ISSN 2385-1376
Testo massima
Può essere pronunciata condanna ex art. 96 cpc a fronte di un disconoscimento di una sottoscrizione in realtà autografa, atteso che ciò esprime non solo un oggettivo connotato di mala fede da parte dell’autore del disconoscimento, ma anche un ingiustificato addebito di mala fede a carico della controparte che si avvale del documento disconosciuto.
Tra le novità più interessanti introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n.69 è da segnalare senz’altro l’introduzione di un terzo comma all’art 96 cpc.
Ci troviamo nell’ambito delle fattispecie inquadrabili nell’ambito della c.d. lite temeraria, ovvero, secondo la rubrica della norma nella responsabilità aggravata.
La collocazione dell’art. 96 c.p.c. all’interno del Capo relativo alla spese processuali, mostra il tentativo di utilizzare la leva dei costi prodotti dal fenomeno processuale al fine di scoraggiare la scelta di litigare apud iudicem.
V’è da dire che l’introduzione del terzo comma dell’art. 96 cpc ha suscitato diverse polemiche, specie in ambito dottrinario, soprattutto per il fatto che il quantum della sanzione è lasciato alla completa discrezionalità del giudice senza che vi sia, parimenti, nessuna indicazione circa i criteri utili per stabilirne l’ammontare.
Anche il Tribunale di Monza, con sentenza del 9 gennaio 2013 ha disposto, tra l’altro, la condanna ex art. 96, comma terzo, cpc, nei confronti della resistente, proprietaria di un immobile ad uso abitativo, soccombente in un procedimento relativo alla richiesta di restituzione di spese condominiali avanzata dalla conduttrice.
Costituendosi in giudizio, la locatrice-resistente ha disconosciuto la sottoscrizione di un documento prodotto dalla ricorrente, oltre a dedurre la violazione del divieto di sub locazione da parte della conduttrice, il mancato pagamento degli aumenti ISTAT e delle spese di registrazione, il parziale pagamento delle spese condominiali ed in via riconvenzionale ha chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice.
La ricorrente ha replicato formulando istanza di verificazione della sottoscrizione.
La espletata C.T.U. grafologica ha riconosciuto l’autenticità della sottoscrizione del documento prodotto dalla ricorrente e tale conclusione non è stata minimamente contestata dalla resistente.
Da qui la decisione del giudice di condannare ex officio ex art.96 cpc la ricorrente poiché l’abuso del processo esclude la tardività della domanda, fondata sulle incontestate risultanze della C.T.U. grafologica.
Ha ritenuto infatti, il giudicante, che effettivamente il disconoscimento della sottoscrizione in realtà autografa esprime non solo un oggettivo connotato di mala fede da parte dell’autore del disconoscimento ma anche un ingiustificato addebito di mala fede a carico della controparte che si avvale del documento disconosciuto.
Per il Tribunale di Monza l’abuso di un singolo strumento processuale, l’istituto del disconoscimento, si riflette sull’intera linea di resistenza della locatrice alla legittima domanda restitutoria della conduttrice, a cui si aggiunge anche l’oggettiva inconsistenza della domanda riconvenzionale e degli ulteriori addebiti.
Da ciò discende la decisione di condannare la convenuta al pagamento in favore della ricorrente della somma di . 1.000,00 a titolo di risarcimento ex art. 96 cpc.
Sul punto si segnalano altre pronunce rispettivamente del Tribunale di Lodi, Giudice dott. Sergio Rossetti, del 04/04/2013, nonché del Tribunale di Verona, Giudice dott. Vaccari, del 22/11/2012 (http://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/clausola-compromissoria-mancata-adesione-condanna-per-lite-temeraria.html), che d’ufficio hanno condannato il comportamento processuale della parte, palesemente dilatorio, il cui unico obiettivo era quello di ostacolare la definizione del giudizio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MONZA
in composizione monocratica
nella persona del giudice dott. Manuela Laub
ha pronunciato ai sensi degli artt. 429 e 447-bis c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado promossa con ricorso depositato in data 11.11.2010
da
V.V.,
nei confronti di
L.M.,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
– rilevato che
V.V., conduttrice dal 01.02.2005 di un immobile ad uso abitazione in Vimercate, ha chiesto alla locatrice la restituzione della somma di Euro 13.964,34 versata in eccedenza rispetto a quanto effettivamente dovuto per spese condominiali per il periodo febbraio 2005-giugno 2010;
la locatrice M.L. ha disconosciuto la sottoscrizione di un documento prodotto dalla ricorrente; ha dedotto la violazione del divieto di sublocazione da parte della conduttrice, il mancato pagamento degli aumenti ISTAT e delle spese di registrazione, il parziale pagamento delle spese condominiali;
oltre al rigetto della richiesta avversa la locatrice ha chiesto in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice;
la ricorrente ha replicato formulando istanza di verificazione della sottoscrizione, ha contestato l’asserita violazione del divieto di sublocazione e la sussistenza degli ulteriori inadempimenti;
esperita CTU grafologica in ordine alla sottoscrizione disconosciuta la causa viene oggi decisa nei termini e per le ragioni che seguono.
La richiesta di restituzione
Il contratto di locazione non predeterminava alcuna somma per il pagamento delle spese condominiali, espressamente escluse dal canone di locazione e poste a carico del conduttore “con le modalità e i termini stabilita dall’Amministratore“; l’unica precisazione riguardava le spese per un eventuale servizio di portineria, poste a carico del conduttore nella misura del 90% (art. 10 del contratto).
La ricorrente assume di aver versato, fino al giugno 2010, l’importo di Euro 385,oo mensili per spese condominiali e di aver verificato, sulla base dei soli riparti finali consegnati nel luglio 2010, che la somma effettivamente dovuta dalla conduttrice ex art. 9 L. n. 392 del 1978 era invece di circa Euro 185,oo: di qui sia il versamento di tale cifra dal luglio 2010 in poi a titolo di acconto salvo conguaglio sia la richiesta di restituzione dell’eccedenza versata negli anni precedenti (complessivi Euro 13.946,34).
La posizione assunta dalla locatrice sul punto è oggettivamente ambigua: da un lato, infatti, ella ha disconosciuto la sottoscrizione in calce alla ricevuta datata 16.06.2010 (doc. 2 di parte ricorrente) che riconosceva i versamenti indicati dalla ricorrente a titolo di spese condominiali e ha lamentato l’illegittimo rifiuto della conduttrice a corrispondere somme superiori a Euro 185,oo mensili; dall’altro, non ha svolto alcuna domanda riconvenzionale di pagamento né ha posto tale inadempimento a fondamento della domanda di risoluzione (basata unicamente sulla violazione del divieto di sublocazione di cui all’art. 16 del contratto) né tanto meno ha precisato le maggiori asserite debenze condominiali o contestato i criteri di quantificazione.
Sotto il profilo fattuale le conclusioni della CTU grafologica, che ha riconosciuto l’autenticità della sottoscrizione del documento prodotto sub 2 dalla ricorrente, non sono state minimamente contestate dalla convenuta, che ha unicamente evidenziato le incongruenze del contenuto della ricevuta sia rispetto alla qualificazione del soggetto che ha eseguito i pagamenti ivi indicati (“il locatore” stesso anziché “il locatario“) sia all’entità delle somme versate rispetto alla decorrenza stessa del contratto (per l’anno 2005 vengono riconosciuti pagamenti per 12 mensilità mentre il contratto decorreva dal febbraio 2005) e al conteggio esposto in ricorso.
Le perplessità evidenziate non inficiano il valore ricognitivo della ricevuta sottoscritta dalla locatrice convenuta, secondo cui la conduttrice avrebbe versato oltre al canone pattuito (Euro 6.000,00 annui) anche gli ulteriori importi ivi indicati (Euro 385,00 mensili e ulteriori Euro 790,00).
Il fatto che la missiva inviata dalla locatrice in data 26.07.2010 (doc. 7 di parte convenuta) indicasse come uniche debenze residue della conduttrice la mensilità di luglio 2010 e il saldo delle spese per l’anno 2009/2010 evidenzia inoltre che all’epoca la locatrice riteneva regolarmente adempiuti i pregressi pagamenti, inclusi quelli delle spese condominiali contestate in giudizio dalla conduttrice.
Ciò ulteriormente riscontra la ricostruzione dei versamenti indicata nella ricevuta sottoscritta appena un mese prima dalla locatrice e priva di concreta rilevanza le obiezioni mosse al contenuto del documento.
Comprovato quindi il pagamento nei termini allegati dalla conduttrice, nessun concreto elemento è stato addotto dalla locatrice a sostegno della loro effettiva rispondenza al dovuto.
Premesso che:
– non è mai stato specificato in atti il periodo annuale di esercizio (presumibilmente scadente nel mese di agosto, epoca dei preventivi e consuntivi prodotti in atti);
– la documentazione dell’anno 2004/2005 non riporta nemmeno la proprietà L.;
– non è stata prodotta alcuna documentazione relativa all’anno 2009/2010;
– il preventivo 2010/2011 è irrilevante rispetto alla domanda di restituzione (riguardando semmai l’acconto spese corrisposto dal luglio 2010 in poi dalla conduttrice, sul quale non vi sono tuttavia domande);
– i consuntivi prodotti non distinguono le spese di competenza del conduttore ex art. 9 terzo comma L. n. 392 del 1978 e riportano spese sicuramente di spettanza del proprietario/locatore (tra cui spese e rate straordinarie);
– la CTU contabile richiesta dalla locatrice non riveste concreta utilità, non essendo state fornite precisazioni in ordine alle spese concretamente addebitabili e non essendo stata prodotta documentazione ulteriore rispetto ai preventivi/consuntivi gestionali di cui sopra;
a fronte di versamenti della conduttrice per complessivi Euro 26.200,oo la locatrice ha documentato spese condominiali (come si è detto, omnicomprensive) per complessivi Euro 10.468,85.
L’oggettiva esorbitanza delle somme versate, la periodicità e la contestualità dei pagamenti rispetto al versamento del canone, la mancata rendicontazione per interi anni e lo sganciamento dai termini contrattualmente previsti adombrano un meccanismo di elusione dell’art. 79 L. n. 392 del 1978.
La domanda di restituzione svolta dalla conduttrice va pertanto accolta.
Gli interessi decorrono dalla domanda.
La domanda di risoluzione del contratto
La domanda riconvenzionale della locatrice si fonda sull’asserita violazione del divieto di sublocazione di cui all’art. 16 del contratto.
Il rilascio spontaneo dell’immobile, anche laddove inteso come espressione di una risoluzione consensuale del contratto, non determina la cessazione della materia del contendere.
La domanda risulta infondata.
Premesso che la ricorrente ha contestato l’addebito, la presenza di ulteriori occupanti (unico elemento addotto dalla locatrice) non è infatti prova di una sublocazione dell’abitazione, tra l’altro genericamente dedotta (come subaffitto, come comodato, di fatto, a soggetti rimasti totalmente indeterminati).
Gli ulteriori inadempimenti ascritti alla conduttrice
La locatrice non ha svolto domande diverse da quella appena esaminata.
Anche volendo interpretare i generici addebiti come eccezioni riconvenzionali volti a contrastare la domanda di restituzione della ricorrente:
non risulta che la locatrice abbia mai fatto richiesta scritta di aggiornamento ISTAT così come previsto dall’art. 9 del contratto;
il 50% delle spese di registrazione risulta coperto dalle somme versate in esubero dalla conduttrice e residuate dall’accoglimento della domanda di restituzione, pari a Euro 1.784,81.
La domanda di risarcimento danni ex art. 96 cpc.
La possibilità di condannare ex officio ex art. 96 cpc l’abuso del processo esclude la tardività della domanda, fondata del resto sulle incontestate risultanze della CTU grafologica.
Effettivamente il disconoscimento di una sottoscrizione in realtà autografa esprime non solo un oggettivo connotato di mala fede da parte dell’autore del disconoscimento ma anche un ingiustificato addebito di mala fede a carico della controparte che si avvale del documento disconosciuto.
Poiché, come si visto, il riconoscimento delle somme versate dalla conduttrice è stato il perno fattuale dell’odierna decisione, l’abuso di uno singolo strumento processuale (l’istituto del disconoscimento) si riflette sull’intera linea di resistenza della locatrice alla legittima domanda restitutoria della conduttrice.
A ciò si aggiunge l’oggettiva inconsistenza della domanda riconvenzionale e degli ulteriori addebiti.
Il danno equitativamente liquidabile è di Euro 1.000,00.
Le spese di giudizio e di CTU
Le spese di CTU, già liquidate in corso di giudizio, vanno poste definitivamente a carico della convenuta, che dovrà rimborsare alla ricorrente le somme eventualmente anticipate.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidatie in dispositivo in conformità ai valori medi previsti per lo scaglione di riferimento dal tariffario vigente (cfr. Cass. SS.UU n. 17405/12).
PQM
il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando,
– dichiara tenuta e condanna la convenuta a restituire alla ricorrente la somma capitale di Euro 13.946,34 oltre interessi legali dalla domanda al saldo effettivo;
– rigetta ogni altra e diversa domanda o eccezione;
– condanna la convenuta al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 1.000,oo a titolo di risarcimento ex art. 96 cpc;
– pone le spese di CTU interamente a carico della convenuta, con conseguente condanna al rimborso di quanto eventualmente anticipato dalla ricorrente;
– condanna la convenuta alla rifusione in favore della controparte delle spese processuali relative al presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.315,oo, di cui Euro 215,oo per anticipazioni ed Euro 2.100,oo per compensi professionali, oltre C.P.A. ed I.V.A. come per legge.
Così deciso in Monza, il 9 gennaio 2013.
Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2013.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 240/2013