ISSN 2385-1376
Testo massima
Non è consentito alla parte, che non riesce ad avere ragione delle proprie doglianze sulla base dei documenti prodotti, la manomissione degli stessi al fine di ottenere un procedimento giudiziale favorevole.
Il tentativo di parte attrice di indurre in errore il Giudice sul contenuto e sul valore di un documento rappresenta una scorrettezza processuale e va pertanto sanzionata ex art. 96 c.p.c.
Così si è pronunciato il Tribunale di Padova, dott. Giorgio Bertola, con la sentenza n. 267 del 25 gennaio 2016.
Nella fattispecie in esame accadeva che il mutuatario proponeva opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla convenuta Banca a fronte del mancato regolare rimborso delle somme date a mutuo.
In particolare, l’attore rilevava di essersi trovato nella impossibilità di restituire il debito a causa di altro finanziamento stipulato con altra società finanziaria e chiedeva alla Banca il risarcimento dei danni per avere perso l’erogazione di un mutuo a fondo perduto per l’acquisto di una abitazione di residenza che poteva essere rinegoziato con la stessa Banca, che faceva parte degli istituti di credito convenzionati, che gli aveva rigettato la richiesta.
L’attore lamentava altresì l’illegittimità del piano di ammortamento alla francese e l’usurarietà degli interessi.
Si costituiva regolarmente la Banca convenuta la quale, fornendo cospicua documentazione a supporto delle proprie ragioni, chiedeva il rigetto della proposta opposizione e la condanna dell’attore ex art. 96 c.p.c.
Il Tribunale di Padova, nel rigettare integralmente l’opposizione proposta dal mutuatario, ha ritenuto irrilevanti le vicende finanziare dell’attore con l’altra società finanziaria atteso che questi si era limitato a descrivere i fatti senza proporre alcuna domanda per tale circostanza. Analogamente irrilevante è stato considerato il rifiuto della Banca relativo alla richiesta di rinegoziazione di un nuovo mutuo a fondo perduto in quanto l’attore avrebbe potuto proporre la relativa domanda a qualunque altro istituto convenzionato.
Esaminando il piano di ammortamento alla francese sul contratto di mutuo de quo, il Tribunale adito ha rilevato che lo stesso risultava correttamente applicato secondo quanto stabilito nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” della Banca Italia mediante la formula I = C x i x t per il calcolo della quota interessi sul debito residuo.
Invero, il Giudice ha osservato che la suddetta formula matematica viene utilizzata esclusivamente per determinare l’equivalenza tra il totale delle quote capitale contenute nelle rate e il prestito. In pratica, con la formula viene determinato l’unico importo della rata costante che sia in grado di rimborsare quel prestito, con l’applicazione di quel tasso ed in quel lasso di tempo.
In ogni caso, l’utilizzo della formula di capitalizzazione composta per determinare la rata non è strettamente necessario per costruire il piano d’ammortamento.
Infatti, una volta predeterminati l’importo del prestito e della rata e il tasso applicato, vengono calcolati la quota interessi e la durata del prestito, pur sempre mediante applicazione della formula d’interesse semplice.
Con riferimento alla doglianza della presunta usurarietà dei tassi applicati, il Tribunale padovano ha eseguito un dettagliato calcolo degli stessi rilevando che il contratto prodotto in atti prevedeva un tasso corrispettivo del 4,75% nominale annuo ed un tasso di mora del 6,75% nominale annuo.
Secondo il tasso rilevato dalla Banca d’Italia nel periodo 1 aprile – 30 giugno 2002, il tasso medio corrispettivo era del 5,56% e quindi quello soglia, almeno fino al terzo trimestre del 201, era del 8,34% (4,75% x 1,5).
Il tasso soglia di mora per il medesimo periodo era del 6,75% che sommato al valore del 2,1% (come valore medio rilevato dalla Banca d’Italia degli aumenti dei tassi di mora) e moltiplicato per 1,5 (L. 108/96 almeno fino al terzo trimestre del 2011 visto che in seguito il metodo è diventato “x 25% + 4 punti entro gli 8 punti dal tasso concordato”) danno come risultato il tasso del 9,90% laddove quello pattuito era del 6,75% ovvero sideralmente lontano dal rischio di superamento della soglia usura.
In relazione alla doglianza della illegittima applicazione di interessi anatocistici sulle rate di mutuo scadute e non pagate, siccome la presente causa si riferisce ad un periodo pregresso al 2014, è stato ritenuto che la banca ha correttamente applicato la mora su tutto lo scaduto applicando un legittimo interesse disciplinato dal combinato disposto dell’art. 3 della delibera CICR del 2000, che legittima proprio l’applicazione della mora su tutto lo scaduto, e dell’art. 120 T.U.B, che vieta solo dal 01/01/2014 l’applicazione dell’anatocismo anche nei contratti di mutuo.
Infine, il Giudice ha censurato il tentativo di parte attrice di indurlo in errore sul contenuto e sul valore di un documento versato in atti con la seconda memoria istruttoria atteso che quel documento era stato già depositato con l’atto di citazione, ma risultava diverso dalla sua copia successivamente depositata.
In particolare, da un’attenta disamina del detto documento il Giudicante ha osservato che lo stesso era mancante di una pagina rispetto all’altra copia depositata con l’atto di citazione, inoltre risultavano essere state aggiunte una data e una firma.
Tale scorrettezza processuale è stata sanzionata ex art. 96 c.p.c., come richiesto anche dalla convenuta/opposta, con l’irrogazione di una sanzione pari al 50% delle spese di lite liquidate non potendo essere consentito alla parte, che non riesce ad avere ragione delle proprie doglianze sulla base dei documenti prodotti, la manomissione degli stessi al fine di ottenere un procedimento giudiziale favorevole.
Per tali ragioni, il Tribunale adito ha dichiarato definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo opposto condannando il mutuatario anche al pagamento delle spese di lite.
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