La Corte di Cassazione ha ribadito il principio consolidato di diritto, secondo il quale è legittimo rigettare l’ordine di esibizione di documenti ex art. 210 cpc allorquando manca la prova dell’impossibilità, per la richiedente, di conseguirli diversamente.
La ricorrente SOCIETA SPA ha dedotto l’ammissibilità del ricorso ex art.360 bis cpc, in quanto il Giudice d’Appello di Napoli avrebbe deciso in modo difforme dall’orientamento consolidato della Corte, determinando una palese violazione dei principi del “giusto processo”.
La ricorrente SOCIETA SPA non ha indicato quali sarebbero i “principi di diritto” rispetto ai quali la Corte d’Appello di Napoli avrebbe disatteso il predetto orientamento consolidato, né ha indicato la giurisprudenza conforme al detto “presunto” orientamento.
La Corte di Cassazione ha giustamente ritenuto, alla luce di quanto statuito dall’art.360 bis cpc introdotto dall’art.47 della legge n.69 del 18.6.2009, che ha modificato la disciplina del ricorso per cassazione, “manifestamente infondato” il ricorso proposto.
Tanto in conformità a quanto statuito dalla Corte con pronuncia delle Sezioni Unite del 6.9.2010 n.19051, le quali hanno espresso il seguente principio di diritto: “la Corte rigetta il ricorso, perché manifestamente infondato, se, al momento in cui pronuncia, la decisione di merito si presenta conforme alla propria giurisprudenza e il ricorso non prospetta argomenti per modificarla”, così chiarendo il concetto di “inammissibilità”.
Infatti analizzando specificamente i motivi del ricorso e confrontandoli con la decisione impugnata la ricorrente ha lamentato una pretesa “falsa applicazione o violazione dell’art. 210 c.p.c. ex art. 360 n. 3”.
Su detto punto la Corte di Cassazione ha ribadito il PRINCIPIO CONSOLIDATO DI DIRITTO, ritenendo che legittimamente la Corte partenopea abbia ESCLUSO LA RILEVANZA dei documenti oggetto della richiesta di ORDINE DI ESIBIZIONE sottolineando che MANCA LA PROVA DELL’IMPOSSIBILITÀ, per la richiedente, di conseguirli diversamente.
La ricorrente ha lamentato la “falsa applicazione o violazione dell’art. 116 cpc ex art.360 n. 3” ed ha ritenuto che la sentenza impugnata andrebbe cassata per una palese violazione dell’art. 116 cpc, in quanto la Corte d’Appello di Napoli avrebbe erroneamente valutato le prove testimoniali, ovvero sarebbe venuto meno il cd. “prudente accertamento” delle dichiarazioni rese dai testi escussi nel giudizio di primo grado.
Con il terzo motivo ha lamentato una non conforme interpretazione della disciplina del benefondi.
La resistente ha ribadito nel controricorso che l’operatività del benefondi informativo non è attività obbligatoria, o dovuta, della banca: non v’è l’esistenza di un obbligo di informazione, solo in presenza del quale può ravvisarsi una possibile responsabilità dell’istituto bancario per non aver fornito la notizia richiestagli.
Correttamente la Corte di Cassazione ha ritenuto che il SECONDO ed il TERZO motivo complessivamente considerati, sono inammissibili, in quanto ricorrente ha chiesto una valutazione del “merito” diversa da quella contenuta nella gravata sentenza, contestando analiticamente la considerazione che di ciascuno degli elementi probatori è stata operata.
La Corte di cassazione, infatti, non ha il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti.
Alla luce di tanto la Corte di Cassazione ha ritenuto che alla cassazione della sentenza per vizi di motivazione si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza, che si riveli incompleto, incoerente e illogico, non già quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 28 luglio 2005 n. 15805, Cass. 18 aprile 2007 n. 9243).
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