titoli.
In conclusione, dunque, il Giudice, rilevato che all’epoca dell’investimento (maggio 2008) non risultava che il fallimento della Lehman Brothers fosse realisticamente prevedibile, posto che, sin dall’apertura della procedura concorsuale, le principali società di rating avevano continuato a classificare la Lehman Brothers come molto affidabile e che, più in generale, gli allarmi relativi alla crisi finanziaria in atto nel sistema americano e inerente molte grandi banche e società americane, non erano tali da far ragionevolmente supporre che la situazione relativa alla Banca Lehman Brothers potesse precipitare, ha integralmente rigettato le domande attoree con condanna alle spese.
In materia di intermediazione finanziaria, si segnala altresì la sentenza n.489/13 pronunziata dal Tribunale di Roma, già oggetto di approfondimento sulla rivista, con la quale si è statuito che la Banca è immune da censure se non è dimostrato che disponeva di inequivoche informazioni sulla variazione significativa del valore di rischio delle obbligazioni.
Testo del provvedimento
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