LA MASSIMA
Costituisce espressione di un atteggiamento di grave negligenza o malafede nell’esame dei dati processuali la richiesta di pagamento di un credito formulata nei confronti di un soggetto estraneo e/o comunque la pretesa, per una seconda volta, del pagamento di un credito di fatto già quietanzato.
Ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non è ostativa la circostanza in merito alla mancata deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa.
L’esistenza dei detti danni possono essere desunti e rilevati dalla comune esperienza.
Tale decisione è conforme alla sentenza della Corte di Cassazione del 5 maggio 2003, n.6796.
LA NORMA
ART. 96. (RESPONSABILITA’ AGGRAVATA)
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma EQUITATIVAMENTE DETERMINATA.
IL CASO
CAIO ha proposto opposizione a decreto ingiuntivo, deducendo la propria carenza di legittimazione passiva in quanto aveva ceduto l’azienda, chiedendo in via riconvenzionale, la condanna della opposta al risarcimento dei danni subiti, anche ai sensi dell’art.96 cpc.
Il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e ha condannato la MEVIO SRL al pagamento delle spese di giudizio nonché della somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno ai sensi dell’art.96 cpc.
Avverso la predetta sentenza la MEVIO SRL ha proposto appello e la Corte d’Appello, in parziale accoglimento dell’appello avanzato da MEVIO SRL, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art.96 cpc avanzata da CAIO .
CAIO, pertanto, ha proposto ricorso per cassazione per “violazione e falsa applicazione dell’art.96 cpc in relazione all’art.360 cpc, n.3” in quanto nonostante l’individuazione dell’abuso del diritto, la Corte non avrebbe individuato specifici elementi del danno derivato da un’azione svolta in mala fede.
LA DECISIONE
La Corte ha accolto il ricorso, condannando la presunta società creditrice al risarcimento danni, oltre il pagamento delle spese di giudizio.
La Corte ha ritenuto di dover accogliere il ricorso stabilendo che costituisce espressione di un atteggiamento di grave negligenza o malafede nell’esame dei dati processuali la richiesta di pagamento di un credito formulata nei confronti di un soggetto estraneo e/o comunque la pretesa, per una seconda volta, del pagamento di un credito di fatto già quietanzato.
Ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non è ostativa la circostanza in merito alla mancata deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa.
L’esistenza di tali danni possono essere desunti e rilevati dalla comune esperienza.
IL COMMENTO
Per ottenere il risarcimento per lite temeraria non occorre la prova dello specifico danno subìto che il quale può essere determinato dalla esperienza comune, parametrandolo direttamente all’abuso di diritto compiuto da controparte. Tale decisione è conforme alla sentenza della Corte di Cassazione del 5 maggio 2003, n.6796.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
avverso la sentenza n. 474/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, 1′ SEZIONE CIVILE, emessa il 9/1/2008, depositata il 12/05/2008, R.G.N. OMISSIS;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La SEMPRONIO e CAIO proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Bergamo in favore della MEVIO SRL, per la somma di L.104.220.200 a fronte della esecuzione di taluni lavori.
Esponeva l’attrice che, con contratto del 16 dicembrel998, la TIZIO AZIENDA le aveva ceduto un complesso economico-commerciale in Pincoppallo , garantendole che l’azienda era libera da qualsiasi passività.
Poiché il credito per cui la MEVIO SRL aveva agito risaliva agli anni 1996/1997, veniva a “mancare una delle condizioni stabilite dall’art.2560 cc” perché l’opponente potesse essere considerata debitrice solidale e cioè la conoscenza dell’esistenza del preteso debito.
Concludeva, pertanto, chiedendo la dichiarazione di illegittimità del decreto opposto in quanto l’opponente nulla doveva alla opposta e, in via subordinata, la condanna della TIZIO AZIENDA a tenerla indenne da ogni pretesa della MEVIO SRL.
Si costituiva in giudizio la MEVIO SRL la quale contestava la domanda chiedendo la condanna della opponente al pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo opposto.
Con atto di citazione, del 23 settembre 1999, la TIZIO AZIENDA proponeva opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo, eccependo, preliminarmente, l’incompetenza per territorio del Giudice adito; la sua carenza di legittimazione passiva, in quanto il contratto di appalto a cui i lavori si riferivano era intervenuto non con l’opponente ma con CLARA.; che il corrispettivo dei lavori oggetto della presente causa era già stato “ampiamente pagato dalla sig.ra CLARA.;.”, come era dimostrato dalla scrittura privata del 19 luglio 1996.
Il decreto ingiuntivo era stato notificato anche a SEMPRONIO il quale, in conseguenza di ciò, aveva “bloccato” il pagamento della somma di L. 40.000.000, parte del prezzo convenuto per la cessione dell’azienda, e del fatto doveva essere ritenuta responsabile l’opposta.
Chiedeva pertanto la dichiarazione di incompetenza del Tribunale adito, essendo competente il Tribunale di Milano; la pronuncia della carenza di legittimazione passiva, della litispendenza, relativamente alla causa pendente avanti al Tribunale di Milano; la dichiarazione di nullità, improcedibilità, inefficacia del decreto ingiuntivo emesso nel merito, il rigetto di ogni pretesa della MEVIO SRL e, in via riconvenzionale, la condanna della opposta al risarcimento dei danni subiti, anche ai sensi dell’art.96 cpc
Si costituiva in giudizio la MEVIO SRL la quale contestava la domanda.
I procedimenti venivano riuniti.
Il Tribunale, con sentenza n. 53/2005 revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la MEVIO SRL al pagamento, in favore della SEMPRONIO e CAIO delle spese di giudizio e della somma di Euro 10.000,00 a titolo di risarcimento del danno ai sensi dell’art.96 cpc.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la MEVIO SRL chiedendo di respingere la condanna ex art.96 cpc, e la conferma dei decreti ingiuntivi emessi sia nei confronti della TIZIO AZIENDA che della SEMPRONIO.
Si sono costituite in giudizio le appellate le quali hanno resistito all’appello avanzato e, assumendo la correttezza della sentenza impugnata, ne hanno chiesto il rigetto.
La TIZIO snc ha, inoltre chiesto, in via di appello incidentale, la condanna della SEMPRONIO al pagamento delle spese relative al procedimento di sequestro intentato in corso di causa, disposta dal Giudice di primo grado che aveva però omesso la liquidazione nel dispositivo.
La Corte d’Appello, in parziale accoglimento dell’appello avanzato dalla MEVIO SRL, rigettava la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art.96 cpc avanzata .
Propone ricorso per cassazione CAIO con due motivi.
Non svolgevano attività difensiva le parti intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il PRIMO MOTIVO parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art.96 cpc in relazione all’art.360 cpc., n. 3”.
Sostiene parte ricorrente che il fondamento della fattispecie consiste nell’abuso del diritto o abuso del processo. E’ infatti espressione di un atteggiamento di grave negligenza o malafede nell’esame dei dati processuali richiedere il pagamento di un credito ad un soggetto estraneo e/o comunque pretendere una seconda volta il pagamento di un credito che è già stato quietanzato come da scrittura privata prodotta dalla TIZIO AZIENDA.
Con il SECONDO MOTIVO si denunci “omessa e/o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art.360 cpc, n. 5”.
Secondo parte ricorrente appare contraddittoria la decisione. della Corte d’appello che, da una parte, accerta, dichiara e riconosce la malafede o quantomeno la colpa grave nella proposizione dell’azione da parte della MEVIO SRL e dall’altra non ritiene di individuare elementi del danno derivato da un’azione svolta in mala fede e che nel corso del giudizio ha impegnato la difesa della TIZIO che a fronte di un credito inesistente si è vista citare in giudizio, pur essendo totalmente estranea al credito azionato.
I motivi, strettamente connessi, devono esser congiuntamente esaminati ed accolti.
All’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta infatti l’omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza (Cass., 5 maggio 2003, n.6796).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art.384 cpc, con condanna della MEVIO srl al pagamento di Euro 10.000,00 ex art.96 cpc, per il giudizio di primo grado, oltre interessi dalla data della relativa sentenza. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito condanna la MEVIO SRL al pagamento di Euro 10.000 ex art.96 cpc, per il giudizio di primo grado, oltre interessi dalla data della sentenza di primo grado. Condanna la stessa MEVIO SRL al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in Euro 1.600,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori come per legge.
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