ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, a sezioni unite, chiamata a pronunziarsi in tema di responsabilità discendente dal comportamento gravemente negligente ed imprudente posto in essere dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agente di riscossione, con ordinanza n.13899 pronunziata in data 03/06/2013, ha statuito un innovativo principio di diritto in virtù del quale il giudice tributario può applicare l’art.96 cpc e per l’effetto condannare al risarcimento del danno per lite temeraria.
In particolare, il ricorrente aveva chiesto non soltanto l’annullamento della propria obbligazione tributaria ma anche la condanna delle intimate Agenzia delle Entrate ed Equitalia al risarcimento del danno per lite temeraria ex art.96 cpc, in virtù dell’ingiusta perdita di tempo sottratto alla propria attività professionale.
Con controricorso, l’Agenzia delle Entrate deduceva che la domanda risarcitoria dovesse essere ricondotta nell’alveo dell’art.96 cpc, con conseguente riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario.
Ebbene, nel caso de quo, gli ermellini preliminarmente hanno evidenziato come le pretese risarcitorie del ricorrente presentassero un diretto ed immediato nesso causale con l’atto tributario impugnato ed uno stretto collegamento con il rapporto tributario.
In tale prospettiva, i giudici di legittimità, discostandosi da un recente orientamento giurisprudenziale, hanno statuito il principio in virtù del quale il giudice tributario può pronunziarsi in materia di responsabilità processuale aggravata, atteso che l’art.96 cpc è applicabile al processo tributario in virtù del generale rinvio di cui al D.Lgs n.546/1992 art.1, comma 2, regola tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali, ponendosi con carattere di specialità rispetto all’art.2043 cc, senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra i due tipi di responsabilità e non detta tanto una regola sulla competenza, ma disciplina piuttosto un fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduce l’insorgenza della detta responsabilità.
In conclusione, i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che il contribuente fondatamente possa adire il giudice tributario per ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva temeraria ovvero derivata da mala fede o colpa grave, anche in applicazione del principio di effettività e concentrazione della tutela del danneggiato, che tende ad evitare la frammentazione in più giudizi delle pretese azionabili in un unico contesto.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 17505/2011 proposto da:
TIZIO
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA S.P.A.
– intimata –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 14086/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE di ROMA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2013 dal Consigliere Dott. BIAGIO VIRGILIO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carlo DESTRO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano dichiarare che spetta alla Commissione Tributaria Provinciale la giurisdizione in ordine all’azione promossa da TIZIO per ottenere oltre all’annullamento della propria obbligazione tributaria la condanna alle spese delle parti resistenti e l’affermazione della loro responsabilità aggravata ex art.96 cpc, con liquidazione in via equitativa di una somma di danaro a titolo di rifusione dei danni cagionati.
Svolgimento del processo
1. TIZIO propone istanza di regolamento della giurisdizione in pendenza del giudizio da lui promosso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso la cartella di pagamento notificatagli nel 2011 in qualità di coobbligato della ALFA s.r.l., fallita, per omessi versamenti, per un importo totale di Euro 6.0773,09, di ritenute operate dalla società, risultanti a seguito del controllo delle dichiarazioni presentate da TIZIO in veste di curatore fallimentare.
Il ricorrente non contestava la legittimità dell’iscrizione a ruolo del debito nei confronti della società, ma unicamente il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo subentrato al legale rappresentante della società fallita, al quale si era surrogato negli obblighi dichiarativi e certificativi, che avevano la sola funzione strumentale di agevolare l’accertamento del credito erariale e di ottenere l’ammissione al passivo del corrispondente importo non versato.
Oltre alla domanda principale di annullamento della cartella esattoriale per la ragione anzidetta, TIZIO chiedeva anche la condanna delle intimate Agenzia delle entrate ed Equitalia s.p.a. al “risarcimento del danno per lite temeraria, ex art.96 cpc, nel caso in cui insistano per la reiezione del ricorso“, nonchè, “in ogni caso“, al “risarcimento del danno patito dal contribuente”, da liquidarsi in via equitativa, a titolo di ingiusta perdita di tempo, sottratto alla propria attività professionale, di accollo di spese per spostamenti ed impiego di collaboratori e per la difesa tecnica, di stress e tensioni anche in ambito familiare.
2. Con il presente ricorso, TIZIO chiede che su tutte le domande proposte, comprese, quindi, quelle di risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima iscrizione a ruolo e consequenziale notifica della cartella di pagamento, sia dichiarata la giurisdizione del giudice tributario.
3. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, osservando che la domanda risarcitoria va ricondotta nell’alveo dell’art.96 cpc, con riconoscimento della giurisdizione del giudice tributario.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente sostiene che il giudice tributario può sindacare la responsabilità discendente dal comportamento gravemente negligente ed imprudente dell’Agenzia delle entrate e dell’agente della riscossione, valutabile in sede processuale ai sensi dell’art.96 cpc.
Aggiunge che la giurisdizione esclusiva del giudice tributario va riconosciuta per attrazione, anche nella materia, accessoria e connessa, relativa al ristoro dei danni extracontrattuali per illeciti compiuti dall’amministrazione finanziaria o dall’agente di riscossione per l’adozione di atti tributari illegittimi, anche in applicazione del principio di concentrazione e di effettività della tutela del danneggiato, che tende ad evitare la frammentazione, in più giudizi, delle pretese comunque azionabili in un unico contesto, senza che ciò possa snaturare le competenze delle commissioni tributarie.
2. La giurisdizione va regolata con l’attribuzione alla competenza del giudice tributario anche delle domande risarcitorie proposte dal ricorrente.
Questa Corte ha recentemente affermato il principio secondo il quale la controversia avente ad oggetto, in via principale, una domanda di rimborso d’imposta (nella specie, ritenute IRPEF sulle somme erogate per incentivo all’esodo D.P.R. n.917 del 1986, ex art.17, comma 4 bis) e, in via subordinata, una domanda di risarcimento del danno per mancato adeguamento della legge interna alla normativa comunitaria (nella specie, per illegittimità del regime dell’incentivo dichiarata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea) appartiene alla giurisdizione del giudice tributario per la sola domanda principale, mentre appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario per la domanda risarcitoria (avente in realtà natura alternativa – più che subordinata – alla principale), essendo essa del tutto autonoma ed avulsa dal rapporto tributario ed estranea agli “accessori” del tributo, ai quali il D.Lgs. n.546 del 1992, art.2, estende la cognizione del giudice speciale (Cass., Sez. un., n.20323 del 2012).
Ma la questione ora in esame presenta caratteristiche peculiari, che ne escludono l’assimilabilità a quella anzidetta.
Le pretese risarcitorie avanzate da TIZIO, infatti, pur non avendo neanch’esse ad oggetto “accessori” del tributo, di cui al citato D.Lgs. n.546 del 1992, art.2, (per tali dovendosi intendere gli aggi dovuti all’esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori, il maggior danno da svalutazione monetaria: cfr. sent. n.20323 del 2012, cit., e i precedenti ivi menzionati), presentano tuttavia un diretto ed immediato nesso causale con l’atto tributario impugnato ed uno stretto collegamento con il rapporto tributario, il quale non è esaurito, ma, anzi, costituisce l’oggetto del giudizio (sia pure limitatamente al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere con l’atto medesimo: da ult. Cass. n.4145 del 2013).
Ne consegue che le domande risarcitorie in esame vanno ricondotte a pieno titolo nell’ambito applicativo dell’art.96 cpc, in tema di responsabilità processuale aggravata, il quale: a) è applicabile al processo tributario, in virtù del generale rinvio di cui al D.Lgs. n.546 del 1992, art. 1, comma 2; b) regola tutti i casi di responsabilità risarcitoria per atti o comportamenti processuali, ponendosi con carattere di specialità rispetto all’art.2043 cc, senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra i due tipi di responsabilità (tra le altre, Cass. n.28226 del 2008 e n.5069 del 2010); c) non detta tanto una regola sulla competenza, ma disciplina piuttosto un fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduce l’insorgenza della detta responsabilità, non solo perchè nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio di quello stesso che decide sulla domanda che si assume, per l’appunto, temeraria, ma anche e soprattutto perchè la valutazione del presupposto della responsabilità processuale è così strettamente collegata con la decisione di merito da comportare la possibilità, ove fosse separatamente condotta, di un contrasto pratico di giudicati (Cass. nn.9297 e 12952 del 2007, 18344 e 26004 del 2010).
Ciò vale, ovviamente, per tutte le ipotesi disciplinate dall’art.96 cpc, ed in particolare anche per quella prevista dal terzo comma (introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n.69, art.45, comma 12, ed applicabile nella fattispecie ratione temporis), secondo il quale “in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art.91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”.
Tale ampia previsione consente al giudice (quand’anche dovesse ritenersi che ciò non rientri già nella portata applicativa del medesimo art.96, comma 1) di liquidare in favore del contribuente vittorioso una somma, in via equitativa, a titolo di risarcimento dei danni patiti a causa dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di una pretesa impositiva “temeraria”, cioè derivata da mala fede o colpa grave (cfr. Cass. n.21570 del 2012), con conseguente necessità da parte del contribuente di adire il giudice tributario, dovendosi, infatti, intendere in senso estensivo il concetto di “responsabilità processuale”, comprensivo anche, cioè, della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato luogo alla esigenza di instaurare un processo “ingiusto”.
3. In conclusione, va dichiarata la giurisdizione del giudice tributario.
4. La novità e la peculiarità della questione inducono a disporre la compensazione delle spese del giudizio.
PQM
La Corte, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice tributario e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2013
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 328/2013