Il contratto di locazione di immobili ad uso abitativo, ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell’articolo 1, comma 346, della Legge n. 311 del 2004 (A), ma, in caso di tardiva registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc (B), sia pure limitatamente al periodo di durata del rapporto indicato nel contratto successivamente registrato.
Questo è quanto può evincersi dall’ordinanza n. 32934 della Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, del 17 luglio 2018, pubblicata in data 20 dicembre 2018.
Il caso di specie riguarda la controversia fra Tizio, inquilino, e Caia, proprietaria.
Nel mese di ottobre 2012, Caia intima lo sfratto per morosità – con contestuale citazione in giudizio per la convalida – a Tizio, a causa del mancato pagamento dei canoni di locazione, per un immobile sito in Palermo, a partire dal mese di agosto dello stesso anno.
Tizio si oppone allo sfratto, deducendo:
in primis, il proprio difetto di legittimazione passiva;
in secundis, la nullità e l’inefficacia del contratto per il periodo anteriore alla sua registrazione: Caia ha registrato il contratto il 20 settembre 2012, indicando quale data di inizio della locazione il 1° settembre 2012, quando, invece, la stessa ha avuto inizio dieci mesi prima e precisamente il 5 novembre 2011, come viene dimostrato dalle ricevute di pagamento sottoscritte dalla locatrice e prodotte dal conduttore in giudizio. Pertanto, secondo Tizio, non essendo stato il contratto registrato sin da subito, non dovrebbero essere pagati i relativi canoni; in subordine, ove si volesse ritenere registrato il contratto, il locatore potrebbe pretendere solo i canoni risultanti dalla scrittura privata registrata (ossia, da settembre 2012 in poi). Di conseguenza, non dovrebbe essere pagato il canone del mese di agosto 2012 e dovrebbero essere restituiti – e, quindi, computati a favore dello stesso Tizio – quelli relativi ai mesi ante registrazione (vale a dire da novembre 2011 a luglio 2012): “la registrazione va configurata come requisito di validità o al più va consentita la regolarizzazione del contratto solo nei limiti di ciò che è stato registrato, mentre dovrebbe ritenersi illegittimo tutto ciò che è rimasto fuori dalla registrazione, sia in termini di canone sia in termini di periodo locativo”.
Tizio sostiene che, essendo il contratto nullo per difetto di registrazione ex articolo 3, commi 8 e 9 del Decreto Legislativo n. 23/2011 (C), il canone deve essere determinato ex lege in misura pari al triplo della rendita catastale e si dichiara pronto al pagamento dei canoni in tale misura chiedendo, in via riconvenzionale, la restituzione di quelli pagati in eccedenza rispetto alla predetta entità legale.
Il Tribunale convalida lo sfratto ed emette successivamente decreto ingiuntivo per le somme dovute da Tizio a titolo di canoni non corrisposti dall’agosto 2012 al marzo 2014.
Tizio propone opposizione contro il suddetto decreto e propone appello avverso l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità: la Corte di Appello di Palermo, con sentenza depositata il 18 febbraio 2015, rigetta l’impugnazione e compensa interamente tra le parti le spese di quel giudizio.
Avverso la sentenza dei Giudici di secondo grado, Tizio propone ricorso, fondato su tre motivi, per cassazione:
con il primo motivo, Tizio censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha sposato la tesi secondo la quale la registrazione del contratto di locazione costituisce condizione di efficacia del contratto stesso. Inoltre, sempre secondo Tizio, la Corte di Appello “avrebbe omesso di motivare in concreto sulla parziarietà della registrazione del contratto inter partes e sull’omissione di una parte del periodo locativo in sede di registrazione, limitandosi ad una motivazione generica e apparente, in relazione alla natura di requisito di efficacia della registrazione, senza entrare nel merito con riferimento alla necessità della completezza della registrazione, sia come importo del canone sia come durata del periodo locativo”. Secondo gli Ermellini, il motivo va accolto per quanto di ragione. Sulla questione degli effetti di un tardivo adempimento dell’obbligo di registrazione del contratto di locazione si sono espresse le Sezioni Unite, con la sentenza n. 23601 del 9 ottobre 2017: “il contratto di locazione ad uso non abitativo (non diversamente, peraltro, da quello abitativo), contenente ab origine la previsione di un canone realmente convenuto e realmente corrisposto (e dunque in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi della Legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, ma, in caso di sua tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, sanabile, volta che il riconoscimento di una sanatoria per adempimento appare coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullità (funzionale) per inadempimento (entrambi i termini da intendersi, come ovvio, in senso diverso da quello tradizionalmente riservato al momento esecutivo del rapporto negoziale)”. Può affermarsi che “le Sezioni Unite hanno, con la sentenza richiamata, riconosciuto effetto sanante alla registrazione tardiva ed hanno affermato che tale effetto sanante abbia efficacia retroattiva, il che consente di stabilizzare definitivamente gli effetti del contratto, assicurando piena tutela alla parte debole del rapporto, atteso che il conduttore non sarà esposto ad azioni di rilascio, godrà della durata come prevista ab origine dal contratto e non dalla sua registrazione, che, intervenendo a distanza di tempo dalla stipulazione, ne abbrevierebbe significativamente quanto arbitrariamente i termini di scadenza. Tuttavia, va rilevato che, nel caso ora all’esame, la sanatoria per intervenuta registrazione, sia pure successiva, non può all’evidenza sanare la nullità del contratto di locazione anche per il periodo di durata dello stesso non indicato nel contratto di locazione successivamente registrato e cioè dal 5 novembre 2011 al 31 agosto 2012”.
con il secondo motivo, Tizio sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente la sua legittimazione passiva, con riferimento al procedimento di sfratto per morosità, in quanto, al momento della convalida – avvenuta il 6 maggio 2013 – l’immobile in oggetto era già stato assegnato, quale abitazione coniugale, alla moglie con provvedimento del 13 aprile 2013: pertanto, il rapporto di locazione con il ricorrente era venuto meno e, dunque, il Tribunale non avrebbe potuto convalidare lo sfratto per morosità, posto che non poteva formarsi un titolo esecutivo per il rilascio di un immobile non più nel possesso del medesimo Tizio. Secondo gli Ermellini, il motivo è inammissibile, riferendosi espressamente alla decisione del Tribunale e non a quella della Corte di merito;
con il terzo motivo, Tizio sostiene che la sentenza impugnata avrebbe violato l’articolo 3, commi 8 e 9, del Decreto Legislativo n. 23/2011. Secondo gli Ermellini, il motivo è infondato, alla luce dell’intervenuta dichiarazione di incostituzionalità.
Per concludere, la Corte di Cassazione accoglie, per quanto di ragione, solo il primo motivo e cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.
Note:
A) Legge n. 311/2004 in materia di Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (così detta Legge finanziaria 2005), Articolo 1, comma 346: “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”;
B) Ex tunc: letteralmente da allora (costruzione opposta ad ex nunc, ossia da ora in poi);
C) Decreto Legislativo n. 23/2011 in materia di Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale, Articolo 3, rubricato Cedolare secca sugli affitti: comma 8. “Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti”; comma 9. “Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio”.
Con sentenza depositata il 14 marzo 2014 n. 50 (Gazzetta Ufficiale n. 13 del 19 marzo 2014), la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in relazione all’articolo 76 della Costituzione italiana, del:
comma 8 del presente articolo, poiché la norma esorbita dal principio stabilito dal Legislatore delegante il quale impone il rispetto dello statuto del contribuente, mentre con tale norma si incide sull’articolo 10, comma 3, di tale legge di principio;
comma 9 del presente articolo, poiché la norma esula da un principio stabilito dal Legislatore delegante – il rispetto dello statuto del contribuente – quando viene inserito un meccanismo sanzionatorio (nullità) anche per le ipotesi di registrazione con canone inferiore ed utilizzo di contratto di comodato fittizio.
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