Affinché la procedura esecutiva immobiliare giunga alla sua “naturale” conclusione, con la soddisfazione del creditore sul ricavato della vendita forzata, questa non può che essere finalizzata, sin dalle sue prime fasi, alla conservazione ed alla migliore gestione del compendio pignorato. Nell’attuale impianto codicistico, tale finalità viene assolta prevalentemente dalla nomina di un custode giudiziario che, soprattutto con le più recenti riforme, ha assunto un ruolo sempre più centrale, tant’è vero che la nomina del custode è passata dal rango di eccezione a quello di “regola”.
Se l’attività del custode va valutata secondo il generale canone della “diligenza del buon padre di famiglia”, è pur vero che si riscontrano frequentemente casi in cui al custode si richiede un peculiare ruolo “attivo” di amministrazione dell’immobile pignorato, che può sfociare nella necessità di dar corso a particolari opere di “manutenzione” atte a contenere o eliminare situazioni potenzialmente pericolose per i terzi o, più semplicemente, a salvaguardare il valore economico del cespite nell’interesse della procedura.
Al verificarsi di tali evenienze, si pone il problema di individuare quale sia il soggetto obbligato ad eseguire le opere di straordinaria amministrazione e, non da ultimo, chi debba sostenerne le spese. Poniamo il caso del pignoramento di un immobile pericolante o in stato di abbandono.
Chi dovrà attivarsi al fine di limitare i potenziali rischi di crollo o di intrusione di terzi? La Corte di Cassazione si è pronunciata a più riprese su tale problematica ed, in particolare, con la sentenza n. 12877/2016 ha definito alcuni aspetti più “spinosi”.
In primis, ha escluso che il custode sia obbligato ad anticipare in prima persona le spese, in quanto si tratterebbe di una soluzione “poco congeniale al sistema di sostanziale generalizzazione della nomina del custode terzo estraneo conseguente alla riforma del 2005 e neppure giustificato dalla natura di munus di natura pubblicistica allo stesso affidato”.
Per i giudici di legittimità, le spese necessarie alla conservazione stessa dell’immobile pignorato e, cioè, le spese indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell’immobile pignorato, in quanto strumentali al perseguimento del risultato fisiologico della procedura di espropriazione forzata, essendo intese ad evitarne la chiusura anticipata, sono comprese tra le spese “per gli atti necessari al processo” che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 8, il giudice dell’esecuzione può porre in via di anticipazione a carico del creditore procedente (sempre che la procedura non disponga di sufficienti fondi derivanti, ad esempio, dall’eventuale riscossione di rendite). Tali spese dovranno essere rimborsate come spese privilegiate ex art. 2770 cod. civ. al creditore che le abbia corrisposte in via di anticipazione, ottemperando al provvedimento del giudice dell’esecuzione che ne abbia disposto l’onere a suo carico.
Resta fermo che, con il pignoramento, l’esecutato non “perde” il diritto reale sul bene ma ne vede limitate le facoltà di godimento e di disposizione, cosicché l’eventuale inerzia nel compimento degli atti di straordinaria manutenzione farà ricadere su quest’ultimo ogni responsabilità per eventuali danni cagionati a terzi per la rovina dell’immobile, anche quando sia stato nominato un custode giudiziario. È infatti prevalente in giurisprudenza l’orientamento che ritiene l’attività del custode limitata agli atti di ordinaria amministrazione e di gestione passiva degli immobili staggiti, con esclusione di un ruolo “attivo”, se non nei limiti degli obblighi di tempestiva relazione e rendicontazione al tribunale in riferimento alle attività di custodia.
FOCUS
Il giudice dell’esecuzione è chiamato a valutare – dietro relazione degli ausiliari – la necessità delle spese di manutenzione alla effettiva conservazione dell’immobile pignorato. Va comunque ricordato che l’art. 164 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile affida al giudice dell’esecuzione anche il giudizio sulla “economicità” della procedura, in relazione peraltro ai costi necessari per la prosecuzione. Sicché non è escluso che il processo esecutivo sia destinato a concludersi quando le spese necessarie per gli interventi di manutenzione siano considerate eccessive rispetto alle concrete prospettive di realizzo.
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