L’imprenditore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato preventivo non perde la capacità di stare in giudizio, come non la perde l’imprenditore che sia stato ammesso al concordato; pertanto, la mancata autorizzazione del tribunale alla proposizione di una domanda giudiziale da parte di un imprenditore che abbia chiesto di essere ammesso al concordato preventivo non incide sull’ammissibilità della domanda stessa.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, SS. UU. Civ., Pres. Travaglino – Rel. Cosentino, che con la sentenza n. 10080 del 28 maggio 2020 si è pronunciata sulla questione dell’ammissibilità o procedibilità della domanda giudiziale proposta dal debitore che abbia chiesto di essere ammesso al concordato preventivo.
Le Sezioni Unite, adite in sede di riparto di giurisdizione, hanno preliminarmente esaminato l’eccezione, sollevata dal ricorrente, di inammissibilità o improcedibilità della domanda giudiziale proposta dal controricorrente, in quanto da quest’ultimo presentata, in pendenza di procedura di ammissione al concordato preventivo, in difetto di previa autorizzazione del tribunale ex art. 161, comma 7, l.f..
Sulla questione principale, e cioè se il debitore è legittimato alla proposizione di una domanda giudiziale, i Supremi Giudici hanno disatteso il motivo di ricorso motivandolo col fatto che “l’imprenditore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato non perde la capacità di stare in giudizio, come non la perde l’imprenditore che sia stato ammesso al concordato; pertanto, la mancata autorizzazione del tribunale alla proposizione di una domanda giudiziale da parte di un imprenditore che abbia chiesto di essere ammesso al concordato preventivo non incide sull’ammissibilità della domanda stessa”.
Con precipuo riferimento alla (ipotizzata) riconducibilità della proposizione di una domanda giudiziale all’ambito degli atti urgenti di straordinaria amministrazione che il debitore che abbia chiesto l’ammissione alla procedura concordataria può compiere solo «previa autorizzazione del tribunale» (articolo 161, comma 7, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) i Supremi Giudici hanno evidenziato che la mancanza della previa autorizzazione del tribunale al compimento di un atto per cui tale autorizzazione sarebbe stata necessaria ai sensi del settimo comma dell’art. 161 l.f. spiega effetti sul piano dei rapporti sostanziali, a partire dalla non prededucibilità dei crediti di terzi che da tale atto derivino (come si evince, a contrariis, dalla disposizione del suddetto comma alla cui stregua «i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’articolo 111»); ma la suddetta mancanza – pur quando tale autorizzazione possa ritenersi in concreto necessaria per la proposizione di una determinata domanda giudiziale, in ragione degli oneri e dei rischi connessi all’introduzione di una specifica lite – non spiega alcun effetto sul piano processuale.
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