Provvedimento segnalato dal Dott. Donato Giovenzana, Legale d’impresa
È legittimo il licenziamento di un dipendente bancario per mancato rispetto delle norme antiriciclaggio, anche nell’ipotesi in cui questi sia stato assolto in sede penale dal reato di favoreggiamento reale con la formula «perché il fatto non sussiste».
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, Pres. Di Cerbo – Rel. Pagetta, con la sentenza n. 21548 del 21.08.2019.
Un preposto di filiale della banca controricorrente era stato licenziato per non aver rispettato le norme antiriciclaggio, in particolare la legge che contrasta i reati finanziari in relazione alla posizione sospetta di tre società gestite da un prestanome di un clan mafioso. Il dipendente aveva omesso di segnalare tali condotte illecite e, seppur assolto in sede penale, la Corte d’Appello aveva confermato il citato licenziamento. I giudici di merito, infatti, avevano ritenuto ininfluente la sentenza di assoluzione penale.
La Corte di Cassazione, confermando la statuizione della corte territoriale, ha rigettato il ricorso del preposto di filiale, articolato sulla base di nove motivi, al quale si è opposto con controricorso l’istituto di credito.
La sentenza impugnata ha affermato la necessità di considerazione autonoma del fatto oggetto di imputazione penale (dal quale il ricorrente, imputato di favoreggiamento reale e riciclaggio, era stato assolto per difetto di prova dell’elemento psicologico e cioè della consapevolezza della origine illecita delle somme di danaro connesse ai movimenti operati sui conti correnti in oggetto) da quello oggetto di rilievo disciplinare attinente alla violazione di precisi obblighi, scaturenti dalla normativa antiriciclaggio, facenti capo al ricorrente quale preposto a uno sportello bancario. La valutazione della Corte d’Appello, infatti, ha avuto ad oggetto le plurime condotte scorrette del dipendente bancario oggetto di contestazione disciplinare, in particolare l’omessa vigilanza e segnalazione di operazioni scorrette.
Pertanto, considerando la posizione del lavoratore all’interno dell’organizzazione aziendale (al dipendente erano stati affidati ampi poteri gestionali e di rappresentanza dell’azienda bancaria) e la gravità delle condotte accertate, tali elementi sono stati ritenuti sufficienti a configurare una responsabilità contrattuale a prescindere dall’esistenza di un reato, poiché la condotta addebitata al lavoratore è risultata gravemente lesiva del rapporto fiduciario con il datore di lavoro, dando vita ad una violazione disciplinare tale da comportare la risoluzione del rapporto di lavoro.
Il giudice di appello, e tale statuizione ha trovato conferma nel giudizio di legittimità, infatti, ha espressamente individuato l’oggetto della contestazione nella mancata segnalazione di operazioni sospette ed utilizzato il riferimento alla personalità del prestanome quale elemento destinato ad avvalorare l’assunto di segnali della esistenza di elementi di rischio trascurati dal ricorrente, in funzione della valutazione in termini di particolare gravità della condotta ascritta.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ANTIRICILAGGIO: applicazione della sanzione ex D.Lgs. 231/2007 modificato da D.Lgs. 90/2017, oppure dalla normativa antecedente?
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Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. Petitti, Rel. Cosentino | 09.08.2018 | n.20697
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/antiricilaggio-applicazione-della-sanzione-ex-d-lgs-2312007-modificato-da-d-lgs-902017-oppure-dalla-normativa-antecedente
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Sentenza | Corte di Cassazione Penale, Sez. V, Pres. Morelli – Rel. Borrelli | 01.03.2019 | n.8851
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/autoriclaggio-di-somme-oggetto-di-distrazione-fallimentare-la-condotta-sanzionabile
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