ISSN 2385-1376
Testo massima
“In tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. “contratto quadro”); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art.1418, primo comma, c.c., la nullità del c.d. “contratto quadro” o dei singoli patti negoziali posti in essere in base ad esso”.
Quando sia palese che l’investitore, pur non essendo un “operatore qualificato”, sia comunque un “soggetto inserito nel mondo economico”, gli obblighi imposti all’intermediario finanziario si sostanziano nel dovere di informarsi e nel dovere di informare.
Nel caso delle obbligazioni Lehman Brothers, gli oneri informativi a carico dell’intermediario devono ritenersi assolti quando quest’ultimo abbia posto il cliente nella condizione di conoscere il tipo di prodotto che stava acquistando e che, all’epoca dell’investimento era considerato assolutamente sicuro non rilevando le variazioni del grado di rischio, quando l’intermediario non sia, a sua volta, posto nella condizione di percepire le modifiche peggiorative a carico degli strumenti finanziari.
Non sussiste responsabilità dell’istituto di credito, ex art. 1375 c.c., quando il default non possa essere previsto in un tempo utile ad una eventuale comunicazione al cliente finalizzata alla ricollocazione dei titoli sul mercato.
A fornire questi interessanti principi è il Tribunale di Monza con sentenza n. 650 del 24.02.2014, uno degli ultimi pronunciamenti della giurisprudenza che costituisce l’ennesima decisione favorevole all’intermediario finanziario.
Il caso è noto e l’esito non era affatto scontato. Nell’ottobre 2007 il risparmiatore ordina alla banca di acquistare titoli obbligazionari emessi dalla famosa e pluridecorata banca d’affari americana. Qualche tempo dopo (15 settembre 2008), la banca va in default con ovvie conseguenze sul rimborso del capitale investito.
Rispetto ad altre consimili vicende, la particolarità della questione risiede nel fatto che, fino a poco tempo prima del default, la Lehman Brothers non aveva ricevuto alcun downgrading da parte delle agenzie preposte ad attribuire un rating sull’affidabilità finanziaria delle imprese (e non solo).
Inoltre, l’intermediario aveva informato il cliente, in modo da rassicurarlo sulla sicurezza dell’investimento, in quanto i medesimi titoli erano stati inseriti nell’elenco “Basso rischio – rendimento” nell’ambito dell’iniziativa c.d. “Patti Chiari”.
L’attore aveva chiesto in via principale di accertare la nullità della negoziazione per la violazione degli artt. 1325 e 1418 ss. c.c., del TUF e del Regolamenti Consob nn. 11522/1998 e 11768/1998 e conseguentemente di condannare la Banca alla restituzione delle somme dovute a seguito della vendita parziale dei titoli; in via subordinata, accogliere la domanda di risoluzione della negoziazione in questione per grave inadempimento della convenuta; in ogni caso, condannare la Banca per violazione della responsabilità contrattuale, precontrattuale ed extracontrattuale.
La domanda di nullità era basata sulla pretesa mancata sottoscrizione del c.d. contratto quadro. Tuttavia, il Tribunale di Monza ha rigettato la domanda volta ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto inter partes per mancanza di forma scritta sostenendo che i contratti conclusi con gli istituti di credito sono stipulati mediante “lo scambio di diverse copie alcune delle quali fatte firmare dal cliente (e trattenute dalla banca) e altre dalla banca e consegnate al cliente”.
In ogni caso, già Cass. 22 marzo 2012 n. 4564 ha chiarito che nei rapporti tra cliente e banca la copia firmata dalla banca non può che essere nelle mani del cliente. Pertanto, l’attore per fondare il proprio diritto – avrebbe dovuto produrre in giudizio la “copia per il cliente” senza la sottoscrizione del funzionario bancario e non, invece, la “copia per la filiale” ove è possibile riscontrare la sola sottoscrizione del cliente.
Nel caso in esame, il contratto era stato concluso per corrispondenza, ma il principio è comunque applicabile ogniqualvolta il contratto si concluda mediante scambio di copie.
Il Tribunale, inoltre, riprendendo l’insegnamento di Cass. Sezioni Unite, sent. nn. 26724 e 26725 del 2007 ha affermato che la violazione dei doveri di informazione del cliente può dar luogo solo a responsabilità precontrattuale e non può mai comportare la nullità ex art. 1418 c.c. dei contratti stipulati o degli ordini di investimento impartiti in esecuzione dei contratti medesimi.
Per quanto concerne l’asserita violazione delle norme del TUF e del regolamento Consob, il Tribunale di Monza ha affermato che anche quando si tratti di operatori non qualificati grava sull’investitore l’onere di provare il danno e il nesso di causalità fra questo e l’inadempimento dell’intermediario, mentre quest’ultimo deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di aver agito con la specifica diligenza richiesta
Alla data in cui sono stati effettuati gli investimenti (ottobre 2007) il default dell’emittente costituiva elemento assolutamente imprevedibile, dal momento che il tipo di prodotto in questione era ritenuto dalle agenzie di rating assolutamente sicuro (superiore alla soglia del c.d. investiment grade). Non è, dunque, possibile rimproverare alla Banca di non aver acquisito le informazioni necessarie a prevedere il crack. Sicché, non esiste inadempimento contrattuale in quanto l’eventuale adempimento sarebbe stato comunque impossibile.
Pertanto, “l’unica responsabilità che può essere rinvenuta nel caso di specie è a carico delle agenzie di rating le quali [
] non hanno sostanzialmente capito alcunché di quello che stava succedendo, determinando, loro stesse, con i dati erronei forniti sino a pochi giorni prima del crack, un danno superiore a quello che si sarebbe verificato laddove vi fosse stato un accorto esame della situazione
”.
Circa l’ulteriore violazione lamentata dall’attore inerente alla circostanza che l’acquisto dei titoli è avvenuto fuori dai mercati regolamentati in difetto di preventiva autorizzazione del cliente, il Tribunale ha osservato che la Banca aveva espressamente indicato al cliente la circostanza che l’acquisto sarebbe avvenuto fuori dai mercati regolamentati e l’attore nulla ha eccepito nel termine contrattuale di sessanta giorni, in tal modo autorizzando l’istituto di credito ai sensi del Regolamento Consob 11768/1998.
Particolarmente interessante risulta, poi, l’interpretazione fornita dal Tribunale di Monza dell’art.21, comma 1, del D.Lgs. n. 58 del 1998 circa l’obbligo di informazione continuativa posto in capo all’intermediario finanziario in caso di perdita di valore del titolo. In mancanza, infatti, di espressi obblighi posti in capo all’intermediario inerenti al “corso del rapporto” il Tribunale sostiene che questi non possano farsi discendere da una “sovra-interpretazione” della norma citata che testualmente recita: “b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano “sempre” adeguatamente informati”. Il termine “sempre” non può che riferirsi , afferma il Tribunale, alla fase precontrattuale sia per ragioni letterali che sistematiche.
Né appare ragionevole fondare la responsabilità dell’istituto di credito sulla violazione della buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c., in quanto il default dei titoli Lehman Brothers non poteva comunque prevedersi in tempo utile ad una eventuale comunicazione al cliente affinché costui ricollocasse i titoli sul mercato.
Insomma, appare fuorviante impostare la questione della responsabilità dell’intermediario fondandola sul presupposto che questo non ha previsto il fallimento della LEHMAN.
Del resto, se questo fosse l’oggetto del giudizio, sarebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se l’intermediario avesse sconsigliato l’acquisto prevedendo un default che non sarebbe poi avvenuto? Sarebbe stato configurabile un danno da perdita di chance?
Sul punto si segnalano le seguenti pronunce già oggetto di approfondimento sulla rivista:
Nessuna censura può essere mossa all’intermediario qualora l’ abbassamento dei titoli avvenga per circostanze del tutto imprevedibili
Sentenza | Tribunale di Roma dott. Francesco Remo Scerrato | 25-11-2013
In tema di intermediazione finanziaria, nessuna violazione può addebitarsi all’intermediario con riferimento al comportamento successivo all’acquisto degli strumenti finanziari qualora il declassamento dei titoli, intervenuto successivamente alla compravendita degli stessi, sia avvenuto in modo del tutto imprevisto ed imprevedibile.
Non sussiste responsabilità per la Banca che abbia adeguatamente informato l’investitore.
Sentenza | Tribunale di Pordenone – Dott.ssa Martina Gasparini | 08-11-2013 | n.898
In tema di intermediazione finanziaria, il declassamento dei titoli, intervenuto successivamente alla compravendita degli stessi, non determina automaticamente la responsabilità contrattuale della Banca verso l’investitore, dovendo concretamente dimostrare che la banca disponeva di inequivoche informazioni significative del rischio, non trasmesse all’investitore.
Ed invero, l’obbligo di informativa sussistente in capo all’intermediario va riferito alla condotta dello stesso AL MOMENTO DELLA PRESENTAZIONE DEL SERVIZIO DI INVESTIMENTO con riferimento ai criteri di diligenza, correttezza, trasparenza e adeguata informazione e tale disciplina è stata demandata alla Consob ove all’art.28 comma 40 del regolamento è previsto l’obbligo di informazione per iscritto solo in ipotesi di affidamento della gestione del portfoglio titoli. Dunque, L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE SUCCESSIVA PRESUPPONE UNCONTRATTO DI GESTIONE PATRIMONIALE O DI CONSULENZA.
Imprevedibilità del default per assoluta mancanza di circostanze obiettivamente ed univocamente attestanti il rischio di insolvenza.
Sentenza | Tribunale di Roma, terza sezione civile GU dr.ssa Clelia Buonocore – | 12-06-2013 | n.12766
L’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers effettuato fino al 15/09/2008 è classificato come investimento affidabile.
Rivendita sistematica di obbligazioni ad operatori non qualificati entro 12 mesi dall’acquisto
Sentenza | Tribunale di Roma, Pres. Dr. Cardinali, rel. Dr.ssa Buonocore, giudice dr. Garri | 25-06-2013 n.13853
L’art. 100 bis del TUF risulta applicabile solo allorquando si tratti di “rivendite sistematiche” ad operatori non qualificati di titoli originariamente collocati presso operatori qualificati ed effettuate nell’arco temporale dei dodici mesi successivi alla emissione e, dunque, senza la pubblicazione del foglio informativo.
La banca è immune da censure se non è dimostrato che disponeva di inequivoche informazioni sulla variazione significativa del valore di rischio delle obbligazioni
Sentenza | Tribunale di Roma, G.U. dott. Stefano Cardinali | 11-01-2013 n.489
L’Istituto è immune da censure se l’investitore non dimostra che la stessa banca disponeva di SICURE ed INEQUIVOCHE informazioni circa una VARIAZIONE SIGNIFICATIVA del valore di rischio delle obbligazioni in relazione al recupero del capitale investito ed al pagamento delle cedole, idonee a far presagire il probabile default dell’emittente.
Testo del provvedimento
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